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 2010  gennaio 27 Mercoledì calendario

1923: MUSSOLINI E CORF L’ELEFANTE E LA PORCELLANA

Nella sua risposta sulle relazioni fra Italia e Inghilterra lei menziona l’«avventurosa operazione di Corfù contro la Grecia» compiuta dal governo Mussolini. Potrebbe descrivere la vicenda e in particolare gli antecedenti, ossia l’«affare Tellini»? Visto che nella storiografia italiana’ a differenza di quella greca e quella albanese che sono in materia univoche, nonché antitetiche – circolano diverse ipotesi (compresa quella che io trovo la più allucinante e che tira in ballo lo stesso Mussolini, in cerca di un pretesto per invadere la Grecia), mi interesserebbe conoscere la sua opinione. Le anticipo la mia (ovviamente, di parte, essendo io albanese) su Tellini. Era un militare con grande senso dell’onore e del dovere, caduto in missione diplomatica internazionale di pace per conto della Società delle Nazioni, un figlio di cui l’Italia dovrebbe andare fiera e additarlo alle giovani generazioni.
Ritvan Shehi, Roma
Caro Shehi, il generale Enrico Tellini fu ucciso con quattro collaboratori il 27 agosto 1923 mentre lavorava con un incarico internazionale a delineare i confini tra Grecia e Albania. L’aggressione ebbe luogo in territorio greco, ma l’assassinio fu una provocazione che avrebbe potuto portare indifferentemente la firma albanese e quella greca. La tesi secondo cui l’incidente sarebbe stato architettato da Mussolini appartiene all’inesauribile repertorio delle fantasie dietrologiche nazionali e non merita risposta. certamente vero tuttavia che Mussolini si servì dell’uccisione di Tellini per aprire una partita con la Grecia che avrebbe dovuto concludersi con l’annessione dell’isola di Corfù.
Il capo del fascismo era andato al potere, nell’ottobre del 1922, dopo avere proclamato agli italiani e al mondo che il suo governo avrebbe fatto una politica revanscista e riparato i torti patiti all’epoca dei trattati di pace. Ma non appena ebbe messo piede a Palazzo Chigi, dovette misurarsi con un uomo intelligente, esperto e dotato di grande buon senso. Si chiamava Salvatore Contarini, era nato a Palermo nel 1867, era divenuto segretario generale del ministero degli Esteri nel 1920 ed era stato tra l’altro il principale collaboratore di Giovanni Giolitti e Carlo Sforza quando l’Italia, con il Trattato di Rapallo, si accordò con la Jugoslavia per la soluzione del problema di Fiume.
Deciso a evitare che Mussolini si comportasse come il proverbiale elefante in un negozio di porcellana, Contarini ne divenne il tutore e cominciò per quanto possibile a sgrossarlo. Per qualche mese le cose andarono piuttosto bene. Il nuovo presidente-ministro mandò telegrammi cordiali ai suoi colleghi europei, ammonì i fascisti di Fiume a starsene tranquilli e nominò un ambasciatore a Washington (il principe don Gelasio Caetani) che incontrava i favori dell’alta società romana. Ma quando Tellini e i suoi collaboratori vennero barbaramente massacrati, Mussolini non poté più tenere a bada i suoi spiriti revanscisti. Dette ordine alla flotta di bombardare e occupare Corfù, ordinò alla Grecia di presentare scuse formali, chiese un grosso indennizzo (50 milioni di allora). Ma il bombardamento fece vittime innocenti e scandalizzò l’opinione pubblica europea, mentre la Gran Bretagna, dal canto suo, fece capire che l’occupazione di Corfù non sarebbe stata tollerata. Fu quello il momento in cui Paolo Emilio Thaon di Revel, duca del Mare e ministro della Marina, scrisse al presidente del Consiglio che lo stato delle nostre difese tirreniche rendeva del tutto sconsigliabile uno scontro con la Gran Bretagna. Mentre Contarini lavorava a incollare i cocci della porcellana rotta da Mussolini, le forze italiane lasciarono Corfù.
Sergio Romano