Francesco Merlo, La Repubblica 28/01/2010, 28 gennaio 2010
DALL’AMORE ALLA POLITICA LE CONSEGUENZE DEL RANCORE
- Circe trasformava gli ex amanti in porci, Enrico VIII ammazzava le ex mogli, Napoleone le pagava, Bokassa le infilava nel frigo e poi se le mangiava, Delbono, piccino piccino, ha degradato la sua ex a centralinista, al "senza di me non sei nulla". Pochissimo praticata è la civiltà dell’exit. Fatta di intelligenza e di dignità, è il riconoscimento di una doppia inadeguatezza perché gli ex sono sempre (almeno) due e l’uscita è così vicina all’entrata da illuminare e svelare l’intero rapporto. La fine è la perfezione dell’inizio, e se tutto comincia con un bancomat è ovvio che finisca al centralino. Spesso quella dell’ex è la verità dei fumetti o dell’Opera dei pupi: "vedete quanto può un pelo di… Cinzia" o di Monica (Clinton), o di Cecilia (Sarkozy), o di Patrizia D’Addario (Berlusconi), o di Natalì (Marrazzo) o di Emma, amante numero 19 di Tiger Woods, cinquecentomila dollari per non raccontare «la vera storia». E però, con buona pace dei poeti, il naso di Cleopatra è una figura retorica e non (ancora) un agente della Storia. Solo i bolognesi fingono di crederci, in mancanza di meglio. Nei rancori degli ex vedono, nientemeno, la Storia declinata al femminile, la Her-story contro la His-story. Promuovono a Regicidio la vendetta giudiziaria dell’ex amante. Credono nel rapimento d’anime e nello smarrimento dei sensi piuttosto che nella "variante mortadella" della degenerazione del potere italiano che considera l’Istituzione un prolungamento del pene. Nel ripudio di Caterina d’Aragona c’era l’indipendenza dell’Inghilterra e nel ritiro di Giuseppina Bonaparte a Malmaison la discendenza dell’Impero. Furono guerre di patrimonio e non di matrimonio le spedizioni in Egitto contro Cleopatra. Anche la furia degli Achei contro un’altra ex - la bella Elena - è fumo rispetto allo scontro tra Ettore e Achille, l’Asia e la Grecia… Mai la Storia e neppure la corruzione politica di un città viaggiano sulle gambe di una ex, per quanto bella e spregiudicata. Più banalmente Cinzia era la maîtresse del (piccolo) potere, il loro amore era fatto di affari regionali e di weekend pagati, si era persa sia nel romanticismo sia nel bancomat, e tanto nella tenerezza quanto nella politica, proprio come le veline di Berlusconi, ricompensate con la candidatura alle elezioni e qualcuna persino con pezzi di Stato. Non è vero che le storiacce e i rancori degli ex sono più adatti alla destra che alla sinistra. Sempre c’è un arretrato di rapporti e di contrasti personali irrisolti, si sfalda una rete di amicizie e solidarietà anche economiche. destino che, quando si sono amati male, gli ex ancora si cerchino, si spiino, si sfuggano, in un odio tormentoso e profondo, regolato dagli avvocati, «ora te la faccio vedere io», «ti riduco sul lastrico», «ti mando al centralino». Ma non è solo nell’amore che la fine del gioco rivela i giocatori. La Chiesa bruciava gli spretati e il partito condannava gli ex comunisti all’annullamento morale e, quando poteva, anche fisico. Erano spietati perché l’exit svelava un loro elemento di depravazione inconfessabile: la militanza vissuta in maniera mistica nel Partito e la religione vissuta in maniera disumana nella Chiesa. E ci sono gli ex che diventano anti, cambiano casacca ma rimangono fanatici e sono i più feroci contro gli ex fratelli, gli ex se stessi: sono i convertiti, come Daniele Capezzone che ha spiegato sul Giornale perché non bisogna votare la Bonino, sua ex leader, ex madrina, ex musa, ex sorella. Ma è anche vero che ci può essere il vinto nella parola ex. Ed è un sentore sordido di commissioni di epurazione: le esecuzioni, le umiliazioni delle ragazze di Salò… Ma nell’ex c’è pure il trasformismo e c’è, ovviamente, la vanagloria del falso ex (il partigiano in convento). C’è infine, nella parola ex, un amaro sapore di vecchiaia, e non soltanto perché siamo tutti ex allievi, ex amici, ex calciatori, ma anche perché nell’Italia smaliziata "che non ci crede più" ciascuno periodicamente si libera di un altro pezzo di se stesso, aggiunge una tacca da ex all’elenco dei propri exit: ex comunisti, ex missini, ex democristiani, ex craxiani, ex sessantottini, ex Ulivo…: tutti pentiti. Come gli ex mafiosi che denunziano la mafia, e che la mafia scioglie nell’acido. E come gli ex terroristi, per i quali è stata inventata l’impossibile categoria degli ex assassini. Sino a scoprire che era meglio quando era peggio, che la sola bandiera che continua a sventolare nella vita dell’ex è quella che per prima egli ha disertato e la cui inutilità nulla toglie al valore. Ma nessuno può rendere giustizia a se stesso, al proprio passato, cercando un patetico bis, una rifondazione, o andando a trovare la propria ex come nella canzone di Battisti, «scusa… se son venuto qui questa sera… / signore chiedo scusa anche a lei», oppure organizzando una pizza di ex. Quando diventi ex lo resti per sempre. Eleganza vuole che l’ex non parli male dell’ex. Persino nelle aziende gli ex dirigenti sono pagati per tacere. E anche tra i giornalisti c’è l’inciviltà dell’ex che scrive contro il giornale del quale era una colonna. Meglio non parlarne affatto, neppure per dirne bene, perché ci sarà comunque qualcuno che troverà il veleno dove non c’è. Carlo sarà per sempre sospettato d’essere il mandante della morte di Diana, benché sia "un pochino morto" pure lui nel tunnel di Parigi, come è vero che Cinzia e Delbono sono figli della stessa storia e dunque si confondono. E non si capisce se l’ex più vendicativa sia lei che l´ha denunziato, oppure lui che l’ha spedita al centralino. Ci fosse l’Alighieri, manderebbe anche l’ex sindaco nel girone infernale dei centralinisti, a rispondere al telefono alla sua ex. Per l’eternità.