Maurizio Cabona, Il Giornale 30/01/10, 30 gennaio 2010
POLEMICHE
Quando fu proiettata in anteprima nel febbraio 1960, la Dolce Vita di Fellini non piacque: molti accusarono Fellini di essere comunista e la pellicola suscitò tali polemiche da rischiare il sequestro preventivo. Jean Toschi Marazzani Visconti, cugina del regista Luchino: «Fischi e insulti di quella sera fecero più notizia degli applausi. Nell’ipotesi del sequestro, già la mattina dopo, al Capitol, c’era la fila alla cassa. Fascino del proibito». Tre mesi dopo, ricevette la Palma d’oro a Cannes. Uscì nei cinema col divieto ai minori di 16 anni, poi di 14, e fu trasmesso dalla Rai solo di notte: fu visto al cinema da 13 milioni di italiani. Divenne argomento di discussione per i politici dell’epoca: la Dc si scagliò violentemente contro il film, con un commento (’Schifosa vita, un commento anonimo”) pubblicato sull’Osservatore romano scritto probabilmente da Oscar Luigi Scalfaro. I cattolici, che avevano sdoganato Le notti di Cabiria, si divisero molto sulla Dolce Vita: alla radio, il gesuita milanese Angelo Arpa definì il film «la più bella predica che abbia ascoltato». Secondo il critico francese Alain de Benoist, «la Dolce vita testimonia con estrema sensibilità non il crollo della religiosità, ma della sua facciata ben pensante. Scandaloso non era il film, era ciò che denunciava».