Paolo Baroni (a cura di), La Stampa 28/1/2010, pagina 80., 28 gennaio 2010
DOMANDE
& RISPOSTE: DAVOS -
Cos’è il Forum di Davos?
l’incontro annuale tra potenti della terra, grandi manager dell’industria e della finanza, intellettuali e studiosi. Il «Wef», ovvero World Economic Forum, è una fondazione no-profit con sede a Ginevra che oltre al summit annuale promuove e realizza molti studi e ricerche, la più nota è quella sulla competitività che stila ogni anno il grado di efficienza dei vari sistemi-Paese. Il tema che dominerà del summit 2010 che si è aperto ieri è inevitabilmente quello della crisi della finanza globale e dell’uscita dalla crisi. Ovvero, come recita lo slogan del Forum, «migliorare il mondo: ripensare, ridisegnare, ricostruire».
Come nasce il Forum?
Nasce nel 1971 su iniziativa dell’economista tedesco Klaus Schwab, docente di politica aziendale all’Università di Ginevra. All’inizio, con la denominazione «European Management Forum», il summit radunava i capi delle mille aziende leader del mondo. Nell’87 cambia denominazione in «World Economic Forum» ampliando il suo raggio d’azione ai conflitti ed alle grandi questioni internazionali.
Chi partecipa al summit 2010?
In tutto sono 2.500 i «world leader» presenti alla quarantesima edizione del forum in arrivo da 90 Paesi. Sono attesi 30 capi di Stato e di Governo (da Sarkozy a Zapatero, da Lula a Peres e Calderon), 60 tra ministri e responsabili di organizzazioni internazionali (dall’italiano Giulio Tremonti, a «Mrs Pesc» Catherine Ashton, ai vertici di Fmi e Wto), banchieri centrali (il numero uno della Bce Trichet ed il nostro Mario Draghi), 1.400 tra amministratori delegati di banche e grandi aziende. Molto folta la delegazione italiana, col presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, i banchieri Corrado Passera e Alessandro Profumo, l’ad di Telecom Bernabè, il presidente dell’Eni Poli e quello di Atlantia Gros-Pietro. E poi ancora: il sindaco di Milano Letizia Moratti ed il vicepresidente del Senato Emma Bonino.
Dove si svolge il vertice?
Il summit si tiene in uno dei più importanti comprensori sciistici della Svizzera e dell’Europa, Davos appunto. Una cittadina di circa 10 mila abitanti che conta, tra l’altro, 54 impianti di risalita, 320 km di piste da sci e 75 km di piste di sci nordico.
Perché è stata scelta questa sede?
La scelta iniziale è stata probabilmente casuale, anche se per un tedesco come il professor Schwab la Svizzera rappresenta il classico luogo elitario, un posto tranquillo dove appartarsi e tenere lontane le preoccupazioni quotidiane.
Perché tanti «big» si ritrovano qui?
Perché solo a Davos trovano una platea così qualificata ad ascoltare i loro interventi pubblici, in alcuni casi veri e propri show. Ma grandi banchieri, big del petrolio e top manager accorrono in tanti sulle Alpi svizzere anche perché, a margine del forum, è molto facile incontrarsi «in segreto» con i colleghi per discutere di affari e strategie future. E forse per loro questi vis-à-vis sono ancora più importanti delle conclusioni del summit o delle eventuali passerelle mediatiche.
Si parlerà solo di economia?
No. Nel corso dei vari incontri ci sarà spazio anche per affrontare la complessa questione dei cambiamenti climatici, tornati all’attenzione di tutti dopo il fallimento del vertice di Copenhagen, per discutere di pandemie, sicurezza energetica e mondializzazione. Si discuterà di Google e del contenzioso con la Cina ed anche del film-evento «Avatar» a cui verrà dedicata una sessione ad hoc. E poi si parlerà di solidarietà internazionale e del dramma di Haiti: in extremis è stata infatti inserita una sessione speciale che vedrà come protagonista l’inviato dell’Onu per Haiti, Bill Clinton. Presentando il vertice Schwab ha parlato di «una grande iniziativa» per la ricostruzione di Haiti che coinvolgerà «tutti gli uomini di affari gli uomini d’affari presenti».
Qual è l’opinione dei manager che partecipano al summit di quest’anno?
I 1.200 manager di 52 Paesi che hanno risposto al sondaggio annuale realizzato da PricewaterhouseCoopers temono il protrarsi della crisi ed un eccesso di regolazione, ma riscoprono la fiducia al punto da pensare a tornare ad assumere: il 40% prevede una crescita dell’organico delle aziende che guida, il 25% teme ancora tagli. In generale l’81% è ottimista sulle prospettive a 12 mesi (lo scorso anno era il 64%) mentre il 18% resta pessimista (era il 35%).
Gli italiani la pensano allo stesso modo?
I nostri top-manager sono meno ottimisti sulla ripresa nei prossimi 12 mesi (63%) ma il 95% è fiducioso sulle prospettive di crescita a tre anni. Il 30% pensa a nuove assunzioni. L’85% attende la ripresa per il 2011, ma l’anticipano tra la seconda metà di quest’anno e la prima del prossimo quando parlano del settore in cui operano.
a cura di Paolo Baroni