Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 24/01/2010, 24 gennaio 2010
I DIALETTI DELLA CALABRIA UN PONTE TRA MONACO E REGGIO
Mio padre, ingegnere e scrittore, di 92 anni, si è dedicato negli ultimi 5 anni a un’opera pesantissima sul dialetto reggino (di Reggio Calabria). Ha pubblicato, in parte a sue spese, presso l’editore Iriti di Campo Calabro una prima e una seconda edizione ampliata che prosegue l’opera di uno studioso tedesco. Ora è soddisfatto, ma io sono un po’ avvilita: a un lavoro di questo genere, oltre la soddisfazione personale, vorrei che si desse qualche riconoscimento.
Serenella La Face
lucys299@gmail.com
Cara Signora, per apprezzare il lavoro di suo padre occorrerebbe la conoscenza approfondita di una materia in cui sono soltanto orecchiante. Ma ho avuto la fortuna di passare una intera serata con lo studioso tedesco citato nella sua lettera e mi è parso che il miglior modo per onorare l’opera di Giuseppe La Face sia quello di ricordare contemporaneamente l’uomo che ha maggiormente contribuito alla conoscenza dei dialetti dell’Italia del sud, con particolare riferimento a quelli della Calabria meridionale, della Basilicata e del Salento. Si chiama Gerhard Rohlfs, è nato a Berlino nel 1892 ed è morto a Monaco nel 1986.
L’incontro avvenne nella casa del console generale d’Italia a Monaco nel 1980 o ”81, quando Rohlfs era ormai vicino ai novant’anni. Fu una serata italo-tedesca, ma in modo alquanto diverso da quello degli incontri politici e diplomatici. Il console generale era Luciano Koch, nipote di Gaetano, l’architetto che disegnò alla fine dell’Ottocento il palazzo romano della Banca d’Italia, e lontano discendente di Joseph Anton, un pittore tirolese che arrivò a Roma nel 1794 e divenne rapidamente uno dei maggiori esponenti di quel gruppo d’artisti che andava sotto il nome di Deutsch-Römer. Ne faceva parte anche Thorvaldsen, il grande scultore danese, e il luogo preferito dei loro incontri romani era il Caffè Greco di via Condotti.
Il principale ospite tedesco della serata in casa Koch fu Rohlfs. Ma era per molti aspetti un tedesco anomalo. Si era specializzato in lingue romanze e aveva scoperto, durante uno dei suoi viaggi nell’Italia meridionale, il grico o grecale: un dialetto di origine greca parlato in alcune piccole enclave della Calabria e della Puglia. Quella scoperta accese una fiamma che bruciò per tutta la sua vita. Imparò il grico, ne studiò la struttura, lo confrontò con il greco antico e il greco moderno, ed estese l’area delle sue ricerche ad altri dialetti, soprattutto calabresi e pugliesi. Il risultato di questo lavoro furono, tra l’altro, due vocabolari, di cui uno dedicato alle «tre Calabrie» e l’altro al Salento. Ma scrisse anche un «Vocabolario etimologico della grecità meridionale» e una «Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti». Vi furono anche le contestazioni accademiche di chi riteneva che l’influenza greca su alcuni dialetti dell’Italia meridionale risalisse all’epoca bizantina anziché a quella della Magna Grecia. Ma tutti i maggiori linguisti italiani di quegli anni (Gian Carlo Folena, Bruno Migliorini, Giovanni Nencioni, Alfredo Schiaffini, Tiziano Bolelli) riconobbero la qualità e l’importanza dell’opera di Rohlfs. I calabresi gli furono riconoscenti e il comune di Badolato ha festeggiato i 110 anni della sua nascita dedicandogli il nome della piazza su cui si affacciano le scuole elementari. Ebbe molti onori accademici, ma dopo quella serata trascorsa con lui a Monaco, ho l’impressione che avrebbe apprezzato il gesto di Badolato più di qualsiasi altro tributo. Era un uomo piccolo, apparentemente fragile e modesto. Ma al di là di queste apparenze era un gigante della filologia e della glottologia.
Sergio Romano