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 2010  gennaio 29 Venerdì calendario

MENO CLANDESTINI, MENO CRIMINI (2

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Se l’ha detto apposta, Berlusconi è un mago della comunicazione poiché questa nuova polemica sugli immigrati certo non gli leva voti. Anzi, se la ridono i suoi, è tutta acqua nell’orto del Pdl in vista delle Regionali. La frase incriminata del premier suona testuale: «Ridurre gli immigrati extracomunitari clandestini significa meno forze che ingrossano le schiere della criminalità». Il Cavaliere la pronuncia durante una conferenza stampa a Reggio Calabria. Si è appena svolto il Consiglio dei ministri straordinario contro le mafie, e palesemente il premier non intende cedere terreno alla Lega, incarnata al suo fianco da Bobo Maroni ministro dell’Interno. Berlusconi vuol piazzarci il cappello sopra, rivendica a sé i risultati «molto positivi del contrasto alla clandestinità». Si erge a protagonista del braccio di ferro con l’Europa per far avere più denari alla Libia e ai paesi frontalieri che «ci fanno da sentinelle». Infine sfodera l’equazione «più clandestini uguale più criminalità». Su cui si avventa l’opposizione con i fatti di Rosarno negli occhi: dalla Turco sdegnata («Parole volgari») a Zingaretti paradossale («Si vede che pure Riina e Provenzano erano degli immigrati...»), da Donati scettico («Non sono diminuiti né gli immigrati né i clandestini») alla Finocchiaro così sarcastica («Meno premier meno criminalità?») da lasciare «esterrefatto» il portavoce del governo Bonaiuti e scatenare la contraerea Pdl.
Grande stratega mediatico, il Cavaliere. O viceversa (altra tesi nell’entourage) semplicemente travisato perché «non ha detto nulla di nuovo». Nel maggio 2009, durante un vertice con Mubarak, aveva acceso l’ira di Franceschini sostenendo che sui barconi degli immigrati «arriva gente reclutata in maniera scientifica dalle organizzazioni criminali, le quali li infiltrano apposta». Aveva fatto scandalo a sinistra pure il 10 febbraio 2008 e il 23 marzo 2007: guarda caso, sempre alla vigilia di appuntamenti elettorali e in competizione con la Lega. Interpellato da «Porta a porta», Berlusconi si mostra sorpreso del clamore e precisa: non ce l’ha con gli immigrati in genere ma con i clandestini «costretti a consegnarsi alle organizzazioni criminali».
Tra i fumi della battaglia si perde un po’ il senso dell’operazione Reggio Calabria, preparata con cura scientifica come dimostrano i fondali televisivi per la conferenza stampa, allestiti dal maestro del ramo, Gasparotti. Il messaggio è un affondo contro mafie e criminalità organizzata, da stropicciarsi gli occhi se si raffronta al berlusconismo del secolo scorso. Il Cavaliere schiva lo scontro coi magistrati («Mai cercato, se poi si vogliono fraintendere le mie parole...») e va a caccia di popolarità, non gli basta quel 68 per cento («perfino imbarazzante») di cui lo accreditano i suoi sondaggi. L’esito delle prossime Regionali è in bilico tra un recupero mediocre (l’altra volta era finita 11 a 2 per il centrosinistra) e uno sfondamento nei feudi «rossi». Tutto dipende dalla campagna del premier, dai messaggi che farà passare.
La fase delle alchimie sulle alleanze e suoi candidati ufficialmente si chiude qui a Reggio. Dove Berlusconi cala il sipario sulle trattative con l’Udc per la Puglia: «Lì abbiamo un candidato, Rocco Palese, che ha risposto da gentiluomo al mio appello», quando ancora si immaginava un passo indietro suo e della Poli Bortone per fare posto a un terzo candidato. Non è andata in porto. E Berlusconi fa come la volpe di Esopo: «Casini? Non mi faccio incantare da nessuno. Siamo sicuri della nostra forza...».
Ugo Magri

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Più clandestini più crimini, meno clandestini meno crimini. La formula è molto semplice, diretta, facile da comprendere. La realtà è diversa sostiene Marzio Barbagli, professore di sociologia all’Università di Bologna e studioso dei rapporti fra immigrazione e criminalità in Italia a cui ha dedicato un volume.
Il presidente del Consiglio sostiene che una diminuzione degli extracomunitari vuol dire meno forze che vanno a ingrossare le file delle organizzazioni criminali. E’ così?
«Se fosse così corrisponderebbe a quello che sostengono gli strati più xenofobi della popolazione e non avrebbe senso. Il premier non si riferiva all’immigrazione tout court ma a quella clandestina come si comprende ascoltando l’intera sua dichiarazione».
Dunque meno clandestini meno criminalità?
«Bisogna innanzitutto intendersi sul concetto di clandestini. Soltanto un immigrato clandestino su 3 è quello che entra in modo illegale nel nostro Paese. Gli altri due su tre sono irregolari, persone entrate in modo lecito, con permessi di soggiorno, visti che poi sono scaduti e non sono più stati rinnovati».
Dovrebbero essere rimpatriati. Esiste anche un reato d’immigrazione clandestina varato dal governo Berlusconi.
«Quel reato finora è servito a ben poco. I dati sui reati più frequentemente commessi dagli irregolari come lo spaccio o la detenzione di stupefacenti ci fanno capire molto chiaramente che il numero degli irregolari non è calato, anzi».
Qual è il problema?
«Fino a metà del 2009 si rimpatriavano da 90 a 100 mila persone, si chiamano i ”rintracciati”. Sono persone emerse perché in base a controlli effettuati da magistratura e forze dell’ordine si pensava che avessero commesso attività illecite. Di questo enorme numero negli ultimi anni si è effettivamente riusciti a mandare ai Paesi d’origine solo il 25% dei rintracciati».
Cioè tre su quattro fra questi irregolari sospettati di aver già commesso illeciti sono rimasti in Italia.
«Esatto, ci sono problemi legati al sistema di rimpatrio. C’è bisogno di tempo per fare gli accertamenti. Molti non danno le loro generalità oppure le danno false. Altri non dicono da dove arrivano. Ci sarebbe bisogno di accordi tra l’Italia e i Paesi di provenienza per rendere più rapide le procedure».
Se questo è vero ci sono centinaia di migliaia di irregolari che ogni anno vanno a ingrossare le file dei criminali per colpa dell’incapacità italiana di rimpatriarli.
«C’è stato un periodo in cui il sistema funzionava meglio. Quando il centrosinistra introdusse i Centri di Permanenza Temporanea si riusciva a rimpatriarne il 50%. Poi i centri hanno perso incisività, ora hanno cambiato nome e in parte la fisionomia ma le cose non sembrano andare molto meglio».
Come mai è così difficile riuscire a rimpatriare gli irregolari?
«Perché la nostra è un’economia che ha caratteristiche strutturali che favoriscono l’immigrazione irregolare. Si basa sul lavoro nero e non esistono controlli. Le norme ci sono, ma nessuno le fa rispettare».
Quale potrebbe essere una soluzione?
«Moltiplicare per mille i controlli. Rendere più severe le pene per gli imprenditori che sfruttano i lavoratori in nero ma lasciando che le conseguenze di questa pratica illegale siano tutte a carico dei lavoratori. E poi fare una politica attiva dell’immigrazione senza passare da una sanatoria all’altra».
Flavia Amabile