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 2010  gennaio 26 Martedì calendario

LA PRODUTTIVITA’ DELLA CASSIERA SI MISURA AL WC

No, la pipì no. Mai per più di una volta nel turno. E naturalmente questo vale anche per più corpose deiezioni nemiche, è ovvio, del buon rendimento. Dal 1° febbraio nei punti vendita della Carrefour, la multinazionale francese leader mondiale della grande distribuzione con 40 mila addetti in Italia, il dipendente potrà assentarsi per la «pausa fisiologica» una volta sola per turno, se diventano due dovrà tornare con il certificato medico che attesti e comprovi debolezze vescicali scatenate dal gelo, prostate cocciutamente ipertrofiche, dissenterie amebiche.
La novità è contenuta a pagina 7 del vademecum di undici fogli che la direzione ha inviato a capireparto e capisettore e che, rocambolescamente, è stato intercettato dai lavoratori che ora misurano, con una certa malcelata ansia, i propri intimissimi quotidiani bisogni. Che cosa è accaduto? Che il contratto integrativo è scaduto, non è stato rinnovato, non esiste più. Carrefour ha allora deciso di rivedere le norme di vita interna. Finora ogni lavoratore aveva diritto a dieci minuti per turno di pausa retribuita, in più poteva - visto che a vescica e altro non si comanda – assentarsi per andare in bagno. Doveva – poiché il problema è in particolare alle casse - chiedere al capo la temporanea sostituzione.
Da febbraio niente pausa retribuita: chi si vorrà fermare per un caffè, una sigaretta, una telefonata ai figli dovrà rimanere a fine turno e recuperare i dieci-quindici minuti persi. E andare in bagno una sola volta, pena il dover produrre il certificato. Accadeva nelle fabbriche meccaniche fino agli Anni Sessanta del secolo scorso poi la storia è cambiata e si è arrivati alla libera deiezione in libero stato. Adesso la restaurazione del controllo sulla vescica appare un poco anacronistica persino nei tempi magri e lievemente stitici della recessione mondiale.
Il vademecum - nel quale con sobria e francese eleganza si parla del lavoratore sempre come del «gentile collaboratore» - indica ai capi dei settori una serie di comportamenti. Pensa a tutto e nell’era della flessibilità imperante impone che qui e ora il dipendente, sempre gentile, decida se fino al 31 dicembre del 2010 vorrà o meno utilizzare la pausa di dieci minuti non retribuita. Insomma: lo dica adesso – con preveggenza da Nostradamus - o taccia per sempre. A meno naturalmente di produrre un altro certificato sulle mutate condizioni famigliari che, è ovvio, si devono essere aggravate sensibilmente. Durante la pausa poi non potrà uscire dal supermercato e neppure fare la spesa. Ino ogni caso mai acquistare un pacco di latte con la divisa addosso.
Sul documento da un parere sconfortato il sindacalista della Filcams Cgil, Luca Sanna. Non ha dubbi: «Incredibile. Sembra finto». Ma non basta. Si domanda: «Come è possibile controllare i bisogni fisiologici? Come è possibile decidere ora quando fare le pause? Come è possibile pretenderne il recupero a fine turno sapendo che moltissimi dipendenti, quasi tutti, per vivere fanno due lavori: uno part-time al Carrefour e un altro altrove. Schizzano da un posto all’altro sempre di corsa. E devono fermarsi a fine turno per poter bere un caffè o fare pipì? Una follia». E ricorda: «Sono 1500 all’anno gli euro che ogni lavoratore perde dopo che l’integrativo è saltato e adesso anche queste vessazioni a cui opporremo».
Marina Cassi