Alberto Bisin, La Stampa 21/1/2010, pagina 1, 21 gennaio 2010
IL CETO MEDIO SFIDA BARACK
Le elezioni per il seggio di Ted Kennedy al Senato americano hanno visto la vittoria del candidato del Partito repubblicano. Il risultato è uno choc per l’amministrazione Obama, anche se non completamente inatteso.
Il voto è importante per ragioni simboliche: il Massachusetts è uno Stato tradizionalmente democratico e il senatore Kennedy, una istituzione della sinistra del partito, aveva detenuto il seggio, senza contendenti, fino alla sua recente morte. Ma è un’altra la ragione simbolica più importante che rende la sconfitta particolarmente cocente per il Presidente: il Massachusetts ha introdotto da alcuni anni un sistema di assicurazione sanitaria (quasi) universale simile a quello che Obama sta chiedendo e il Congresso sta votando per l’intero paese. Molti interpreteranno quindi la vittoria repubblicana come un plebiscito contro la riforma del sistema sanitario federale. Il fatto che il seggio passato ai repubblicani tolga ai democratici la maggioranza necessaria per passare la riforma senza compromessi aiuta questa interpretazione del voto di ieri. Soprattutto perché proprio su questi temi si è basata la campagna elettorale.
Ma il voto in Massachusetts è anche da interpretarsi come un voto di sfiducia nei confronti dell’amministrazione Obama. Una protesta nei confronti dei suoi insuccessi, o meglio dei mancati successi, in campo economico. Prima di tutto, il paese sta uscendo dalla recessione molto lentamente, molto più lentamente di quanto l’amministrazione stessa aveva previsto. La disoccupazione oggi negli Stati Uniti è addirittura superiore a quella che gli economisti della Casa Bianca avevano previsto «nel caso non si fosse attuato alcuno stimolo fiscale». impossibile ancora (sulla base dei dati disponibili) sapere se la recessione fosse peggiore delle previsioni, o se invece gli effetti dello stimolo fiscale siano stati molto inferiori alle attese. Non c’è dubbio però che la spesa pubblica finanziata dallo stimolo sia stata concentrata più su interventi di medio-lungo periodo che non su quei progetti diretti a generare lavoro a breve termine che la giustificavano nella retorica dell’amministrazione. Infine, la decisione di procedere in parallelo con lo stimolo e la riforma della Sanità, anch’essa estremamente costosa in termini di risorse pubbliche, ha acceso quelle aspettative di alte tasse future che tipicamente inducono il settore privato a minore consumo e minori investimenti. Anche questo non aiuta certo una ripresa rapida ed efficiente.
L’immagine del fallimento della politica economica dell’amministrazione è accentuata poi dal fatto che il sistema finanziario è tornato a generare profitti, i banchieri a ricevere bonus milionari, ma il credito concesso dalle banche alle famiglie e alle imprese è ancora molto ridotto. A parte la reazione un po’ populista riguardo ai bonus, il fatto che il mercato del credito appaia relativamente bloccato è un problema vero. anche corretto addurre questo problema alla politica economica dell’amministrazione Obama (e dell’amministrazione Bush precedentemente). Le banche sono restie ad assumere i rischi associati all’estensione di credito perché stanno ancora smaltendo i rischi accumulati fino alla crisi. Il salvataggio delle banche dello scorso anno, a condizioni estremamente favorevoli per gli azionisti, ha permesso loro di evitare di liquidare le perdite. I bilanci gravati da attività in perdita non permettono alle banche di ritornare in quantità sul mercato del credito.
La stessa riforma della sanità, che se dovesse riuscire avrebbe effetti epocali, è mal vista. A destra naturalmente, ma anche a sinistra, presso quella classe media che sperava in un più drastico e diretto intervento pubblico nel mercato della assicurazione sanitaria (quell’«opzione pubblica» che è stata discussa e poi abbandonata dall’amministrazione).
Il voto in Massachussetts credo dimostri che un cambiamento di direzione della politica economica americana sia necessario se i democratici vogliono evitare di perdere il Congresso alle elezioni dell’anno prossimo. Quanto meno Obama è stato avvisato in tempo.
Alberto Bisin