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 2010  gennaio 30 Sabato calendario

ALBERTO ZACCHERONI (2

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S’è ormai specializzato nella riparazione di progetti altrui, Alberto Zaccheroni, nell’attesa di poterne avere uno in mano dall’inizio, dieci anni dopo.
Anche se lui la parola progetto, la maneggia con cautela: «Troppi presidenti ti chiamano e ti parlano di ”progetto” - disse - ma i progetti li fanno i geometri. Parlano del progetto e ti esonerano se perdi due partite». Da un po’ di tempo, lui accorre quando le partite perse, da altri, sono diventate troppe e la classifica scricchiola. Il servizio al pronto soccorso Zac lo comincia nel 2001, alla Lazio, sostituendo Zoff, poi all’Inter, due anni dopo, sulla panca di Cuper: benissimo in avvio (sette vittorie su otto) bene alla fine. Ma gli soffiò il posto Mancini. Arrivò all’ultimo minuto pure al Toro, settembre 2006, a tre giorni dall’inizio: il tic del presidente Cairo s’era appena manifestato, con il licenziamento di De Biasi. Il tecnico romagnolo scattò bene, per poi sbriciolarsi a febbraio, con sei sconfitte filate. Di granata, addosso, gli è rimasta l’amicizia di Eraldo Pecci e l’ammirazione per Gigi Radice. Di Torino, i ristoranti del Quadrilatero Romano e frasi d’archivio che l’altra tribù ripescherà: «Vedo, sento e incontro soltanto gente granata». Ora il buon Zac vorrebbe incontrare quel fato che Berlusconi gli rinfacciava: «Questo ha più fortuna di Sacchi», bisbigliò il boss all’orecchio di Galliani. Uno dei pochi complimenti, ammesso lo fosse. Eppure nel 1999 il tecnico aveva risistemato il Milan sui tetti del campionato, dopo due annate nel sottoscala. Il cul di Zac. Lo scudetto sfilato in volata alla Lazio, al primo colpo, bastò per prolungarsi la vita in rossonero, non per entrare fra i prediletti del principale. Che mai l’amò. Pescando in Romagna, dalle parti di Cesenatico, il presidente rossonero sperava di bissare la favola dell’Arrigo da Fusignano: stessa data di nascita, il primo aprile, stesso culto per la zona. Andò diversamente. E mica perché Zac fosse un «comunista», come si narra: ha simpatie di sinistra, ma mai impugnate con spirito da barricate, neppure parlando agli amici. Pagò i risultati, terzo posto in campionato e, nel 2001, fuori dagli ottavi di Champions. Alla fine lo mollò anche Galliani, che pure l’aveva protetto. «Per Berlusconi non esistevo», commentò sull’uscio Zaccheroni. Magari pesò pure la difesa, seria e onesta, del proprio lavoro. All’indomani dello scudetto, Berlusconi si mise nella foto del trionfo: «Ho suggerito io Boban trequartista», spiegò. «A dire il vero lui lo voleva vedere sulla fascia», rispose Zac. L’anno seguente, la prima crepa: «Zaccheroni potrebbe non essere il sarto adatto per la stoffa di qualità», sentenziò Berlusconi, smentendo il giorno dopo. Come al ”Bar Sport” di Benni, uno dei libri preferiti dal tecnico. San Siro l’aveva sognato fin da bambino: «Avevo un chiodo fisso: calcare quel campo da protagonista. Come calciatore, ma va bene anche così».
Del resto, sulle ripartenze, Zac s’è costruito un’esistenza. Perlustrati i campetti tra la Riviera e Bologna, da Cesenatico a San Lazzaro di Savena, il primo successo lo afferra con il Baracca Lugo, che porta in C1. Poi sale in B, con il Venezia, anche se Zamparini lo caccia due volte, per poi riprenderlo. Nel ”93 a Bologna dura un pugno di partite: «Non mi diedero neppure il tempo di fare la foto con la squadra». Miracolo a Cosenza (salvato dalla C1 con meno nove di penalizzazione), e capolavoro nel triennio di Udine. Sotto il vessillo del 3-4-3, nato quasi per caso, proprio contro la Juve. Espulso Genaux, allestì la difesa a tre: vinse 3-0 al Delle Alpi. In salita, ci era partito. Tra i dilettanti per una malattia polmonare, già a 28 anni decide che il suo mestiere sarà un altro. Debutto sulla panchina dei pulcini del Cesenatico. La tattica è un’ossessione: «Fin da bambino. Ricordo che facevo la collezione di figurine, che schieravo regolarmente sul pavimento insieme a una pallina di carta che faceva da pallone. Durante le partite, mi piaceva pure cambiare ruolo ai giocatori». Passati trent’anni, l’attenzione maniacale gli è rimasta addosso, se ieri sera era chiuso in hotel a preparare la battaglia: «Devo studiare gli avversari e i miei». Come sempre, all’ultimo minuto.
Massimiliano Nerozzi

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«Qui non ce n’è uno che stia giocando come sa, quindi il mio compito è di riportare tutti i giocatori a un rendimento medio e la Juventus al livello che esprimeva nelle prime giornate quando mi piaceva molto». Al primo impatto con la nuova realtà, Alberto Zaccheroni ha dimostrato un’eloquenza un tantino stropicciata ma dalla spremitura ne esce questo succo: una promessa di buon senso che fissa come obiettivo minimo però irrinunciabile il ritorno tra le prime quattro del campionato. Zac sa che gli fu più semplice dare alla Juve lo scudetto del 5 maggio 2002, battendo l’Inter all’ultima giornata come allenatore della Lazio, che non conquistarne uno in proprio nei mesi che gli hanno concesso. Perciò non esagera con le ambizioni. «La società mi ha chiesto soprattutto di tornare in zona Champions. Dipenderà da quanto impiegheremo per riuscirci, se ci vorranno due o tre settimane oppure di più: allora sapremo se ci saranno il empo e le condizioni per fare altri passi avanti in classifica».
Eccolo, il Traghettatore, l’uomo del Pronto soccorso che in un paio di giorni deve allestire la Juve anti-Lazio. Gli successe anche al Toro, chiamato il giovedì per la domenica. Comunque chi si aspettava il «Caron dimonio dagli occhi di bragia», descritto nel terzo canto dell’Inferno, ne sarà deluso. Non è un diavolo, Zaccheroni, sebbene il risultato più importante lo abbia ottenuto nel Milan. Nè il suo sguardo promette fuoco. Si presenta come un nocchiero placido dalle intenzioni chiare e alla Juve ci tengono a dire che la scelta è da condividere tra dirigenza e proprietà «perchè era il professionista di maggiore esperienza e competenza tra quelli disponibili». La giovinezza professionale di Ferrara e del suo staff ha sviluppato evidentemente gli anticorpi: per raddrizzare la stagione si va sull’usato sicuro «e non arrugginito - ha obiettato Zac -. Ho continuato a ”studiare” le partite a casa, ho visto molto campionato tra Parma, Bologna e anche il Cesena, che gioca benissimo in serie B. Per la Champions League ero spesso a Milano. Mi sono aggiornato. Mancini è stato fermo un anno e mezzo però nessuno ha dubitato di lui quando l’hanno chiamato al Manchester City».
Dopo aver ricevuto la telefonata di benvenuto da John Elkann, Zac ha firmato in mattinata in uno studio legale. La sveglia era suonata presto, nonostante avesse raggiunto Torino soltanto alle 4, partendo dalla Romagna dopo la telefonata di Blanc a mezzanotte. Il contratto scadrà il 30 giugno con l’ opzione per l’anno prossimo «che ha voluto inserire la società» ha precisato il tecnico, attratto dall’occasione di rientrare nel giro come fece Ranieri quando andò a salvare il Parma, più che dai 350 mila euro dell’ingaggio. «Mi piacciono le sfide - ha spiegato -. Questa la vivo con entusiasmo perchè al mondo ci sono sei o sette club importanti e uno è la Juventus». Zaccheroni non ha chiesto rinforzi perchè, dice corroborato da Bettega, «basterà recuperare i giocatori per fare le scelte che Ferrara negli ultimi tempi non ha potuto fare». Nè ha voluto conoscere da don Ciro le ragioni della crisi. «L’ho incontrato prima dell’allenamento - ha confidato il nuovo tecnico -. Non gli ho chiesto niente dei giocatori perchè voglio partire senza pregiudizi: il passato è alle spalle, si volta pagina e si riparte da capo. Conosco benissimo i giocatori tecnicamente, devo scoprirne il carattere e la parte del lavoro più impegnativa riguarderà l’aspetto psicologico: non è possibile che nessuno sia più capace di esprimersi come sa. Negli ultimi tempi ho visto giocare Melo e Diego. Il talento a disposizione è enorme tuttavia non basta, chiederò ai giocatori la disponibilità».
Resta il dubbio su quale forza può esercitare sulla squadra un allenatore dichiaratamente «ad interim». Vedremo. «La mia ambizione - ha concluso - è di mettere in difficoltà i dirigenti quando il contratto scadrà tra qualche mese. In ogni caso sarei orgoglioso di consegnare a Benitez o a chiunque altro la Juve in Champions League. Magari facendomi offrire una pizza». Escludiamo che la consumeranno nel ristorante di Ferrara.
Marco Ansaldo