varie (SONO NELL’ARMADIO DI JESSICA): No al burqa nei luoghi pubblici la Francia prepara la stretta di Giampiero Martinotti, la Repubblica, 27/1/2010 Che cosa c’è dietro quel velo di Jean Daniel, la Repubblica, 27/1/2010 La Francia contro il velo , 27 gennaio 2010
« un segno di avvilimento, non è il benvenuto sul territorio francese» (Nicolas Sarkozy il 22/6/2009 parlando alle Camere riunite nella reggia di Versailles)
« un segno di avvilimento, non è il benvenuto sul territorio francese» (Nicolas Sarkozy il 22/6/2009 parlando alle Camere riunite nella reggia di Versailles). Sei mesi dopo, in un rapporto di duecento pagine presentato all’Assemblea nazionale (sono state necessarie 200 audizioni), la commissione di studio costituita ad hoc e presieduta dal deputato comunista André Gerin ha suggerito una serie di 18 misure da adottare contro il velo integrale per scoraggiarne l’uso nei luoghi pubblici. Sia esso burqa o niqab, si tratta di «una sfida ai valori della Repubblica», di una pratica «inaccettabile», di una minaccia «alla dignità delle donne». La commissione ha suggerito l’adozione di una risoluzione parlamentare dal valore simbolico e non giuridicamente vincolante che «proclami che tutta la Francia dice no al velo integrale e chiedere che questa pratica sia proibita sul territorio della Repubblica». Alla risoluzione seguirà una legge con cui il velo integrale sarà vietato negli uffici della pubblica amministrazione, negli ospedali, nei trasporti, all’uscita delle scuole ecc. La proibizione non si limiterà alla fase dell’ingresso nelle strutture statali, provinciali o comunali, ma si estenderà a tutta la permanenza in esse. Chi non si piegherà alla nuova normativa si vedrà rifiutare le prestazioni. La commissione non si è espressa a favore di una proibizione totale e assoluta del velo perché una tale norma cozzerebbe contro i principi costituzionali e finirebbe per essere bocciata dal consiglio di Stato, comportando la «limitazione dell’esercizio di una libertà fondamentale, la libertà d’opinione, nella totalità dello spazio pubblico». Nel rapporto non si legge mai la parola burqa, si parla di velo integrale e si sottolinea come la sua proibizione non si scontra con la libertà di coscienza, il rispetto delle convinzioni religiose e la volontà di promuovere «una società aperta e tollerante». La commissione ha suggerito al Parlamento di votare anche un provvedimento per combattere eventuali casi di costrizione, tutelando così le donne vittime di questa pratica e aiutando chi gestisce i servizi pubblici ad affrontare simili situazioni. Tra le altre proposte anche una modifica della legge sul diritto d’asilo degli stranieri per vietare il permesso di soggiorno a quanti manifestano pratiche religiose estreme. La commissione ha infine respinto l’idea di creare una Scuola nazionale di studi sull’Islam e un lavoro parlamentare sull’islamofobia. I socialisti non hanno partecipato al voto della commissione ritenendo impossibile un pronunciamento sereno mentre è in corso il dibattito sull’identità nazionale. La maggioranza del centrodestra, invece, avrebbe voluto norme più drastiche, come il divieto di portare il velo integrale in strada. Mohammed Moussaoi, presidente dei musulmani di Francia, si è detto contrario al burqa, «pratica estrema che non desideriamo si diffonda sul territorio nazionale». In Egitto lo sheik Mohammad Tantawi, Grandi Imam dell’Azhar, ha auspicato il divieto nelle scuole di porto del niqab in quanto «tradizione del tutto estranea all’Islam». In visita a un cimitero musulmano profanato alcune settimane fa, Sarkozy ha detto: «L’Islam è la religione di molti francesi. il nostro paese, per aver conosciuto non solo le guerre di religione ma anche le lotte fratricide di un anticlericalismo di Stato, non può lasciare stigmatizzare i cittadini francesi musulmani. Non lascerò nessuno trascinare il nostro paese sulla strada delle regressioni». L’iniziativa francese è stata accolta con freddezza dagli inglesi: non il burqa è incompatibile con i valori britannici, ha scritto il Times, ma la pretesa di limitare la libertà «di chi si fa tranquillamente gli affari propri indossando la tenuta religiosa che preferisce». Nel 2004 la Francia aveva vietato il velo nella scuola pubblica. Il divieto fu formulato in forma generica, contro qualsiasi vistoso simbolo religioso indossato. La norma passò al vaglio della Corte di Strasburgo: formulata in questo modo non discriminava alcuna fede, tanto meno l’Islam. Le statistiche ufficiali celebrano il successo della legge e l’assenza di infrazioni. Non contano, però, le ragazze musulmane che hanno rinunciato a frequentare la scuola pubblica e studiano a casa o in scuole coraniche private. In Francia il fenomeno del velo integrale declinato secondo la radiazione dell’Arabia saudita e del Golfo (niqab) e in parte nella versione afghana (burqa) coinvolgerebbe secondo le stime governative poco meno di duemila donne, due terzi delle quasi di nazionalità francese. Una su quattro si sarebbe convertita all’Islam, la metà avrebbe meno di quarant’anni. La Francia ospita sei milioni di musulmani, la più grande comunità musulmana d’Europa. La legge probabilmente andrà in discussione dopo le elezioni regionali di marzo in cui il partito del presidente Sarkozy tenterà di strappare la maggioranza dei consigli ai socialisti.