Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 23/01/2010, 23 gennaio 2010
ISLAM E CRISTIANESIMO IN AFRICA LA GARA DEI MONOTEISMI - I
fatti del mancato attentato sul volo per Detroit a opera di un nigeriano mi inducono a prendere atto di una oramai sempre crescente islamizzazione del continente africano. Come spiega questa conversione di massa di un popolo che fino a qualche decennio fa faceva parte di un cattolicesimo allargato, grazie anche all’opera missionaria della Chiesa e dei suoi sacerdoti? forse colpa di una perdita di credibilità della maggiore confessione del mondo occidentale? O forse la causa è insita in un proselitismo più aggressivo del credo di origine mediorientale?
Ardengo Alebardi sfoggia@ libero.it
Caro Alebardi, nel 2000, un anno prima dell’attacco alle Torri gemelle, le statistiche internazionali segnalavano la presenza nel continente africano di circa 250 milioni di cristiani (cattolici, protestanti, ortodossi, anglicani) e di 315 milioni di musulmani. L’Islam non era diffuso soltanto lungo la costa meridionale del Mediterraneo, ma anche in molte regioni del continente nero. In Nigeria, il Paese da cui proviene il fallito attentatore del volo Amsterdam-Detroit, i cristiani (in maggioranza anglicani) rappresentavano il 40% della popolazione, ma il 50% era musulmano.
L’islamizzazione dell’Africa è un fenomeno antico. I primi missionari furono i mercanti che scendevano lungo le coste dell’Atlantico e dell’Oceano indiano. Uno dei primi centri musulmani fu l’isola di Zanzibar dove i mercanti provenienti dal Nord crearono fra il IX e il X secolo una colonia permanente. Nell’impero del Mali la città di Timbuctu divenne sede di scuole e di istituzioni religiose. In Africa Orientale la conversione fu più lenta anche perché l’Islam si scontrò con l’esistenza di piccoli regni cristiani e dovette rinunciare alla conversione dell’Etiopia. Ma nelle corti dei signori feudali dell’Africa nera il mercante arabo divenne un autorevole consigliere. Sapeva leggere e scrivere, veniva da Paesi che avevano frequenti contatti con il mondo europeo, portava con sé un piccolo tesoro di esperienze e competenze, trasmetteva l’austero messaggio di un solo Dio onnipotente e ineffabile di fronte al quale tutti gli uomini erano egualmente sottomessi. Sappiamo che quello stesso mercante, in molte circostanze, commerciò in carne umana e si dedicò alla tratta degli schiavi. Ma il rigore dell’Islam e le sue pratiche rituali insegnavano uno stile di vita molto più civile e dignitoso di quello che prevaleva nelle società animiste. Poco più di cento anni fa un canonico anglicano disse che l’Islam è una cristianità imperfetta, ma gli riconobbe il merito di avere combattuto con efficacia i peggiori mali del continente nero: cannibalismo, culti diabolici, sacrifici umani, promiscuità sessuale.
Più tardi, nella prima metà del XIX secolo, quando l’Egitto cominciò a creare il suo impero coloniale, l’Islam scese lungo il Nilo e cominciò a convertire, anche se in misura più modesta, le popolazioni dell’Africa Orientale. Mohammed Ali, creatore dell’Egitto moderno, autorizzò i missionari cristiani a esercitare il loro apostolato, ma soltanto presso le popolazioni animiste, e creò così le condizioni per una specie di gara tra i due maggiori monoteismi. Quella a cui assistiamo oggi in Africa non è la vittoria dell’Islam, ma la continuazione di una gara cominciata quasi due secoli fa.
Sergio Romano