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 2010  gennaio 27 Mercoledì calendario

LEONARDO ALL’ASTA PER VOCEARANCIO


La Belle Ferronnière, noto anche come Ritratto di dama, dipinto a olio su tavola di 63x45 cm, realizzato da Leonardo da Vinci tra il 1489 e il 1490. L’opera si trova al Louvre di Parigi.

Giovedì 28 gennaio Sotheby’s metterà all’asta a New York una copia del Ritratto di dama, di proprietà della famiglia Hahn. Il quadro, diventato famoso nel tempo come il Leonardo americano, è stato al centro di una disputa legale che fino a giorni nostri ne ha messo in dubbio l’autenticità e ha finito per sovvertire i metodi stessi della critica. L’opera è stimata tra i 300 e i 500mila dollari.

Harry e Andrée Hahn, una modesta coppia del Kansas, ricevettero il quadro in dono nel 1919 come regalo di nozze dall’aristocratica zia francese di Andrèe, Louise de Montaut che li assicurò che quello era l’originale di Leonardo: «Quello esposto al Louvre è solo una copia».

Il dipinto fu considerato autentico dal mercante d’arte di Kansas City Conrad Hug che ne sponsorizzò l’acquisto al presidente del Kansas City Art Institute. Nel febbraio 1920 sembrò che l’affare fosse chiuso per 225mila dollari, ma nel giugno 1920 il New York Times pubblicò un’intervista al re degli antiquari Joseph Duveen che, senza aver visto il quadro dal vivo, dichiarava che il dipinto era una copia o un falso. La vendita saltò e gli Hahn citarono in giudizio Duveen per 500mila dollari per averli danneggiati dichiarando indebitamente il falso.

L’analisi dei pigmenti, l’uso dei raggi X, la luce ultravioletta o a infrarossi entrarono prepotentemente nel mondo dell’arte anche grazie a questo processo. Fino a quel momento l’autenticazione di un quadro era affidata alla parola dell’esperto: «La connoisseurship - la competenza nell’individuare l’autore di un’opera e riconoscerne l’originalità - era cruciale per conferire al dipinto un nome che le attribuisse un appropriato valore monetario. L’esperienza degli studiosi poteva convivere con le probabilità, le sfumature e le riserve, ma quello che il mercato domandava era la certezza assoluta, l’esattezza delle attribuzioni individuali. Quindi quando gli Hahn, nella loro battaglia contro George Duveen, attaccarono la natura poco scientifica e non esatta delle attribuzioni, non solo del loro quadro, ma degli antichi maestri in generale, infliggevano un duro colpo al moderno sistema di compravendita e collezionismo d’arte» (John Brewer, Ritratto di dama, Rizzoli 2009).

Joseph Duveen, l’uomo che si era autoproclamato il più spettacolare mercante d’arte di tutti i tempi, fece fotografare il quadro e mandò le foto ai maggiori esperti d’arte europei. Tutti gli risposero che quella non poteva essere opera di Leonardo. Il 15 settembre 1923 al Louvre un gruppo di esperti esaminò il quadro accanto all’originale presente nel museo parigino. L’opinione unanime fu che il dipinto degli Hahn non era stato dipinto da Leonardo, mentre il quadro del Louvre era autentico. Ma nella primavera del 1930, dopo che la giuria si dichiarò incapace di deliberare in modo certo sull’autenticità dell’opera, Duveen si accordò con gli Hahn pagando la somma di 60mila dollari, ammettendo che il dipinto era antico ma continuando a sostenere che non fosse opera di Leonardo. Sessantamila dollari al tempo della Grande depressione corrispondono a circa 600mila dollari attuali. Gli Hahn non trovarono più nessuno disposto ad acquistare l’opera.

Leonardo rimase un artista relativamente sconosciuto oltreoceano fino all’inizio del XIX secolo: l’apertura al pubblico delle collezioni reali francesi al Louvre diede visibilità ai suoi quadri, venne prodotto il primo catalogo delle sue opere, Giovanni Battista Venturi pubblicò una collezione dei suoi manoscritti scientifici, fu restaurata L’ultima cena, arrivarono gli elogi di Goethe e Stendhal ecc.

Nel 1879 la National Gallery di Londra comprò la seconda versione della Vergine delle Rocce per 9.000 sterline.

Nel 1914 lo zar di Russia pagò 310.400 sterline per la Madonna Benois.

Il 2009, stando ai dati di Christie’s e Sotheby’s, ha visto un ribasso generalizzato per il mercato dell’arte, con un calo delle quotazioni del 15-20% per gli Old Masters, cioè l’arte antica e del 30-40% per gli Impressionisti e gli artisti del Novecento.

Per Claudia Dwek, co-presidente di Sotheby’s Italia, negli ultimi due anni la crisi economica si è fatta sentire anche nel settore del mercato dell’arte: «Si sono riaffacciati sulla scena collezionisti storici, che hanno prudenza e non vogliono giocare al rialzo. una tempesta felice, che sta ripulendo il mercato dagli eccessi. E soprattutto sta riportando l’attenzione sulle rare occasioni degli Old Masters che arrivano a essere battute. Cioè, detto in soldoni, oggi se devo spendere venti milioni di euro scelgo Raffaello più che Damien Hirst».

L’8 dicembre 2009 da Christie’s è stato venduto per 32,2 milioni di euro Volto di Musa, un disegno di Raffello. il secondo prezzo più alto per un Old Master mai venduto in asta ed è anche il prezzo record per un Raffaello. Fu eseguito intorno al 1510, come studio preparatorio per la figura della terza musa alla destra di Apollo, nell’affresco del Parnaso che decora una delle quattro pareti della Stanza della Segnatura, nell’appartamento di papa Giulio II in Vaticano. Il disegno era l’ultimo dell’artista rinascimentale in mani private, era stimato intorno ai 13-18 milioni e sembra sia stato acquistato dal finanziere americano Leon Blanck.

Il record assoluto per un Old Master (dipinti o disegni) resta La strage degli Innocenti di Rubens venduto a Sotheby’s Londra il 10 luglio 2002 per 49,5 milioni di sterline. Il precedente record per un’opera su carta era Danseuse au repos, pastello di Degas venduto a New York nel novembre 2008 per 37 milioni di dollari.

Secondo Marco Voena, mercante d’arte con galleria a Londra, «i soldi ci sono e l’arte attira ancora, ma la sala è sempre più chirurgica. Le offerte piovono a raffica su capolavori ben conservati, meglio se inediti e rarissimi. Il resto fa fatica. Da sempre il segmento degli Old Masters non è facile: richiede molta prudenza, conoscenze specifiche e grande cultura. Negli ultimi mesi c’è una forte attenzione verso la serietà e la stabilità. Ragion per cui i capolavori dei grandi antichi sono ricercatissimi».

«Domanda: quale di queste tre opere d’arte ha più valore?
1. L’annunciazione di Leonardo, quella recentemente mandata a mangiare sushi a Tokyo e per la quale c’è chi si è incatenato ai pilastri degli Uffizi. 2. Ritratto di Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt. 3) Le sbrodolate di colore, ”dripping” in gergo, N. 5 di Jackson Pollock. Attenzione: quando parlo di valore in questo caso non intendo valore storico o artistico ma banalmente valore economico, quindi prima di rispondere pensateci bene.
La risposta giusta è: la sbrodolatura di Pollock del 1948, recentemente aquistata da un collezionista messicano per una somma di 140 milioni di dollari. Secondo Klimt, venduto a 135 milioni di dollari, terzo Leonardo, fatto partire dall’Italia con un valore assicurativo di circa 133 milioni di dollari. [...] Paradossalmente, le opere d’arte che hanno un maggior valore storico e artistico, quelle nei musei, essendo rimaste fuori dal mercato per così tanto tempo oggi valgono meno delle opere meno importanti degli stessi artisti, che alcuni privati riescono ancora a portarsi a casa. Si potrebbe dire quindi che il mercato sopravvaluta le opere d’arte, mentre la storia dell’arte le sottovaluta» (il critico d’arte Francesco Bonami nel 2007).

Le aste di Sotheby’s e Christie’s sono a ingresso libero e aperte al pubblico. Per poter fare un offerta per un lotto è necessario recarsi personalmente nel luogo dove si svolge l’asta e compilare un modulo (i moduli sono disponibili anche sui siti internet delle due case). Solo in occasioni particolari è possibile partecipare all’asta per telefono.

Nel 1876 a un’asta da Christie’s a Londra fu venduto il Ritratto d’uomo con cappello rosso di Tiziano per 94 sterline. Già nel 1915 fu rivenduto per 50.000, oggi è valutato intorno ai 15 milioni di sterline.

Il Museo del Prado ha rimosso da poco la tela del Colosso di Goya perché non è certa della sua paternità. Sarebbe opera forse di Asensio Julià, allievo di Goya.

Il caso della Madonna dei garofani di Raffaello, acquistato nel 2004 dalla London National Gallery. Di proprietà del duca di Northumberland, per anni era stato considerato una delle tante copie dell’originale perduto. Poi nei primi anni Novanta Nicholas Penny, allora curatore della collezione d’arte del Rinascimento alla National Gallery, sostenne che quello era l’originale di Raffello. Le sue argomentazioni si basavano sulla natura dello schizzo preliminare sottostante rivelato da una riflessografia a raggi infrarossi. La National Gallery organizzò allora un simposio per discutere del dipinto e nel 2004 ne fu approvato l’acquisto per 22 milioni di sterline. Molti critici ancora oggi rimangono scettici sull’autenticità dell’opera.

I principali siti italiani da consultare per essere sempre aggiornati su tutte le aste d’arte in Italia e all’estero e avere quotazioni attendibili sugli artisti e le opere sono Arsvalue.com e Artemotore.com. Specializzato in arte antica e Old Masters è Arteantica.eu.

All’appuntamento da Sotheby’s a New York il 28 gennaio ”Important Old Masters Paintings, including European Works”, oltre al Ritratto di dama di Leonardo è molto atteso anche Jupiter and Antiope dell’olandese Hendrick Goltzius. Rarissimo per tre ragioni: la prima è che Goltzius nacque nel 1558 ma iniziò a dipingere solo nel 1600 e morì 17 anni dopo, lasciando un numero limitato di opere. La seconda è che quest’opera – del 1612 – provocò un’enorme reazione a causa delle sue dimensioni (122178 cm) ma soprattutto per l’evidente erotismo. La terza riguarda la storia: il capolavoro apparteneva ad Abraham Adelsberger, un ebreo tedesco che fu costretto a cederlo al nazista Hermann Göring. In catalogo reca una stima compresa tra gli 8 e i 12 milioni di dollari.

Christie’s ha laciato ormai da tempo un sistema che permette di partecipare in diretta online alle aste, seguendo e potendo rilanciare in tempo reale. Basta andare sul sito della casa d’asta nella sezione dedicata, registrarsi un giorno prima e seguire dal proprio computer lo svolgimento. Questo servizio non è attivo per tutti i lotti.

Marco Riccomini, 48 anni, è capo dipartimento per la pittura antica alla Christie’s Italia. Chi sono i collezionisti di arte antica? «Sicuramente non sono giovani, anche se è paradossale, dato che un dipinto dei Seicento costa proporzionalmente meno di uno moderno». Perché questa differenza? «Innanzitutto perché i quadri antichi non sono quasi mai di moda, poi richiedono uno sforzo culturale e, infine, perché non offrono certezze: l’attribuzione si basa sulla conoscenza degli esperti e può mutare con il tempo. D’altra parte un capolavoro rimane sempre tale ed è in grado di affrontare i periodi critici del mercato passandovi pressochè indenne. Insomma, il settore degli Old Masters rimane sempre un ottimo bene rifugio per i collezionisti che hanno disposizione una corposa liquidità da investire».

Come la Gioconda divenne il quadro più famoso del mondo: «Il 21 agosto 1911, un lunedì, giorno di chiusura dei musei, un giovane pittore e decoratore italiano che lavorava al Louvre, Vincenzo Peruggia, staccò la tela della Gioconda dalla cornice, la nascose sotto il cappotto, e se la portò via. I giornali parigini lamentarono la perdita di un tesoro nazionale, e per settimane riempirono i giornali con ogni aneddoto possibile sulla storia del quadro. [...] Anche il London Illustrated News pubblicò una foto di due pagine a colori del dipinto. La notizia del furto conquistò la prima pagina del New York Times e di altri giornali americani. Presto divenne il soggetto di canzoni, spettacoli di cabaret e perfino di un film. Peruggia fu fermato poi a Firenze nel novembre 1913. Recuperata intonsa, la Gioconda fu esposta davanti ad un’enorme folla agli Uffizi, poi a Roma e infine a Milano (dove il quadro fu visto da circa 60mila persone) prima di esser riportata a Parigi l’ultimo giorno dell’anno» (John Brewer, Ritratto di dama, Rizzoli 2009).

«Finiamo proprio con la Mona Lisa, forse la più sopravvalutata delle opere d’arte, eppure ancora la più famosa. La prima volta che la gente fece la fila per vederla fu quando la rubarono. Davanti allo spazio lasciato vuoto dal ladro si formò una folla. Da allora la fama non del ”capo-lavoro” ma del ”logo-lavoro” di Leonardo è sempre cresciuta. Il suo valore oggi appartiene sì alla storia dell’arte, ma ancora di più al mondo più volgare e pratico del marketing. Sarebbe inutile provare ancora una volta a rubare la Mona Lisa perché la famosa Gioconda non è più un quadro ma una divinità. Quindi non appartiene più alla realtà delle cose ma all’immaginazione collettiva del mondo. Il vero valore delle opere d’arte allora è forse questo: riuscire a diventare di tutti, come Dio, senza mai dover appartenere a nessuno» (Francesco Bonami).