Isabella Bufacchi, Il Sole-24 Ore 26/1/2010; Maximilian Cellino, Il Sole-24 Ore 26/1/2010;, 26 gennaio 2010
ATENE SUPERA L’ESAME DEL MERCATO
Dopo aver trascinato il mercato dei titoli di stato dell’eurozona sull’orlo di una crisi di nervi la scorsa settimana, provocando il peggioramento del rischio-sovrano di tutti gli Stati periferici e persino di un allargamento imbarazzante dello spread della Francia contro i Bund tedeschi, la Grecia ieri ha disinnescato la bomba ad orologeria sulla sua capacità di rimborsare i debiti. Lo ha fatto con una ben riuscita emissione di bond governativi a cinque anni: l’importo è stato aumentato da 5 a 8 miliardi di euro a fronte di una domanda di oltre 25 miliardi e il generoso rendimento offerto (6,2%), ha pagato un margine sul tasso swap e un premio sui vecchi titoli in circolazione decoroso, tenuto conto del contesto incandescente.
L’operazione è scesa in pista con la tecnica del sindacato di collocamento e non con il meccanismo dell’asta che resta più esposto agli umori e malumori della domanda. Il sindacato è stato guidato dalla professionalità con ”mani forti”di Credit Suisse,Deutsche Bank, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Efg, National bank of Greece. Gli 8 miliardi di titoli greci sono stati venduti prevalentemente a investitori istituzionali internazionali, mentre la quota del mercato domestico «è risultata contenuta », hanno fatto sapere fonti vicine alla sindacazione: a dimostrazione che uno Stato membro dell’Unione monetaria con un deficit/Pil al 12,7% e un debito/ Pil proiettato verso quota 120%, con un piano di rientro delle finanze pubbliche incerto e tre rating sotto minaccia di declassamento, può trovare un prezzo sul mercato per raccogliere fondi. Per quanto la tensione corra alta sul filo delle aste e dei collocamenti, e sebbene la volatilità sia estrema e la fiducia molto labile, il debito pubblico nella zona euro è lontano dall’avere problemi seri di finanziamento. Ma guai ad abbassare la guardia. La Grecia ha prima scatenato la crisi e poi ha riparato il danno: ma la crepa è destinata a rimanere in un anno, il 2010, in cui le emissioni lorde dei titoli di Stato a medio-lungo termine in euro si aggireranno attorno a quota 1.000 miliardi contro i 600 miliardi di qualche anno fa. Dopo aver corretto con un sensibile peggioramento il rapporto deficit-Pil e debito-Pil, Atene ha mandato in tilt il mercato nei giorni scorsi mancando un appuntamento im-portante: diversamente da quanto fatto negli anni passati, non ha confermato il programma di emissioni di bond governativi del primo trimestre 2010, solitamente corposo. corsa voce che il Tesoro greco intendesse rinunciare ai collocamenti di gennaio, rinviando a data da destinarsi aste e vendite. I recenti declassamenti di rating di Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch (doppio), l’outlook negativo sulla A2 di Moody’s e la BBB+ di Fitch e il credit watch negative di S&P hanno fatto lievitare il rischio-Grecia.
Ma la strategia di attesa di Atene è stata pericolosa: gli investitori hanno temuto che il Tesoro greco non sarebbe riuscito a collocare titoli a sufficienza per rimborsare i bond in scadenza ad aprile e maggio. Quest’anno le emissioni lorde dei titoli di Stato greci sono previste tra 50 e 53 miliardi.
Nessuno però sul mercato ha scommesso seriamente sul default greco (se così fosse lo spread sui Bund si allargherebbe oltre i 1.000 centesimi), né tantomeno sul fallimento dell’Unione monetaria. A un certo punto però il mercato ha dato segno di non riuscire più a funzionare in maniera efficiente: il rischio-Grecia è esploso sulle scadenze più brevi e lo spread tra i titoli greci decennali e i Bund ha superato il picco toccato nel febbraio 2009 portandosi ben oltre quota 270 centesimi di punto percentuale (2,7%). Come se la Grecia fosse molto più rischiosa della Turchia, che ha rating decisamente più bassi. La proiezione a un anno del rischio sui titoli quinquennali della Grecia ha toccato il 4,5%. E i problemi greci hanno velocemente contagiato gli altri Stati cosiddetti ”periferici” : lo spread contro i Bund si è allargato per Spagna e Portogallo e sulla scia di questi movimenti i BTp hanno visto il gap contro i Bund tedeschi tornare in area 85 centesimi. Persino la Francia (tre rating tripla A) sulla scadenza a dieci anni è salita portandosi a 25 centesimi in più rispetto alla Germania.
Gli investitori avevano bisogno di conferme. E la conferma è arrivata ieri, in un giorno di Borse al rialzo e ritorno dell’appetito per il rischio. Alla fine 8 miliardi al posto di 3: l’offerta è decollataa 375 centesimi (3,75%) sopra il tasso swap ma il collocamento si chiude oggi con uno spread più basso a 350 centesimi. «L’operazione della Grecia è importante: indica che il mercato ha ripreso a funzionare, che se il prezzo è giusto il mercato è aperto anche per grandi somme – ha commentato Ciaran O’Hagan, senior strategist di Société Générale – ma c’è un altro messaggio, altrettanto importante. Che gli stati devono ridurre il deficit-Pil quanto prima e fino a quando non lo faranno avranno bisogno sempre più di banche forti per collocare il debito pubblico». Isabella Bufacchi • LA GRECIA RENDE PI DI BULGARIA E POLONIA - Ieri agli investitori istituzionali, fra qualche settimana anche nelle tasche dei risparmiatori. Il destino dei titoli appena emessi dal governo greco seguirà probabilmente l’iter di sempre, lasciando al popolo retail il dubbio se acquistare o meno il titolo che viene offerto allo sportello o che si vede spuntare sui listini telematici di qualche operatore online.
La tentazione, per la verità, è forte:certo,l’Argentina è una ferita che difficilmente si può rimarginare e in questi giorni sui giornali gli articoli sulle traversie di Atene abbondano, ma a qualcuno titoli come quelli collocati ieri potrebbero anche far gola. In fondo, in questo periodo di tassi ridotti al minimo un’obbligazione in scadenza fra 5 anni al 6% non si trova molto facilmente: di sicuro non restando nell’Eurozona, dove il «porto sicuro» Germania garantisce il 2,31% e anche il BTp di casa nostra – ritenuto molto appetibile sia da istituzionali che da retail – si ferma al 2,84%, neanche la metà dei bond greci. Per scovare rendimenti simili senza scomodare emissioni «esotiche»occorre spostarsi verso l’altra Europa, quella che ambisce a entrare nel circolo della moneta unica.
La Croazia, per esempio, offre lo stesso 5,86% della Grecia (si tratta del titolo scadenza luglio 2015, che sarà poi sostituitocome benchmark dall’emissione di ieri), la Polonia e la Bulgaria addirittura qualche centesimo in meno (5,64% e 5,63%), mentre con Ungheria (7,55%) e Romania (8,11%) si spunta di meglio. Già, ma a quale pericolo? Non certo indifferente, perché se è vero che in questi casi non si agita per il momento lo spettro di un default, vale anche la pena di ricordare che – a differenza della Grecia – i paesi dell’est europeo non godono ancora dell’ombrello protettivo dell’euro. E questo elemento può fare la differenza, non soltanto perché Francoforte può lanciare un salvagente ad Atene (come si aspetta il mondo intero), ma anche perché i titoli di Polonia, Ungheria e simili di cui si parla sopra sono tutti in valuta locale (quelli in euro offrirebbero una remunerazione ben inferiore): chi li acquista si accolla anche il rischio cambio, oltre che quello di un’eventuale insolvenza dell’emittente.
Fin qui si tratta una questione di valore relativo, ovvero di capire dove cogliere occasioni assumendosi comunque rischi. La scelta fra la sicurezza del Bund tedesco (o, perché no, del BTp italiano) e l’azzardo dei titoli ellenici è un’altra storia in cui entra in ballo soprattutto la capacità di accettare forti escursioni, al ribasso e al rialzo, nel portafoglio. Ieri Atene si è infatti aggiudicata la prima battaglia riuscendo a convincere il mercato che la ricerca di fondi per il 2010 non sarà impossibile come temuto, ma la strada verso il definitivo risanamento dei bilanci resta ancora lunga e piena di insidie. Maximilian Cellino