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 2010  gennaio 23 Sabato calendario

L’ASCESA DI DIVANI, DA OPERAIO A MANAGER: «NON RIDAREI PIU’ IL BANCOMAT AL SINDACO»

Da Alessandro Natta a Flavio Delbono. Dal monacale e rigoroso ex segretario del Pci, di cui tiene in bella mostra una foto sulla scrivania («Che emozione quella volta sul palco insieme: io, comunista fervente, e lui, un gigante... »), al sindaco-casanova di Bologna («Flavio è un amico vero, ci conosciamo da trent’anni, ogni tanto ce ne andiamo a farci una salsicciata e un bicchiere di vino...»). Un bel salto anche per un tipo sveglio come Mirko Divani, 60 anni, bolognese doc, cresciuto a bandiere rosse e Marx per poi approdare su tutt’altri lidi: manager informatico, un’impresa in salute, tanti amici che contano. E’ lui, baffi e faccia larga, l’uomo del misterioso bancomat che Delbono diede a Cinzia Cracchi, quando tra loro erano ancora rose e fiori, e che ora attizza le curiosità della Procura. Ed è sempre lui che, da imprenditore, si è accaparrato prima nel settore farmaceutico e poi con il Cup (Centro di prenotazioni sanitarie) corposi appalti sui quali ieri la Digos ha deciso di gettare l’occhio, acquisendo carte e documentazione.
Inconfondibile nella vita come sul web (imperdibile la sua foto in canotta sul social network Netlog, mentre sta pasteggiando in un camping), Divani ha inizialmente preso sottogamba, decisamente infastidito, il «Cinzia-gate» e il can-can scoppiato sui giornali. «E’ una barzelletta, uno scandalo sul niente» ha sbuffato quando hanno cominciato a girare le prime voci su quel bancomat un po’ troppo ballerino: intestato a lui, ma poi finito nelle mani di Delbono, che a sua volta l’ha passato all’amata (all’epoca) Cinzia, autorizzandola a prelevare da 600 a 1000 euro al mese. Il fastidio si è però trasformato in un’ombra di preoccupazione quando il pm Morena Plazzi l’ha convocato in Procura, come persona informata dei fatti, per ricostruire meglio il girovagare di quel bancomat zingaresco. A quel punto Divani si è tolto la canotta, si è messo giacca e cravatta e, sfoderando quel piglio da manager che nella vita gli ha permesso di fare il salto da operaio a dirigente fino ad amministratore delegato di una società nel settore delle farmacie, ha provato a spiegare. «Delbono me lo ha chiesto come favore e io gliel’ ho dato. Era il 2004. Non sapevo che fosse finito nelle mani di Cinzia, anzi, quando l’ ho appreso ci sono rimasto anche male...». Il resto della versione si fa più zoppicante. Divani giura di non conoscere quella donna, «l’ avrò vista una volta al massimo», nonostante abbia fatto coppia fissa per almeno 7 anni con il suo grande amico Flavio. E tale era la sua fiducia in Delbono, allora numero due della Regione, da non passargli mai per la testa l’ umana tentazione di chiedergli che uso stesse facendo di quel benedetto bancomat a lui intestato. «Era una questione tra me e Delbono - ha tagliato corto Divani - evidentemente Flavio non voleva dare alla donna la sua scheda, e comunque sono affari nostri...». Un cuore grande, quello di Divani: «Lo dice anche mia moglie - ha spiegato al "Carlino" -, sono troppo buono...». E pure recidivo: «Sì, ne avevo prestato uno ad un amico senza soldi: e quello pensa bene di sbagliare il codice e di farsi mangiare la tessera dalla macchinetta...». Una maledizione, insomma. Stavolta però il bancomat è finito in Procura, e da lì rischia di non schiodarsi. L’ avvocato di Delbono ha fatto sapere che era il sindaco ad alimentare il bancomat nella disponibilità di Cinzia. «Certo - si è accalorato Divani -, noi siamo gente cresciuta alla vecchia maniera, che ci possiamo permettere di fare la morale agli altri, anche se...». Anche se, cosa? «Beh, vista la situazione, non lo ridarei quel bancomat a Flavio...».
Francesco Alberti