Francesco Piccolo, lཿUnità 25/01/2010, 25 gennaio 2010
CORSIVI
In un paese dove le primarie sono state digerite, si lotta con molta passione e fino ai limiti del consentito per battere l’avversario dello stesso partito; poi ci si compatta dal giorno dopo. Casomai non con allegria, ma con senso del dovere. Si accetta di aver perso e allo stesso tempo si accetta di stare dalla parte di chi ha vinto. Perché le primarie sono fatte tra persone che la pensano allo stesso modo, ma hanno sfumature diverse, sfumature che possono anche diventare diversità sostanziali. Qui non è così. Qui le primarie non sono state affatto digerite, e si cerca di combatterne la fallibilità alzando la posta, allargandole a ogni grado di elezione. Le regionali, le provinciali. Ci saranno presto anche tra aspiranti amministratori di condominio. Ma quanto più piccole si fanno le comunità, tanto più evidente diventa l’ipocrisia. Da noi le primarie dividono, non uniscono. Basta guardare a quello che succede dopo. Gli sconfitti fanno finta di accettare, poi nell’ombra lavorano contro. I vincitori promettono di coinvolgere anche i perdenti per unire il partito, ma poi se ne guardano bene. Più si fa uso di primarie, più si creano divisioni chiare. Il risultato delle coalizioni di centro-sinistra prima e dopo le primarie, è visibile a tutti. Forse perché le primarie si fanno quando i partiti non sanno decidere. Ma con atteggiamento ipocrita si sostiene che questa è la vera democrazia. Non è vero. La vera democrazia bisogna conquistarsela negli anni, non inventarsela con una trovata populistica.