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 2010  gennaio 30 Sabato calendario

LA NEW YORK PERDUTA DEL GIOVANE HOLDEN

Ogni città d´autore è una città invisibile. La Lisbona di Pessoa vale la Macondo di Garcia Marquez. La Londra di Conan Doyle la Zenobia di Calvino. E la New York di Salinger? Stessa cosa. Una scatola cinese: un trentenne la infila nella testa di un sedicenne che la infila in un sogno poi si accende la luce e non c´è più niente. Svanita, se mai c´era stata.
 una curiosa fissazione da lettore, più o meno erudito, quella di voler rintracciare gli stampi delle creazioni: la persona che ha ispirato il personaggio, i luoghi calpestati da esseri immaginari (che come tali rendono ogni realtà toccata una fantasia). Comincia con un dubbio (sarà autentico?) e finisce con i torpedoni in giro per la Parigi del Codice da Vinci o la Stoccolma di Larsson. E la New York di Salinger, o meglio del giovane Holden? Prendete l´autobus e tornate a casa, sedetevi in poltrona, accendete la lampada e riaprite il libro: siete arrivati. lì e in nessun altro luogo. Certo, potete andare alla Penn Station dove il ragazzo sbarcò. E che cosa troverete? Un multipiano davanti a una multisala, le file dei Greyhound che ancora battono le strade d´America ma con la connessione wi fi a bordo (Holden potete leggervelo sul kindle, per dire). Non ci sono le cabine telefoniche di cui andava in cerca, gli adolescenti sono incollati mani e orecchie agli I Phone, mandano sms a se stessi per sentirsi meno soli: «Ehy, c´è il sole: è un giorno ideale per i pesci banana». Se avete un debole per le stazioni (io ce l´ho) Grand Central è ancora lì, gloriosamente monumentale come allora. Mancano gli armadietti, li hanno tolti per timore che qualcuno ci chiuda dentro una bomba, ma il resto resiste (e truffate anche voi Salinger, lavorate di fantasia, scendete all´Oyster bar, di cui i giornali annunciano la chiusura un anno sì e uno pure, ma è ancora lì).
Il resto è una New York geneticamente modificata. Salinger viene da Harlem e non si sarebbe aspettato di vederci condomini ed ex presidenti, andò a una scuola che ha chiuso negli Anni Ottanta (dopo che ci era passato Fonzie), glorificava Radio City Music Hall e ora ci si esibisce Lady Gaga, con tutto il rispetto (ma quando si chiamava Stephani Germanotta sarebbe stata una partner perfetta per Holden, o anche per il suo creatore).
Le città invisibili degli autori sono fondali di cartapesta dietro cui c´è un palazzo vero, dentro cui c´è una stanza vuota, con una botola che conduce un tunnel da cui si sbuca davanti al fondale. L´Edmont Hotel di Holden non esiste, il Seton sì, ma quale dei due è più autentico, quale realtà sopravvive al ritocco? Il Seton senza il bar è ancora il Seton? Dobbiamo davvero vedere quel che un altro ha immaginato, anche quando ha immaginato di vederlo?
C´è un quesito logistico ritenuto fondamentale nel giovane Holden. Dove vanno le papere dal laghetto di Central Park? Una storica del luogo lo ha svelato al «New York Times». Come prevedibile: «Da nessuna parte». Mi permetto di dissentire. Nella prima puntata della serie tv «I Sopranos» il boss Tony si trova uno stormo di papere nella piscina della sua villa in New Jersey. una citazione, è un passaggio di consegne. Il grande romanzo americano è finito nel Jersey di Philip Roth, è finito in tv, è finito. Come ogni cosa che poi ricomincia.


Il Giovane Holden a Manhattan
Le pagine dell’autore e i luoghi di Manhattan, dall’edizione 1961.

pag. 70 PENN STATION
quando scesi alla Penn Station, la prima cosa che feci fu di infilarmi nella cabina telefonica. Avevo voglia di chiamare qualcuno. Lasciai le valigie proprio davanti alla cabina così potevo tenerle d’occhio, ma appena fui dentro non mi venne in mente nessuno a cui poter telefonare.

pag. 72 EDMONT HOTEL
Arrivammo all’albergo Edmont e io entrai. Mi ero messo il mio berretto da cacciatore, in tassì, tanto per fare una cosa, ma prima di entrare me lo tolsi. Non volevo avere l’aria di un pazzoide... Ancora non sapevo che quel dannato albergo era pieno di pervertiti e di sudicioni

pag. 94 ERNIE
Scesi di nuovo con l’ascensore, presi un tassì e dissi all’autista di portarmi da Ernie. Ernie è quel Night Club a Greenwich Village che mio fratello D.B. bazzicava parecchio prima di andare a Hollywood a sputtanarsi

pag. 126 GRAND CENTRAL TERMINAL
Era soltanto domenica e non potevo andare a casa fino a mercoledì... E non avevo proprio voglia di andare in un altro albergo a farmi fregare il peculio. Così andò a finire che chiesi all’autista di portarmi alla stazione centrale.

pag. 135 BROADWAY
Presi a camminare verso Broadway, tanto per fare una cosa, perché non ci andavo da anni. Inoltre volevo trovare un negozio di dischi aperto anche la domenica. C’era un disco che volevo regalare a Phoebe, quello intitolato "Little Shirley Beans". Era difficile trovarlo.

pag. 140 MUSEO DI STORIA NATURALE
Con tutto che era domenica e Phoebe non poteva essere là con la sua classe e via discorrendo, e che il tempo era così brutto e umido, mi feci tutto il parco a piedi fino al Museo di Storia naturale.

pag. 150 RADIO CITY ICE RINK
-Andiamo a pattinare sul ghiaccio a Radio City.
Ecco che razza di idee si faceva venire.
-A pattinare sul ghiaccio a Radio City? Adesso, vuoi dire?

pag. 160 WICKER BAR
Così andò a finire che chiamai il vecchio Carl Luce... Quando venne al telefono, mi disse che a cena era impegnato, ma che potevamo bere qualcosa insieme alle dieci a Wicker bar nella 54esima

pag. 180 IL LAGO
quella notte sudai sette camicie a trovare quel lago. Sapevo benissimo dov’era - era proprio a due passi da Central park South e via discorrendo - ma non mi riusciva di trovarlo. ...Poi alla fine lo trovai. Era mezzo gelato e mezzo no, ecco com’era. Ma non vidi nemmeno un’anitra

pag. 183 A CASA
Così me ne uscii subito dal parco e me ne andai a casa. Feci tutta la strada a piedi. Non era tanto lontano, e io non ero stanco e nemmeno più sbronzo.

pag. 229 FIFTH AVENUE
Entrai in quel ristorante che aveva tutta l’aria d’essere molto economico e presi frittelle e caffè. solo che le le frittelle non le mangiai. Non riuscivo a mandarle giù. Il fatto è che quando uno si sente depresso per qualcosa, ingoiare è un vero problema...
Bevvi solo caffè. Poi me ne andai e presi a camminare verso la Quinta Avenue.

pag. 232 SCUOLA DI PHOEBE
Prima volevo soltanto salutare la vecchia Phoebe. Così, tutt’a un tratto, attraversai la strada correndo come un forsennato... e andai da quel cartolaio a comprare un blocchetto di carta e una matita. Pensavo di scriverle un biglietto... Però mi cacciai in tasca il blocchetto e la la matita e mi incamminai più il fretta che potevo verso la scuola...

pag. 235 METROPOLITAN MUSEUM of ART
Mentre aspettavo Phoebe nel museo, proprio vicino alle porte e tutto quanto, mi si avvicinarono quei due ragazzini per domandarmi se sapevo dove fossero le mummie

pag. 241 LO ZOO
...Però non la seguii. Sapevo che sarebbe stata lei a seguire me, e così m’incamminai verso il centro, diretto alla zoo, sul marciapiede lungo il parco, e lei s’incamminò verso il centro sull’altro dannato marciapiede

pag. 243 LA GIOSTRA
...Ce l’aveva ancora con me. Ma non come prima. Ad ogni modo, continuavo ad avvicinarmi alla giostra e già si cominciava a sentire quella musichetta saltellante che suonano sempre...