Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 24 Domenica calendario

OBAMA CONTRO LE GRANDI BANCHE: LA POLITICA PRENDE IL COMANDO

Costretto dalla sonora sconfitta in Massachusetts, Obama affronta la lobby bancaria Usa e annuncia pezzi importanti delle nuove regole della finanza. Ciò influirà sul lavoro del Financial Stability Board (Fsb), presieduto da Mario Draghi, cui imprime un’accelerazione. Obama vede stringersi gli spazi e non può attendere i tempi necessari a un organo che, come il Fsb, costruisce gradualmente il consenso nel mondo. Gli Usa sono, ancora, il «Paese guida» del capitalismo mondiale; con questa mossa, la politica anticipa la tecnica e prende il comando. Il posto del prudente Geithner, ministro del Tesoro, vacilla: Obama è battagliero, ma sarebbe azzardato scommettere sull’esito della battaglia. Premesso che in questa materia i dettagli sono tutto, vediamo i punti chiave annunciati il 21 gennaio: c’è il divieto di proprietary trading (Pt)’ cioè di assumere rischi in proprio su titoli’ nonché di possedere quote di fondi hedge e di private equity, da parte delle banche, e un tetto più severo alle quote di mercato degli istituti. I nuovi punti si aggiungono a quelli già noti; in specie la tassa sul passivo non costituito da depositi, e la canalizzazione delle operazioni in derivati su mercati regolamentati e dotati di controparti centrali, che garantiscono l’esito di un’operazione, anche se fallisce la controparte. Il divieto del Pt è radicale, ma ha un preciso senso. Come ha detto Mervyn King’ governatore della Bank of England’ un sistema nel quale una banca può scommettere come vuole coi soldi dei depositanti, sapendo che semmai sarà lo Stato a coprire il buco, è indifendibile. La guerra sarà sui dettagli; i legali si scateneranno a delimitare la definizione di Pt, dicendo che il
trading è per i clienti, poi si dovrà limitare il credito bancario a chi in futuro svolgerà le attività vietate, a evitare che il rischio si scarichi comunque sul sistema. L’alternativa era imporre alle banche operanti nel Pt o negli hedge requisiti di capitale più alti, per scoraggiare le scommesse. Era la linea della britannica Fsa, ma sul tema gli europei nicchiavano, anche perché, secondo alcuni, imporre capitali sempre più elevati è come volere bretelle, bottoni e cinghie, e penalizza gli operatori avveduti, che pagano per gli scriteriati. Obama ha rotto gli indugi.
Egli vuol rendere più severa la norma che già limita al 10% la quota di mercato detenibile da ogni banca. Ciò, più che per non far crescere banche troppo grandi per fallire, soprattutto perché non si consolidino ancora le già dominantissime posizioni di JPMorgan Chase, Goldman Sachs, Morgan Stanley e Bank of America, che si sono spartite le spoglie di Bear Stearns e Lehman Brothers: onde, per loro, ancor più potere di mercato, e più profitti. assurdo che il settore bancario e finanziario ingurgiti fra il 30 e il 40% del valore aggiunto di tutte le imprese Usa, come avveniva prima, e come presto avverrà ancora. La finanza serve l’economia, non può divorare un terzo dei suoi margini. La riduzione di quest’indebita appropriazione è il vero obiettivo di Obama: i nuovi divieti dovrebbero indurre i «grandi» a dei break up, cosa difficile in un Paese in cui la finanza, proprio per quei margini, ha così tanto peso politico. I mega bonus sono dovuti ai megaprofitti, e questi alla poca concorrenza: il toro va preso per le corna. Quanto alle proposte già note, il costo della provvista bancaria è abbattuto per la garanzia dello Stato, esplicita per i depositi, implicita per le altre fonti. A meno che non si dichiari la fine di questa garanzia, la tassa sulle passività è giusta. stata «venduta» con motivazioni incoerenti, ma ha il suo perché; va solo messa a punto. Più controverso il futuro della proposta di centralizzare i derivati; con gli scambi bilaterali over the counter le grandi banche guadagnano cifre enormi, cui non vogliono dire addio in nome di trasparenza ed efficienza. Obama, dicono alcuni, combatte la battaglia di ieri, non quella di domani. Sempre meglio che perdere la stessa per due volte di seguito, il che avverrà se nulla cambia. Ogni proposta ha serie controindicazioni, non ci sono bacchette magiche. Servono norme serie, possibilmente uniformi, ognuna in sé criticabile. Sarebbe però inammissibile consentire il ricrearsi delle condizioni nelle quali è maturata la più grave, e geograficamente diffusa, crisi finanziaria dalla rivoluzione industriale a oggi. Obama ha gettato il dado. Da vero politico. Good luck.
Salvatore Brigantini