Bruno Gambarotta, La Stampa 23/1/2010, pagina 76, 23 gennaio 2010
IL CONCERTISTA CHE HA SPOSATO L’ORGANO AL CLAVICEMBALO
Torino, coro della chiesa di Santa Pelagia. In un gelido e nebbioso mattino invernale nasce sotto i nostri occhi uno strumento chimera, il claviorgano, costituito da un organo e da un clavicembalo accoppiati insieme. Dopo aver sparso sul pavimento le sue varie componenti, lo sta assemblando il suo ideatore, costruttore, trasportatore, esecutore, insomma il suo profeta, il maestro Claudio Brizi. partito ieri da casa, dal paese di Montefranco, provincia di Terni, guidando il furgone allestito appositamente, con gli scomparti giusti per alloggiare le casse, i bauli, e le varie parti che devono viaggiare dentro apposite imbottiture per non subire danneggiamenti, mille chili in totale.
Ogni pezzo ha la sua storia: il piano armonico del clavicembalo è del Settecento, le canne che riproducono il suono del flautino sono fabbricate con l’oramai introvabile cedro del Libano. Con un aiutante ingaggiato sul posto, il maestro in veste di facchino imbraga con catene i vari blocchi, li sposta sui tre carrelli, li solleva e li incastra al posto giusto. Come un acrobata che oltre a volteggiare sul trapezio, monta e smonta il tendone del suo circo. Tre tastiere, una pedaliera, cinquecento canne d’organo, una ventina di registri; otto ore per accordarlo prima di ogni esecuzione.
Nell’epoca delle tastiere elettroniche capaci di riprodurre tutti i suoni, vale ancora la pena fare tanta fatica? Brizi risponde suonando un brano da un concerto di Vivaldi per violino trascritto da Bach per clavicembalo: un suono potente che avvolge, penetra, scuote, commuove. In effetti Bach è l’autore ideale per questo strumento, ma quattro secoli di repertorio per tastiera sono lì, pronti per una sorprendente rinascita. Il claviorgano può suonare di volta in volta come clavicembalo, come organo e come un doppio strumento: agendo sullo stesso tasto si sovrappongono i due timbri.
Come è nata questa «folle» passione per il claviorgano? Claudio Brizi non ha ancora cinquant’anni e al conservatorio di Cosenza ricopre la cattedra di esecuzione e composizione per organo. Inizia tardi a studiare musica, quando ha già diciannove anni; il suo strumento sarebbe l’organo ma, come camerista, deve esibirsi in giro per il mondo come clavicembalista perché gli organi solitamente si trovano nelle chiese e non nelle sale da concerto.
Quando gli capita di suonare l’organo pensa con nostalgia al clavicembalo ma quando suona il clavicembalo rimpiange l’organo. Così decide di inventare uno strumento che li metta insieme; per scrupolo controlla su Altavista se qualcuno per caso ha avuto la stessa idea e scopre che il claviorgano esiste dal 1400, lo suonarono Lorenzo il Magnifico ed Enrico VIII, conobbe il suo momento di gloria nell’epoca barocca, Händel e Frescobaldi ne erano entusiasti. Come mai il repertorio di musiche dedicate al claviorgano è quasi inesistente? Claudio Brizi spiega che i compositori, quando ancora non esisteva il diritto d’autore, ricavavano il loro guadagno dalla vendita degli spartiti; per allargare al massimo il mercato dei potenziali acquirenti privati indicavano come strumento una generica «tastiera», così chi aveva in casa un clavicembalo e non poteva ancora permettersi un pianoforte era invogliato all’acquisto dell’ultima novità. Quanto al claviorgano, era uno strumento così costoso che solo le corti potevano permetterselo, ma i sovrani non si sognavano di comprare gli spartiti: il compenso per il musicista consisteva nel grande onore di essere ammesso a suonare alla presenza delle teste coronate.
C’è un compositore contemporaneo che potrebbe scrivere musica per claviorgano? Sì, risponde senza esitare Claudio Brizi, l’estone Arvo Pärt. Mentre soddisfa le nostre curiosità, il maestro non smette un solo attimo di accordare il suo strumento e di provare il programma del concerto, che eseguirà in coppia con il grande flautista Giuseppe Nova. Dopo il concerto, raccolti gli ultimi applausi, concesso l’ultimo bis, smonterà la creatura. La mattina dopo caricherà casse, bauli, carrelli, tastiere nel furgone e tornerà a casa. Qui, facendosi aiutare dall’amico barista vicino di casa («il migliore trasportatore di claviorgani»), rimonterà lo strumento nel suo laboratorio per apportare quei miglioramenti che l’ultimo concerto gli ha suggerito.
Il suo claviorgano ha dieci anni di vita e Brizi si è dato il traguardo di altri cinque anni per arrivare ad avere uno strumento perfetto. Con il suo furgone ha già percorso in tutta Europa migliaia di chilometri e i giapponesi, fra i maggiori acquirenti dei venti cd realizzati finora, stanno valutando quanto verrebbe a costare farlo arrivare fino a casa loro. E pensare che, quando ha iniziato a studiare musica, a Claudio Brizi avevano consigliato l’ottavino, che sta nel taschino, ma lui aveva optato per l’organo, pensando che, a differenza dei colleghi, sarebbe stato esentato dal dovere di portarsi dietro lo strumento, ancorché minuscolo...
Bruno Gambarotta