Varie, 27 gennaio 2010
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Lenz Siegfried
• Elk (Polonia) 17 marzo 1926. Scrittore. Nel 2010 ha vinto il ”Premio Internazionale Nonino” • «[...] Nato a Lyck (oggi Elk, un piccolo paese della Prussia orientale divenuto alla fine della Seconda guerra mondiale terra polacca) [...] noto in Germania dai primi anni Sessanta, è una figura periferica nel dibattito culturale contemporaneo. Amato più dai lettori che dalla critica ma unanimemente apprezzato per la statura morale e le battaglie civili, fu dall’amico Günter Grass, di cui condivise la militanza culturale nel partito socialdemocratico e il sostegno alla Ostpolitik di Willy Brandt, addirittura proposto per la presidenza della Repubblica. Meno unanime, tuttavia, è il giudizio sulla sua statura di artista. In questo senso non possiamo lamentarci troppo se egli, a differenza del ben più celebre Jacob Lenz, il contemporaneo di Goethe, è assente da una ricchissima opera di consultazione come il Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi, e se vanta poche traduzioni nella nostra lingua: un paio di romanzi per Neri Pozza e alcuni racconti pubblicati da case editrici scolastiche. Anche in Germania, del resto, il carattere pedagogico, per non dire edificante, della sua produzione ne fa un autore assai ricercato dalle antologie. Lenz visse appieno la tragedia dei giovani tedeschi della sua generazione. In base ai documenti conservati nell’Archivio federale di Berlino, sarebbe stato iscritto al Partito nazionalsocialista tedesco dal 12 luglio 1943, anche se dichiarò di essere stato registrato a sua insaputa. Il fatto, in sé, non è determinante, poiché egli condivise senza dubbio con gli altri ventenni ”normali” della Germania prima l’entusiasmo per il regime, poi l’atroce crollo di quelle certezze causato dalla sconfitta e dalla traumatica rivelazione dei crimini commessi dal popolo tedesco e dai suoi eserciti. Arruolato in marina, disertò verso la fine della guerra per approdare in un campo di prigionia britannico. Nel 1950-51 fu redattore del quotidiano amburghese ”Die Welt”. Accolto nel Gruppo 47 (i giovani scrittori, decisi a fare i conti con il passato, che si raccolsero per la prima volta nel settembre 1947) insieme a intellettuali più brillanti e dotati di lui, come Hans Magnus Enzensberger, Günter Grass, Heinrich Böll, Martin Walser, pubblicò il primo romanzo, Habichte in der Luft (Sparvieri nell’aria), nel 1951, ed ebbe il primo trionfale successo nel 1968 con Deutschstunde ( Lezione di tedesco): un bestseller. Al romanzo, tradotto per Neri Pozza da Luisa Coeta, Ursula Arese Isselstein dedicò un brillante saggio nel volume Einaudi, Il romanzo tedesco del Novecento (1973). Riconosciuti i suoi pregi – scorrevolezza, capacità costruttiva, un notevole talento ”nelle descrizioni di paesaggi e situazioni, spesso magistrale nei dialoghi” – la studiosa denuncia però l’eccessivo pedagogismo e un uso delle metafore ”che può procurare un senso di fastidio”. Siamo nel 1953. Siggi, il giovane protagonista, è in riformatorio e gli viene assegnato il compito di scrivere un tema su ”Le gioie del dovere”. Sarà lo spunto, dapprima subìto, poi svolto con partecipazione, per fare i conti con il passato nazista del padre, poliziotto in un piccolo paese del Nord, che aveva perseguitato un pittore ”degenerato” (secondo i nazisti) che fino a poco tempo prima era stato suo amico. Il romanzo, citato anche nella motivazione del ”Premio Nonino”, è tuttavia secondo la Isselstein un’occasione mancata, poiché delinea ”una cura relativamente indolore del trauma tedesco”, tracciando di quel passato un quadro che sfiora l’idillio. ” tutta brava gente: un intraprendente oste che di nascosto ascolta trasmissioni radio nemiche, un contadino dal cuore tenero, un guardacaccia che impreca apertamente contro i nazisti”, e via di questo passo. Forse proprio per questo il romanzo, aspramente criticato da molti critici, ebbe un così grande successo in Germania. Lo stesso Lenz ammise che il romanzo forse conquistò i lettori ”non grazie, ma nonostante l’argomento”. ”Compito dello scrittore – disse Lenz – è non tacere”: questo fece tutta la vita e questo gli viene da tutti riconosciuto. ”Moralista preciso e amaro” lo definisce Ladislao Mittner, che gli dedica poi un elogio a doppio taglio: ”Fra gli scrittori di oggi il solo sempre serio e veramente serio, Lenz sa ciò che vuol dire e sa come lo deve dire. Per questo non delude mai il lettore, neppure nelle opere meno riuscite”. Ironia e sarcasmo sono però, nella denuncia, molto più efficaci della serietà» (Andrea Casalegno, ”Il Sole-24 Ore” 24/1/2010).