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 2010  febbraio 04 Giovedì calendario

INTERVISTA A MARGHERITA BUY


Per intervistare Margherita Buy conviene dimenticare che si tratta di un’attrice brava e affermata, da vent’anni la prediletta dei migliori registi italiani. Già al primo impatto ("Perché proprio io, che devo dire?") capisci che non bisogna ricordarle la sua notorietà, che è meglio cercare uno spiraglio nei suoi modi asciutti e nei pensieri interrotti, accettando dosi massicce di autoironia e di ansia. Tanto più che niente in questa donna matura con la bellezza fresca di una ragazza fa pensare a una diva. Il bagaglio di film (da ’La Stazione’ di Rubini a ’Le fate ignoranti’ di Ozpetek, da ’il Caimano’ di Moretti a ’Lo spazio bianco’ di Comencini) e la valanga di premi (Nastri, David, Golden) non hanno lasciato gli abituali e fastidiosi segni del successo. Se è un atteggiamento costruito, bisogna ammettere che è ben riuscito, perché Margherita Buy è veramente una persona piacevole.

Oggi lei è la signora del cinema italiano. Occupa il posto che fu della Loren. una collocazione impegnativa?

"Più che altro è una collocazione momentanea, raggiunta per merito di alcuni film buoni, perché a forza di lavorare qualcosa avrò pure imparato. Ma il mio è un mestiere sfuggente, ti sembra di averlo preso e già lui cerca qualcun altro. La Loren poi... è lassù, irraggiungibile".

Però quest’anno l’ha sostituita come madrina della Festa del cinema. Grande abito, tappeto rosso, tanti applausi.

"Quello è stato un sogno, un regalo di Gianluigi Rondi, il presidente della Festa. Ma io quella sera ero una Cenerentola, con un vestito magnifico prestato da Armani che non ho tenuto perché non avrei più saputo quando metterlo. Per fortuna non sono caduta e ho anche detto due parole appropriate. Ce l’ho fatta".

Ce la farà mai a sentirsi una diva?

"Non credo. Le dive hanno un altro aspetto, un altro tono. Sono regali come Monica Bellucci. Se la incontro al suo confronto mi sento una terremotata".

Non giochi a nascondersi, Buy. Lei è bella e famosa.

"Già, ma in un modo tutto mio di essere famosa. La gente per strada mi sorride e mi fa tanti complimenti, ma non gli è mica chiaro perché".

Che cosa vuol dire?

"Signora, quanto era brava ne ’L’ultimo bacio!’, mi dice una scambiandomi con Giovanna Mezzogiorno. ’Vittoria, come sta Vasco?’, mi chiede un’altra a casa di amici: ci ho messo un po’ per ricordarmi che Vasco è il marito della Belvedere. Persino a Venezia, dove mi ero appena presa dieci minuti di applausi, i paparazzi mi hanno gridato: ’Claudia, Claudia... girati!’ Mi avevano preso per la Gerini".

Si è chiesta il perché di questa fama confusa?

"Forse perché non vado in tv. Sarebbe bastato un passaggio nel programma di Celentano, dove peraltro mi avevano invitata, e sarei stata riconoscibile per sempre. Ma va bene così. Non è snobismo né timidezza, ma quelle ospitate non c’entrano niente con il lavoro di attrice".

Quaranta film e si è spogliata per la prima volta soltanto nell’ultimo. Che fa, comincia quando le altre smettono?

"Mi sono sempre vergognata e non ho mai pensato che il nudo aggiungesse qualcosa a un film. A 48 anni, mi sono spogliata perché si trattava di mostrare un corpo reso vulnerabile dalla maternità. Ma ci sono riuscita solo quando si è denudata anche la regista".

Come è andata?

"Francesca Comencini ha capito che per sbloccarmi dovevamo condividere l’esperienza. Così siamo state lì, io e lei nude, con un operatore tutto vestito. E pensare che io non sto nuda neanche a casa mia".

Per non giudicarsi davanti a uno specchio?

"Per abitudine. Oggi peraltro mi piaccio di più di quando ero giovane e certo più carina. Ma so anche che mi trovo in un punto della parabola che comincerà a scendere inesorabilmente verso un traguardo obbligato".

Eravamo agli specchi e lei parla di morte?

"Ci penso almeno due o tre volte al giorno. Ci ho sempre pensato, fin da bambina, è una cosa che non mi è andata mai giù. Sto lì a chiedermi come imparare a morire bene".

Secondo lei esiste un modo?

"C’è un modo meno amaro. L’ho visto in mia nonna, era come se sentisse che la vita le aveva dato bene o male quello che doveva. Se ne è andata senza fatica. Forse imparerò, anche perché con la nascita di mia figlia, ho affrontato l’altro mistero, quello dell’inizio".

Ha raccontato di aver cercato se stessa anche attraverso molte psicoterapie. Continua?

"Sì, ma ho scelto finalmente un metodo più semplice. Sono stufa di guardarmi indietro, quello che c’era da capire evidentemente non l’ho capito. Faccio una terapia comportamentale: poche interpretazioni e tanti consigli".

Sono quei consigli che l’hanno portata a darsi una famiglia stabile, un compagno medico, una maternità? La sua vita sembra un interno di uno dei suoi film di ambientazione borghese.

"Ho conosciuto un mondo diverso quando sono stata sposata con Sergio Rubini. Era un mondo affascinante ma faticosissimo, che in realtà non mi apparteneva. Io vengo da una famiglia borghese e scegliendo questa vita sono tornata a casa".

Ci si trova bene?

"Ci sono dentro. Ma resto una donna che lavora. Non sarò mai come certe donne che incontro nel mio quartiere. Donne che trovano un senso nell’accudire un uomo in maniera totale, nell’avere la sua carta di credito per spendere come vogliono. Io ho sempre cercato di combattere gli stereotipi, ho scelto di impersonare figure femminili più indipendenti anche a costo di fare film minori".

Non pensa mai che forse sono più felici loro?

"Ne sono sicura, ma non mi cambierei con quella felicità. Quelle signore sono uno degli aspetti dell’involuzione della donna in questi anni. Soffro come un cane a vedere dov’è finito il senso di sé delle donne".

Dove?

"Nell’esibizione del proprio fisico, nella bellezza a tutti i costi. Il dramma è che le donne, specie le ragazze, ci fondano la propria identità. Tutte a modificarsi faccia, seno, qualsiasi cosa. O il 2012 consiste in una deflagrazione che fa scoppiare tutti i siliconi del mondo, o non ci riprendiamo più".

Neanche le chiedo se è ancora di sinistra.

"Lo sono stata, lo sono e lo sarò sempre. Sto bene nella cultura di sinistra e ne ho conferma ogni volta che incontro qualcuno che ha un pensiero di destra".

Come lo riconosce?

"Bastano poche parole, un pensiero, un atteggiamento, il modo di trattare il denaro, con ostentazione. Il disastro dei partiti ci ha privato dell’appartenenza. Non ci resta che restare di sinistra nei comportamenti. Serve anche ad affrontare meglio il futuro".

Come immagina il suo?

"Vorrei trovare idee mie e scoprire aspetti nuovi del mio mestiere. Ma per ora non mi viene in mente niente".