Guido Olimpio, Corriere della Sera 25/01/2010, 25 gennaio 2010
DRONI (E INFILTRATI) PER LA CACCIA AL CALIFFO
Non sono scuse ma dati su cui riflettere. Gli israeliani per catturare il gerarca nazista Eichmann ci hanno messo 15 anni. L’Fbi per mettere le manette all’attentatore solitario Unabomber ha impiegato 17 anni. Ad Osama danno la caccia – più o meno – dal 1998 e dunque per battere il record deve restare nascosto ancora per un po’. Sempre che sia vivo.
La forza di Bin Laden risiede nella semplicità dei sistemi impiegati per nascondersi. una preda scaltra, che usa il territorio – aspro – a suo vantaggio, evitando di lasciare la minima traccia e sfruttando rapporti invisibili quanto tenaci. L’esatto contrario di chi lo insegue. Tecnologia sofisticata, velivoli senza pilota, satelliti spia e microchip che guidano imissili. In più una taglia generosa – 25 milioni di dollari – che per ora non è riuscita a spezzare l’omertà.
Osama’ raccontano fonti diverse’ simuove di rado, accompagnato da non più di 20 uomini, ribattezzati con enfasi «la guardia nera». Quando raggiunge un villaggio, offre denaro «per pregare» al capo locale (un modo per non offenderlo) e firma così una polizza sulla vita. il
pashtounwali, il codice d’onore dei pashtun, in vigore lungo il confine afghano-pachistano e in base al quale l’ospitalità è sacra. Altra regola d’oro – aggiungono specialisti statunitensi – è la rinuncia a sistemi di comunicazione: telefoni satellitari, radio, computer sarebbero banditi. I messaggi passano di voce in voce. Questo spiegherebbe perché gli interventi sono così rari e brevi. C’è poi lo scudo militare garantito dal clan Haqqani e dai ribelli di Ilyas Kashmiri: sarebbero loro le vere sentinelle. Temute perché conoscono bene gli americani – gli Haqqani hanno lavorato con la Cia contro i sovietici’ e ottimi conoscitori del terreno. Nonostante lo scudo dei tre «cerchi» – i legami tribali, il silenzio radio e i clan – Osama sarebbe stato visto nella valle di Shawal, in Nord Waziristan. Altri lo hanno segnalato nel Bajaur. Per alcuni la seconda ipotesi è la più credibile. una regione inaccessibile, con scarsa presenza di persone che potrebbero dare notizie utili. la terra selvaggia dove Kipling ha ambientato l’affascinante storia de L’uomo che volle
farsi re. Esponenti dei servizi pachistani suggeriscono un’ipotesi alternativa: è in una città. Con un corollario aggiunto da osservatori Usa, pronti a scommettere su Karachi o Quetta, data la presenza di islamisti e l’alta densità.
Di recente il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, ha ammesso che informazioni di intelligence buone su Osama sono vecchie «di anni». Ma questo, ovviamente, non ha fermato le ricerche. Nell’ultimo hanno la Cia ha portato a 700 gli agenti in Afghanistan, più un numero considerevole in Pakistan. Lungo il confine sono state aperte numerose «stazioni» dove 007 freschi di scuola sono stati affiancati dai veterani. Alcuni di loro li hanno richiamati dalla pensione per formare un’unità conosciuta come «The cadre». In territorio pachistano, al Passo di Boroghil, hanno creato una base che interagisce con quelle sul lato afghano. Lo scopo è quello di coordinare gli attacchi dei droni, i velivoli senza pilota capaci di stare per ore in missione, armati di videocamere e missili. Li guidano da basi in Gran Bretagna e Nevada (dove siamo stati). Vedono tutto o quasi tutto. Dati che però vanno poi interpretati.
I Predator e i Reaper hanno la funzione del martello. Dal 2009 hanno già condotto oltre 100 missioni contro obiettivi qaedisti: il 90% delle azioni si è concentrato in Waziristan, un indizio dei sospetti della Cia. Attività che non è solo elettronica. Anche i riluttanti servizi pachistani e quelli di alcuni paesi arabi collaborano fornendo delle «talpe». Sono loro a passare le informazioni alle «stazioni» Cia e, a volte, a sistemare cimici’ costo 20 euro’ che rendono più preciso il tiro degli aerei. Gli americani sostengono di aver eliminato dal 2008 15 alti dirigenti di Al Qaeda e 16 quadri intermedi. Oltre 500 le persone vittime delle incursioni, in una buona parte terroristi ma anche civili innocenti. Le incursioni dei droni hanno un duplice scopo: mettere sotto pressione gli «ufficiali», che invece di complottare devono badare a restare in vita; costringere i leader a fare una mossa sbagliata.
Rispetto al passato, l’intelligence giura che c’è maggiore determinazione. A Washington vogliono evitare gli errori del 2001, quando Osama sfuggì a Tora Bora, e del 2006 con l’operazione Cannonball, segnata da indecisioni. Per i critici la partita resta complessa. Il disastro di Khost (fine dicembre) con un intero team della Cia spazzato via da un informatore giordano al servizio dei qaedisti è la prova di come sia pericoloso fidarsi. Senza infiltrati è impensabile riuscire a scovare «Htv 1», tre lettere e un numero che stanno per « high target value », il bersaglio di alto valore, Osama. Il traditore giordano, Balawi, per ottenere un incontro ha sostenuto di sapere dove fosse «Htv 2», ossia Ayman Al Zawahiri. Era una trappola, una manovra da contro-intelligence. Un segnale che la preda non solo si nasconde ma ha artigli affilati.
Guido Olimpio