Gianni Clerici, La Repubblica 28/1/2010, 28 gennaio 2010
L’ONDA CINESE SUL TENNIS ANCHE VENUS TRAVOLTA
Melbourne. Nella mia secolare carriera di cronista ne ho viste, se non proprio troppe, un bel numero. Sorprese, dico, ma già che parliamo di tennis, me ne vengono in mente un paio. La prima, quando Tilden stava sommergendo Cochet a Wimbledon, due set e 5-1, e fece il suo ingresso la Regina Mary, e quell´americano vanitoso la salutò con un inchino, e per pavoneggiarsi prese a tentare 1-2-3 colpi impossibili finché non riuscì più a ritrovare la palla e venne battuto. Altra vicenda incredibile, la volta che Panatta a Roma annullò uno sull´altro 11 match point all´australiano Warwick, e finì per vincere il torneo. Anche oggi, verso le 4, mi ritenevo vicino a una sorpresa quasi storica.
Non solo, battendo Venus Williams, la cinese Na (cognome) Li era salita ad appaiare la sua collega Zheng Ji in semi, realizzando così un´accoppiata sin qui inedita. Ma, tanto per gradire, era ovviamente scomparsa Venus e, subito dopo, stava per andarsene anche Serena. Per sottrarmi alla giornata freddina mi ero clandestinamente trasferito in un angolino soleggiato, subito dietro la tribunetta in cui troneggiava la mammona delle Williams, Oracene, e nel raccogliere i suoi gemiti l´avevo sentita mormorare «E´ la prima volta che capita a tutte e due insieme. Stanno diventando vecchie». Ma, mentre Venus è inimitabile ma umana e quindi battibile, Serena è la irriducibile sposa di un gorilla arrabbiato. Da un set sotto e 0-4 contro una fin lì incontenibile Azarenka, sarebbe uscita dall´angolo, per sommergere la bionda a furor di muscoli. Simile affascinante brutalità sarebbe difficile attribuire alla due cinesi, che hanno innalzato il loro paese a un livello fin qui conosciuto soltanto nell´altro tennis, quello da tavolo. Della Zheng ho scritto ieri, mentre non credevo, onestamente, che la Na Li avesse le armi per sconfiggere la mia amata Venus. Velata dalle trasparentissime mutandine color carne, balenanti sotto gli spacchi del gonnellino ad ogni allungo, Venus ha iniziato al solito dominando, ma via via che il match avanzava, è parso che la velocità, e soprattutto la modesta rotazione della palla, si trasmettessero nei bioritmi della cinese. C´è stato un momento in cui, un set avanti e a due punti dal match, pareva che Venus riuscisse comunque a farcela. Ma, passato quell´istante, il match tra un genio stanco, e una piccola caparbia geometra, è scivolato nelle manine quest´ultima.
Una simile giornata dalle incredibili congiunture astrali avrebbe avuto una conclusione logicamente illogica. Un Federer abbagliato – a credergli - dal tramonto, sarebbe apparso in difficoltà con Davydenko, per non meno di un set e mezzo. Da una inattesa sosta fisiologica usciva una nuova versione di Roger, tanto dissimile dalla prima da sorvolare qualcosa come 13 – ripeto 13 – consecutivi games. Dal pronto soccorso in cui pareva ricoverato, Davydenko sarebbe tuttavia stato dimesso in condizioni abbastanza buone da sfiorare un paradossale accesso al 5° set. Ripeto: giornata paradossale.
Quarti: S.Williams b. Azarenka 4-6, 7-6, 6-2; Li Na b. V.Williams 2-6, 7-6, 7-5. Federer b. Davydenko 2-6, 6-3, 6-0, 7-5; Tsonga b. Djokovic 7-6, 6-7, 1-6, 6-3, 6-1