Luca Mastrantonio, Il Riformista 28/1/2010, 28 gennaio 2010
MONICA, GIORNALISTA «PARADOSSALE» TRA ECONOMIA E TV
Non esita a definirsi uno squalo, come giornalista economica. Replica alle maldicenze su Romiti o Liofredi. Tra le colleghe, è riconoscente verso Barbara Palombelli e si considera agli antipodi di Daria Bignardi. Monica Setta è la conduttrice del momento. Il Fatto del giorno, trasmissione di approfondimento che conduce in diretta dal lunedì al martedì su RaiDue dalle 14 alle 15, sta sparigliando il palinsesto pomeridiano, con dati di ascolto molto buoni.
Qual è secondo lei il segreto del ”Fatto del giorno”?
La chiave penso sia nel ritmo, a quest’ora non puoi fare le cose da seconda serata, con persone che si parlano addosso. In un minuto puoi dire e far dire tutto. Io faccio tre/quattro ospiti, tre servizi, un faccia a faccia… c’è molta vitalità in questa formula. Puoi fare grandi ascolti con lo scandalo, come il caso Marrazzo, ma fidelizzi con difficili temi di attualità spiegati in maniera chiara, persino con la giustizia abbiamo fatto ottimi risultati, e con i fatti di Rosarno.
Il titolo della trasmissione ricorda ”Il Fatto” di Enzo Biagi, qualcuno lo confonde anche con ”Il Fatto quotidiano” di Padellaro-Travaglio.
Molti ci confondono, anche nelle agenzie, però è un titolo che ho scelto con Massimo Liofredi. Ci siamo interrogati se fare ”I fatti del giorno” o Il fatto del giorno, perché più che a Biagi abbiamo pensato a Michele Guardì, a I fatti vostri.
Travaglio parla sempre della lezione di Montanelli. Anche lei ha lavorato con Montanelli, che l’assunse come caposervizio dell’economico. Siete della stessa scuola?
Travaglio ha fatto di Montanelli la bandiera del suo giornalismo e lo comprendo, è il suo marchio. Io invece mi sono discostata da quel giornalismo di opinione. Non ho mai detto a nessuno, per esempio, per chi voto. Se lo dici, vieni incasellata. Paragone dicono che è l’anti-Santoro, Floris in quota Pd... Mettersi una casacca può funzionare, accorcia molte strade, ma a 45 anni è inutile. Lo dico da giornalista economica che conosce il mercato.
Alla ”Voce”, ha mai incrociato Travaglio?
No, io ero a Roma, lui all’epoca credo fosse corrispondente a Torino. Una volta l’ho sentito per telefono, per un pezzo. Neanche a Milano l’ho incrociato, anche se ci andavo spesso, per incontrare Montanelli a pranzo... In fondo mi ha assunta in trattoria... Quando Berlusconi decise di scendere in campo, Montanelli lasciò Il Giornale per fondare La Voce. Con lui c’erano Federico Orlando e Giancarlo Mazzuca, che mi aveva assunto praticante al Giorno. Mi invitarono a pranzo con Montanelli, alla trattoria toscana, c’era anche Biagi, e fui presentata come giovane giornalista economica, da assumere. Io dissi che volevo i gradi e immaginavo che Montanelli dicesse di no. Aveva mangiato poco, nulla, un cucchiaio di minestra, due olive, io invece avevo mangiato tanto, sono sempre stata gaudente a tavola. Lui mi disse che gli mettevo appetito, che non aveva considerazione per le cariche, i galloni... E mi disse di sì, che mi faceva caposervizio, a patto che andassi a Roma, era rimasto un solo posto. Io ero a Milano, lavoravo a MilanoFinanza, ma non esitai.
Che giornalismo praticava?
Il mio era un giornalismo disinvolto: la notizia a tutti i costi! Un po’ da squalo, diciamo, soprattutto in ambito economico. Però non ho mai preso querele, perché evidentemente non ho mai scritto balle.
Qual era il metodo dello squalo?
Trovavo sempre il modo di far confessare la notizia all’interlocutore. Faccio l’esempio di un grosso imprenditore del Nordest, del settore tessile, che negli anni 90 aveva diversificato, con partecipazioni bancarie, editoriali etc… Io non ne avevo conferma, però e allora chiamai, una mattina molto presto, dicendo l’esatto contrario, che in giro in Borsa si diceva che stava per fallire. Lui dice che non è vero, io insisto e lui poi mi dice che aveva comprato delle partecipazioni. Ecco perché ho evitato querele. Sono distante dal giornalismo dei retroscena astratti, i miei dovevano sempre avere dettagli, nomi, cognomi, indirizzi, orari precisi… un po’ come un magistrato. Puntavo sempre all’outing del confessore…
Altre mosse da squalo?
Sul primo numero della Voce io esordii con un’intervista a Lamberto Dini che era ancora direttore generale della Banca d’Italia ma mi rivelò di essere il prossimo ministro del Tesoro. Era il primo numero della Voce, 400mila copie, c’era una bellissima copertina di Vittorio Corona, il padre di Fabrizio Corona, che mescolava fumetti e fotomontaggi. Dini aveva i dentoni, per mordere il sistema paese.
Come ottenne la notizia?
Avevo chiamato alla Banca d’Italia, dove non ti passano mai nessuno, e avevo detto che ero la segretaria di Montanelli, dicendo che il direttore voleva parlare con Dini. Quando lo raccontai a Montanelli lui non si meravigliò e disse che io sono una donna paradossale. E in Italia, per come sono fatti gli italiani, per come li vedeva Montanelli, riesco a far cadere nella mia trappola le persone. Disse che abboccano con tutte le scarpe al mio sorriso, alla mia sventatezza, al mio essere un po’ surreale. Io mi riconosco in questo ritratto. Che poi Montanelli ha scritto anche nella prefazione al mio libro Berlusconi sul sofà.
Per una donna è più facile essere ”paradossale”?
Sì, soprattutto in quegli anni, nell’ambiente economico, un ambiente maschile. Ho sempre vestito in modo eccentrico, nell’ambiente di Confindustria ero vernice colorata.
Su di lei ci sono molte maldicenze. Qual è quella che considera meno credibile?
Mi hanno attribuito tanti fidanzati fasulli. Si è scritto che avevo avuto un flirt con Romiti. Ma io lo seguivo per lavoro, come il Berlusconi imprenditore. Considero Romiti una specie di padre, gli continuo a dare del lei, come consigliava Montanelli: alla politica e all’economia, diceva, dai sempre del lei.
La maldicenza più credibile?
Scrivono che sono in Rai grazie a Liofredi. Vero, ma non c’è nulla di male. Un incontro professionale, parecchi anni fa, quando lui era capostruttura per Domenica in e io facevo altro. Su una panchina della Dear, mi disse che aveva due giornaliste preferite, Barbara Palombelli e me. Voleva dare una trasmissione a ognuna. In effetti la Palombelli, nel 2006, doveva fare una trasmissione politica, Italia domanda dentro Domenica In. Era tutto pronto, ma Barbara si tirò indietro perché il marito era vicepremier del governo Prodi, non voleva evidenziare un così plateale conflitto di interessi. Allora Liofredi mi propose di sostituire la Palombelli. Io, prima di accettare, sentii lei, perché non è una amica del cuore, ma è una persona che stimo. Ci incontrammo in un bar a piazza Mazzini e lei mi disse di non farmi scrupoli.
Perché se ne andò da La7 quando arrivò Campo dall’Orto?
Non c’entravo nulla con i suoi progetti, io sono lontana dal radical-chicchismo, dal birignao... dal politically correct, io sono pop.
Agli antipodi della Bignardi?
Sì, siamo due tipologie molto diverse.