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 2010  gennaio 23 Sabato calendario

IL PIANO DEL PREMIER: DARE CASINI A BERSANI

Potesse farlo, Berlusconi andrebbe domani in Puglia per votare Francesco Boccia alle primarie. E non per fare un favore a Massimo D’Alema ma a se stesso, perché la vittoria del candidato democratico su Vendola «consegnerebbe l’Udc alla sinistra», e il premier potrebbe così mettere in atto un piano ad alto rischio, che ha come obiettivo «sbarazzarmi di Casini».
La tesi di Berlusconi: non è un partito, l’80% dei voti lo deve a Pier Ferdinando e al fatto che va sempre in tv
L’obiettivo: sconfiggere in Puglia il «cartello» tra il leader udc e i Democratici
di domani, continua tuttavia a coltivare l’idea, che ha spiegato ai dirigenti del Pdl, munito - come al solito - di una pila così di analisi demoscopiche.
La tesi del Cavaliere è che «l’Udc non è un partito. L’Udc è Casini. Lo dicono i sondaggi». dai suoi amatissimi report che Berlusconi ha estratto il primo dato: «L’80% dei voti che vanno ai centristi sono riconducibili al suo leader». Non si sa se le motivazioni che ha portato sono frutto di quegli studi riservati, è certo che il premier ha giustificato così il risultato del test: «Pier è belloccio, piace alle donne di ogni età, è telegenico. D’altronde va sempre in tv, dove ha lo stesso spazio che abbiamo noi...».
Sembra che per una volta non abbia fatto cenno all’odiatissima «par condicio», ma solo perchè era concentrato sull’analisi dei centristi. E a sostegno della tesi sulla «proprietà» di quei voti da parte di Casini, Berlusconi ha sottolineato come l’Udc continui ad avere risultati costanti, «anche se perde qualche assessore sul territorio». Come a dire che svuotarlo di personale politico locale non porta risultati. Se c’è una costante nei rilevamenti, infatti, è il dato sul «potenziale dei leader»: e il Cavaliere ha notato che Casini produce una «attrazione» verso l’elettorato di gran lunga superiore al suo partito.
Insomma, quei voti sembrerebbero blindati. «Ma non è così», secondo Berlusconi, che cita i suoi sondaggi manco fossero versetti religiosi. La chiave per scardinare l’Udc sta nella composizione del suo elettorato, che è cambiato dopo le Politiche del 2008: oggi un terzo dei voti proviene dall’area del Pd, e continua a guardare verso sinistra; il resto è suddiviso tra chi vorrebbe che il partito rimanesse ancorato «al centro» e chi preferirebbe allearsi con un «nuovo centrodestra».
La cassaforte comunque è rimasta finora intatta, ma a detta del Cavaliere «se l’Udc si alleasse con il Pd perderebbe buona parte dei suoi elettori», calcolati nei sondaggi «attorno al 2%». Ecco il motivo per cui il premier spera in cuor suo che il «laboratorio» pugliese di Casini e D’Alema non salti, e non certo per evitare all’exsegretario dei Ds una drammatica disfatta, ma perchè se i centristi si schierassero con i Democratici libererebbero quel «voto di utilità marginale» che forse tornerebbe utile al Pdl per vincere. Sarebbe un azzardo, che aveva già provato la scorsa settimana con Fini sul Lazio. Il «cofondatore» gli ha risposto picche, e anche all’ Ufficio di presidenza del Pdl si è sentito dire che non era il caso di tagliare i ponti con l’ Udc. Gasparri lo ha fatto con una battuta: «Silvio, immagina se il giorno dopo le elezioni ti chiamasse Obama per complimentarsi del risultato. Si congratulerebbe per la tua vittoria o ti chiederebbe perchè hai dato due assessori a Casini?». Berlusconi si è fatto una risata. In attesa di domani.
Francesco Verderami