Federico Rampini, la Repubblica 29/1/2010, 29 gennaio 2010
LOCOMOTIVA CINDIA
Un decennio è «un tempo infinito» per fare previsioni, dice l´economista Kenneth Rogoff rispondendo al sondaggio organizzato da Repubblica tra gli esperti riuniti al World Economic Forum. Non sembrano dello stesso parere i dirigenti di Pechino e New Delhi. Per i ritmi di aumento degli investimenti nella ricerca scientifica, la Cina e l´India hanno superato di slancio gli Stati Uniti.
Intanto Barack Obama, alle prese con una destra populista che cavalca la rivolta anti-tasse e anti-Stato, è costretto a tagliare i fondi all´istruzione. La California, un tempo la punta avanzata dell´innovazione, riduce le borse di studio e l´offerta di corsi universitari. Se è vero che «il decennio si prepara adesso», come ci ha detto il commissario europeo Joaquin Almunia, l´Occidente è partito sul piede sbagliato. E´ indicativo il fatto che quest´anno a Davos i "malati" sotto osservazione sono Spagna, Grecia, Lettonia: tutti paesi dell´Unione europea, due dei quali sono membri anche dell´Eurozona. Lontani sembrano i tempi in cui la bancarotta di uno Stato sovrano poteva minacciare solo paesi emergenti, era un virus endemico in America latina o nel sudest asiatico. Questo decennio si apre all´insegna di una crisi fiscale spaventosa che attanaglia gli Stati Uniti, l´Unione europea, il Giappone. L´Occidente è condannato a impiegare i prossimi anni a smaltire debiti pubblici colossali, accumulati per la verità solo in parte a causa della recessione del 2008-2009. A Oriente invece si trovano oggi i giacimenti di risparmio, disponibili per finanziare gli investimenti produttivi e l´accesso alla conoscenza.
Se siamo arrivati in queste condizioni, così sfavorevoli per noi, la ragione non va cercata solo nella sfera dell´economia. Il declino dei paesi di antica industrializzazione chiama in causa i sistemi politici. Il Welfare State europeo, che poteva diventare un modello d´esportazione per curare le tensioni sociali nei paesi emergenti, ha perso credibilità perché si è rivelato incapace di dedicare risorse alle giovani generazioni. In quanto agli Stati Uniti, un autorevole esponente del partito democratico, Barney Frank (presidente della commissione Finanze alla Camera) ha descritto lucidamente a Davos i risultati della lunga egemonia culturale della destra: «Prima hanno rovinato lo Stato depauperandolo di risorse. Ora dicono che non si possono alzare le tasse perché i soldi dei cittadini andrebbero agli stessi burocrati inefficienti che furono responsabili del disastro-Katrina, o che furono incapaci di regolare i derivati e la finanza tossica». Decenni di abbandono degli investimenti pubblici hanno portato alla decadenza tutte le infrastrutture vitali dell´America, proprio mentre la Cina spingeva l´acceleratore sulla loro modernizzazione. Nel cuore della liberaldemocrazia americana si sono incrostate oligarchie potenti. I veti della lobby assicurativa contro la riforma sanitaria; la guerra di trincea che Wall Street si ostina a combattere contro le nuove regole sulle banche; la sentenza della Corte suprema che toglie ogni limite alle campagne politiche finanziate dal Big Business. Tutto ciò mette a repentaglio quella vitalità del sistema democratico che avrebbe dovuto dare all´Occidente una flessibilità superiore rispetto al grande rivale che è il modello autoritario cinese. Se un regime illiberale dovesse rivelarsi più adatto dei nostri a investire sul futuro, imprimerebbe un segno terribilmente regressivo agli anni Dieci del terzo millennio.
Una globalizzazione governata dal G2 America-Cina si preannuncia gravida di tensioni: alla vigilia di Davos la sfida sulla "sovranità nel cyber-spazio" messa a nudo dal caso Google è un segnale premonitore. La relazione privilegiata sino-americana oscillerà costantemente fra l´inevitabilità di compromessi sugli interessi e l´incompatibilità sui valori.
Lo scenario del prossimo decennio deve includere altre variabili. La demografia darà una marcia in più all´India: tra natalità e progresso economico, il ceto medio della più grande democrazia mondiale sarà decuplicato entro il 2030. Ma anche gli Stati Uniti su questo fronte sono favoriti: con un tasso di fertilità superiore del 50% a Russia Germania e Giappone, e grazie all´immigrazione, ci saranno ben 100 milioni di americani in più nel 2050. La concentrazione delle popolazioni più vaste in Asia esigerà da quelle potenze soluzioni innovative al problema delle risorse alimentari e della scarsità di acqua: una catastrofe ambientale potrebbe far deragliare le loro traiettorie di successo. Un fattore determinante del progresso sociale nei paesi emergenti sarà l´accesso delle donne all´istruzione. La qualità della governance risulterà decisiva sotto ogni latitudine. Insieme con il miglioramento nel tenore di vita e nelle conoscenze, diventerà più visibile e sempre meno tollerabile la tassa occulta della corruzione.
Se questo Davos 2010 è attendibile nei suoi segnali premonitori, a fine decennio per tenere un summit circondato da altrettanta attenzione bisognerà farlo a Shanghai.