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 2010  gennaio 27 Mercoledì calendario

FRED BUSCAGLIONE, CINQUANT’ANNI DI RIMPIANTO

Quella mattina l’aspettavano sul set di un carosello per la birra Asso, lui che della réclame era una star e aveva fatto pure quella della pasticca del Re Sole; la sua partner doveva essere Anita Ekberg, la bionda platinée che pareva uscita da una sua canzone e qualche sera dopo avrebbe brillato nella prima proiezione ufficiale della Dolce vita di Fellini. Ma Fred Buscaglione a Cinecittà non arrivò mai, perché poco prima dell’appuntamento la sua Ford Thunderbird rosa si schiantò contro il muro di Villa Taverna. Lo portarono agonizzante su un bus della linea 90 e in quella morte tra spider e mezzo pubblico c’è tutto di lui, i fasti da divo Anni 60 e la normalità un’Italietta provinciale ma di talento, che guarda all’America ma pensa al concreto.
A cinquant’anni da un’uscita di scena memorabile e precoce (Fred di anni ne aveva appena 39, era il 3 febbraio 1960), un libro di Giancarlo Susanna in uscita da Arcana celebra la parabola fulminante di Buscaglione Ferdinando, detto Fred ma prima ancora Nando ”d piassa Cavour, torinese del ”21, figlio d’imbianchino, in gioventù fattorino, pellettiere, apprendista odontotecnico. Ma soprattutto «ragazzo scimmia del jazz», per dirla con Paolo Conte, violinista educato al Conservatorio (e lo strumento lo chiamava affettuosamente «il fedele merluzzo»), creatore con l’amico fraterno Leo Chiosso di impagabili «criminal song», più brevi film che canzonette in senso stretto, da Eri piccola a Teresa non sparare, da Che bambola! (un milione di copie nel ”56) a Guarda che luna, popolate di mammiferi di lusso alla Lauren Bacall.
Breve e formidabile la sua storia, fra le notti swingate al Reposi e al Gran Caffè Ligure, l’esperienza sotto le armi della prima radio libera italiana, e cioè Radio Sardegna, il matrimonio con una donna che pare un archetipo del sogno erotico maschile, la contorsionista marocchina Fatima Ben Embarek del Trio Robin’s, mai tradita, sempre amata, perduta al culmine del successo ma pronta alla riconciliazione, pare, poco prima della fine. Eppure l’autore di Nientepopodimeno che... Fred Buscaglione! non ha scelto la via classica della biografia, «già battuta brillantemente da altri, per esempio Il grande Fred di Maurizio Ternavasio», preferendo una «lettura personale, un’ipotesi che racchiude Buscaglione fra quegli italiani che s’innamorarono di un’America mai esperita direttamente, ma non cedettero a un’acritica colonizzazione culturale e seppero interpretarla con ironia». Siamo dalle parti di Renato Carosone, epoca Tu vuo fa’ l’americano e del Sordi di Nando Mericoni: ma anche di un personaggio purtroppo dimenticato come Natalino Otto, che esportava sotto mentite spoglie la «musica negroide» invisa al regime e la faceva amare ai ragazzi in guerra, sulla scorta di Luigi Braccioforte (Louis Armstrong, che credevate?) e delle sue Tristezze di San Luigi (Saint Louis Blues, ovviamente). Sullo sfondo l’ombra di due altri piemontesi perdutamente innamorati dell’America: Pavese e Fenoglio.
Ne affiora un mondo splendido e un po’ ammaccato, fatto di trii Pastiglia e band Asternovas, di appuntamenti col destino in luoghi che si chiamano «Le grotte del piccione» e stracotti al barolo divorati con cupidigia nelle trattorie sul Po. Alle canzoni firmate in coppia con Leo Chiosso («Non potevano fare a meno l’uno dell’altro», dice Susanna) è dedicata un’ampia sezione e lì si capisce che non si tratta soltanto di simpatiche filastrocche, ma di piccole opere ben congegnate, con uso accorto dell’onomatopea e del pastiche. C’è Porfirio Villarosa che faceva el manoval alla Viscosa, Buck la Pasta e i fratelli Bolivar. Ci sono soprattutto le pupe, spesso con la pistola spianata o la sigaretta accesa, sorelline autarchiche delle dark ladies hollywoodiane e sempre, dice Susanna, «molto avvenenti e superiori all’uomo. Fred finisce regolarmente male, nel migliore dei casi preso in giro dalle donne tutte curve di cui fatalmente s’ innamora».
Molto del rock demenziale deriva direttamente da lui. Vinicio Capossela e i Diaframma ne riconoscono l’eredità, ma anche nel Roxy Bar di Vasco e in Certe notti del Liga c’è una buona dose di Buscaglione. Proliferano su MySpace anche le band che gli fanno omaggio, come i Noi duri. Susanna non può fare a meno di chiedersi dove sarebbe andato a parare Fred se quella notte maledetta la Thunderbird non l’avesse ucciso. «Qualche indizio mi suggerisce che del gangster dal cuore tenero si stesse stancando e volesse far emergere una sua parte più malinconica, quella di Guarda che luna». Chiosso fece fatica a riprendersi, ma poi scrisse altri pezzi bellissimi. E nella parodia del maschio sbruffone di Parole, parole, parole c’è un bel po’ della pupa vincente di Buscaglione.
Egle Santolini