Massimo Gaggi, Corriere della Sera 30/01/2010, 30 gennaio 2010
LA GRANDE PAURA DEL DEBITO E I PERICOLI DI UNA RICADUTA GLOBALE
Larry Summers sostiene che la politica economica della Casa Bianca sta cominciando a funzionare ma non stappa champagne per la forte ripresa del Pil Usa nel quarto trimestre 2009, ed è comprensibile: il consigliere economico di Obama arriva da Washington dove il presidente ha annunciato un cambiamento di rotta: meno sanità, più attenzione al rilancio dell’occupazione, ma senza altri grossi sostegni pubblici alla ripresa. Un Tesoro indebitatissimo non è più in grado di finanziare altri aiuti pubblici. E al Forum di Davos, Larry Summers trova imprenditori, banchieri e governanti preoccupati per le nuove tensioni nei mercati del credito e i pericoli di double dip, di ricaduta, che si affacciano di nuovo. Dietro le animate discussioni sulla riforma delle regole della finanza, le divisioni sulla nuova ricetta americana per le banche, l’attacco ai «bonus» e agli istituti « too big to fail » (troppo grossi per essere lasciati fallire) emergono le preoccupazioni per quella che il capo di Unicredit, Alessandro Profumo, ha definito, durante uno dei dibattiti, una ripresa «incredibilmente fragile». E che difficilmente potrà essere stimolata ulteriormente dai governi. Sta, infatti, cominciando ad aleggiare il timore che si sbricioli anche l’ultima certezza rimasta sui mercati finanziari: la tenuta del debito sovrano, quello degli Stati. Il caso che allarma di più è, ovviamente, quello della Grecia: in tutti i dibattiti del Forum riemerge, prima o poi, il timore dell’«effetto domino»: dopo Atene toccherà al Portogallo? Alla Spagna? All’Irlanda? Sull’Italia c’è sempre una buona dose di scetticismo, ma per ora non viene considerata a rischio. Durante un pranzo al quale partecipano i banchieri centrali della Francia e della Germania, Noyer e Weber, si getta acqua sul fuoco: «La Grecia è un caso a sé: l’anno scorso, nonostante la crisi, ha aumentato gli stipendi pubblici del 7 per cento. Per contro Paesi come l’Irlanda sono corsi ai ripari: per contenere l’espansione del deficit hanno tagliato di molto le retribuzioni pubbliche e hanno aumentato le entrate fiscali. Sono situazioni diverse. Ci sono i margini per gestire in modo ordinato il caso-Grecia ed evitare il contagio». Ma la Grecia è solo un aspetto del problema: dopo mesi di relativa tranquillità, da almeno due settimane gli operatori finanziari hanno moltiplicato gli acquisti di Credit default
Swaps, polizze assicurative per difendersi dal rischio di default del debito sovrano di molti degli Stati più esposti. Il preannuncio di un imminente rialzo dei tassi d’interesse, se non, addirittura, di una nuova «gelata» del credito, temono molti degli operatori presenti a Davos. Le vecchie volpi del Forum invitano, però, alla cautela. Davos, dicono, estremizza: quando le cose vanno bene è trionfalista, quando vanno male fa previsioni nere. Quelle dell’anno scorso – un’ulteriore caduta nel secondo semestre’ si sono rivelate sbagliate. Adesso, però, è chiaro che il sistema economico’ imprese e famiglie’ sarà sempre più chiamato a cavarsela camminando sulle sue gambe. questo il terreno sul quale si misurano le speranze ma anche la «nuova normalità» di un’economia post-crisi al tempo stesso più equilibrata e ridimensionata. Ma a parlare di new normal era stata per la prima volta, quasi un anno fa, la società di consulenza Alix Partners che, sulla base dei sondaggi condotti, aveva concluso che per il consumatore medio americano la nuova normalità sarebbe stata quella di consumi pari all’86 per cento dei livelli pre-recessione. L’indagine è stata ripetuta a fine 2009 e quel numero, anziché salire, è calato di un altro punto percentuale. anche per questo, probabilmente, che Summers non brinda: la ripresa è iniziata, ma la gente, alla quale non era stata spiegata fino in fondo la gravità della crisi e la sue implicazioni, è delusa e reagisce come se stesse continuando la recessione. La speranza è che la scossa venga dalle imprese che si sono risanate, molte delle quali hanno dimostrato notevole dinamismo. Certo, anche le industrie sono esposte a un’eventuale nuova bufera del credito, visto che quelle europee devono rifinanziarsi con emissioni obbligazionarie per almeno 400 miliardi di euro e quelle americane per una cifra anche superiore. Per loro la buona notizia è che i mercati hanno cominciato a considerare il debito dei grandi gruppi industriali sani meno rischioso di quello di alcuni Stati. Allarme rosso, però, per i governi che rischiano di non poter più funzionare da salvagente di ultima istanza in una nuova crisi. « vero – ammette un banchiere centrale – ma, in tempi che rimangono assai difficili, dobbiamo guardare la parte mezza piena del bicchiere. Guardi la Grecia: in un mercato simile e con la protezione dell’euro, le sue imprese possono cavarsela anche in presenza di una grave crisi statale. E, anzi, contribuire al recupero».
Massimo Gaggi