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 2010  gennaio 26 Martedì calendario

GRECIA, I BOND VANNO A RUBA

Clamoroso successo per l’emissione di bond a cinque anni lanciata ieri dalla Grecia, operazione chiave nell’ambito della strategia di risanamento della dissestata situazione finanziaria del Paese. Il Tesoro ellenico ha collocato obbligazioni per 8 miliardi di euro, ha pagato circa il 6% e si è trovato una domanda di oltre tre volte superiore la disponibilità. « un segnale importante - spiegano fonti europee -, vuol dire che le misure presentate da Atene vanno nella direzione giusta». Così il verdetto dei mercati appare doppio e rincuorante: lo Stato ellenico non pare una nuova Argentina e, al di là di ogni altra considerazione, a fare la differenza positiva è stata proprio la sua partecipazione al club della moneta unica europea.
Per il primo ministro George Papandreou è una boccata d’ossigeno, forse il punto cruciale della ripartenza. Per l’Europa è l’occasione per un primo e cauto sospiro di sollievo, dopo le pressioni che la crisi dell’economia greca l’ha costretta ad affrontare.
Anche l’euro ne ha beneficiato, tornando a sfiorare quota 1,42 col dollaro. Questo, anche se ieri mattina è spuntato dalla pancia della Commissione Ue un rapporto tecnico in cui si afferma che gli squilibri finanziari in alcuni paesi costituiscono una «ragione di seria preoccupazione per l’intera eurozona». E che la loro situazione appare tale «da poter minare la fiducia nell’euro e mettere in pericolo la coesione nell’Unione monetaria».
Nel documento non ci sono i nomi degli imputati e i prudenti portavoce della Commissione si sono attrezzati per sottolineare che chi parlava di «crisi nell’eurozona» stava enfatizzando troppo la fotografia scattata dai tecnici di Bruxelles. In realtà è chiaro a tutti che la voragine di bilancio che il governo conservatore greco è riuscito a nascondere all’Ue sino allo scorso autunno, insieme con le debolezze portoghesi e irlandesi, ha sollevato una serie di interrogativi sul funzionamento dei controlli in seno al club della moneta unica. «Non ci sono pericoli per la stabilità dell’eurozona», insiste la Commissione. Eppure la rapidità con cui si corre ai ripari per consolidare il coordinamento alimenta la convinzione che non tutto abbia funzionato come avrebbe dovuto.
Lo studio tecnico della discordia, secondo l’interpretazione ufficiale di Bruxelles, analizza «problemi che auspichiamo si possano correggere, per esempio allargando la sorveglianza sugli Stati al di là degli aspetti di bilancio». il bicchiere mezzo pieno, e poi ai mercati basta sentir parlare della potenzialità di un pericolo per eccitarsi con l’odore del sangue. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha già incaricato la Commissione di scrivere nuove regole comuni, introducendo anche indicatori che vadano oltre il deficit, magari il costo del lavoro e l’indice di produttività.
Il messaggio arrivato dalla Grecia, per una volta, fa sperare bene, ma a due condizioni precise: che si impari dalla lezione di scarsa trasparenza offerta dalla crisi ellenica; e che lo si faccia nel minor tempo possibile.
Marco Zatterin