Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 29 Venerdì calendario

ECCO IL LEGITTIMO IMPEDIMENTO AUTOCERTIFICATO

E’ arrivato il giorno solenne dell’inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione, alla presenza del Capo dello Stato, e in singolare coincidenza le polemiche sulla giustizia toccano il diapason. L’associazione nazionale magistrati conferma la sua clamorosa protesta: i giudici usciranno dalle sale ogni qual volta comincerà a parlare un rappresentante del governo. Non accadrà in Cassazione, però, perché sarebbe stato davvero troppo chiedere a tutti gli ermellini di alzarsi e andarsene sotto gli occhi di Napolitano e Berlusconi. Non ci saranno invece gli avvocati penalisti «in segno di protesta nei confronti di un assetto ordinamentale della giustizia contrario al precetto costituzionale».
La protesta dei magistrati tocca più di tutti il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che ieri ha polemizzato sia con l’Associazione nazionale magistrati («Trattasi di uno slogan in vista della prossima campagna elettorale per il Csm») sia con il Consiglio superiore della magistratura («Ho chiesto al Csm il parere sui sei nuovi magistrati che dovranno rafforzare l’organico della magistratura a Reggio Calabria, ma finora nessuna risposta mi è pervenuta. Mi rendo conto che il Csm è troppo impegnato a dare pareri sulle leggi del governo»). E a proposito di pareri, ieri il Csm ha licenziato l’ennesima critica a una legge proposta da Alfano. Il Consiglio, esaminando il decreto sulle sedi disagiate, ritiene che si possano «pregiudicare le competenze che l’articolo 105 della Costituzione assegna al Csm». La sintesi la fornisce Nicola Mancino, il vicepresidente: «Al Csm resti la competenza esclusiva sulle promozioni dei giudici».
Sullo sfondo, però, al solito, è l’imputato Berlusconi che accende gli animi. La maggioranza ha deciso di procedere a passo di marcia con il ddl sul Legittimo Impedimento: il 2 febbraio alla Camera si discuteranno gli emendamenti e entro la fine della settimana arriverà il voto finale. In tempi super-veloci, poi, toccherà al Senato trasformarla in legge. Le opposizioni protestano. Scontati i toni durissimi di Antonio Di Pietro, anche Pier Luigi Bersani è secco: «Lo ribadisco ancora una volta. Noi siamo contrari a qualsiasi norma che mette davanti ai problemi del Paese quelli di una persona sola».
Nel frattempo il relatore, Enrico Costa, Pdl, ha presentato le modifiche concordate nei giorni scorsi nel centrodestra. Si tratta di alcuni aggiustamenti tecnici, salvo un punto: a certificare che il presidente del Consiglio non potrà partecipare alle udienze dei processi che lo riguardano, secondo questa legge in arrivo, sarà palazzo Chigi stesso. Di fronte a una certificazione del segretario generale, il magistrato non potrà far altro che rinviare il processo di sei mesi. E così per tre volte, fino a totalizzare un rinvio complessivo di 18 mesi. «Ma in questa maniera è stata rafforzata l’automaticità del rinvio e quindi l’estromissione del giudice da qualsiasi valutazione», protesta Donatella Ferranti, Pd. «Si arriva addirittura a ritenere sufficiente una ”autocertificazione” della presidenza del Consiglio. Di emendamento in emendamento stiamo tornando al punto di partenza: il Lodo Alfano bocciato dalla Corte Costituzionale».
Da registrare anche un altolà di Pier Ferdinando Casini, co-ispiratore del ddl. «Abbiamo presentato con Vietti - ha ricordato l’ex presidente della Camera - una proposta di legge sul legittimo impedimento perché pensiamo vada chiusa la querelle infinita tra i giudici e Berlusconi. Ora facciamo appello al governo e al ministro Alfano affinché non trasformino questo vagone in un treno con cento vagoni. L’idea di estendere la norma a ministri, viceministri e sottosegretari è impossibile. Deve riguardare solo il premier». L’Udc ha presentato un emendamento per escludere dallo scudo i ministri, ma difficilmente sarà accolto dalla maggioranza.
Francesco Grignetti