Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 20/01/2010, 20 gennaio 2010
LA CORSA DELLE FABBRICHE SOLARI DI ELETTRICITA’
Gli imprenditori della «green economy» sono tutti d’ accordo: il 2010 sarà l’ anno del «solare alla pugliese». Ma attenzione agli speculatori e agli improvvisatori. «Non conosco un operatore che non lavori in quella regione», racconta Pietro Pacchione, 33 anni, ingegnere meccanico, direttore generale di Green Utility, una società nata a Roma nel 2007 su iniziativa di tre giovani professionisti che, come tanti altri, stanno realizzando un progetto ambizioso: diventare produttori di energia da fonti rinnovabili. La formula sperimentata da Pacchione si appoggia su due pilastri esterni: un solido partner industriale (in questo caso i tedeschi della Solon e l’ azienda italiana Secit, un ramo del gruppo Gesenu); una sponda finanziaria (qui è Orizzonte sgr, società di investimenti promossa dalle Camere di commercio italiane). Ma ci sono anche aziende che tentano l’ avventura con un telaio organizzativo più leggero, come la Phauta Energy, fondata da Michele Giacalone, ingegnere meccanico di 38 anni, da Pordenone. Il terreno d’ elezione è il solare, impianti costruiti con pannelli fotovoltaici e utilizzati non per i consumi energetici di famiglie e imprese (vedi prima puntata dell’ inchiesta, Corriere del 28 dicembre), ma solo e soltanto per produrre e cedere elettricità alla rete pubblica. Con un contratto blindato per 20 anni, sottoscritto dal Gse, il Gestore dei servizi energetici, la società controllata dal ministero dell’ Economia che garantisce il pagamento di un prezzo fisso, 0,40 centesimi in media, per ogni kilowattora immesso nella rete elettrica italiana (è il meccanismo del conto energia introdotto nel 2003). Tommaso Barbetti, dirigente dell’ Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili, 450 associati, sede a Milano) sostiene che «negli ultimi mesi in Italia sono nate centinaia di piccole imprese, sulla scia del "conto energia", specie nel fotovoltaico». Nei giorni scorsi il ministero dello Sviluppo economico ha segnalato che nel 2009 la potenza installata del fotovoltaico è aumentata del 400% (l’ eolico del 35% e le biomasse del 10%). Certo, l’ elettricità effettivamente ricavata dal sole (quindi non il potenziale installato) copre ancora pochi decimali (lo 0,3-0,4%) del fabbisogno nazionale. Tuttavia le cifre non bastano per raccontare la corsa delle imprese italiane verso i terreni incolti nel foggiano, nelle Murge baresi, nel Salento, mentre le altre regioni del Centro-Sud, come Sicilia, Lazio e Abruzzo crescono a un ritmo più lento. Negli ultimi sei mesi la Puglia è passata dal terzo al primo posto in Italia per potenza installata (scavalcando la Lombardia), diventando l’ epicentro della «corrente verde» grazie a una legge regionale (la numero 31 del 2008). Ecco il passaggio chiave della normativa: per installare piccoli impianti, sotto il megawatt di potenza, è sufficiente presentare la «Dia» (Dichiarazione inizio attività) ai comuni, saltando gli uffici regionali. La risposta è garantita entro trenta giorni. Per il «piccolo solare», fratello minore e radicalmente diverso dai grandi impianti come l’ «Archimede» di Enel ed Enea, può bastare anche poco. «Noi siamo partiti lo scorso anno fondando una srl con un capitale di 100mila euro - racconta ancora Giacalone -, avevo messo un po’ di soldi da parte e un po’ mi ha aiutato la famiglia. Mi occupo di fotovoltaico dal 1997, da quando studiavo alla Boston University. Poi, quando ho visto i primi passi del governo nel 2003 ho cominciato a pensare che si poteva fare qualcosa anche in Italia. Ho fatto il giro del Triveneto, finché non ho trovato tre piccoli imprenditori che mi hanno dato fiducia. Ora eccoci pronti a partire». La Phauta Energy di Giacalone e soci ha messo sul piatto 800mila euro e sta trattando con due banche per un finanziamento di 3,1 milioni di euro. Il totale, 3,9 milioni di euro, servirà per costruire un impianto fotovoltaico da 1 megawatt a Muro Leccese, nel Salento. Da quelle parti incrocerà Massimo Vignuda, anche lui friulano di San Daniele, 37 anni, ingegnere elettrotecnico, imprenditore di terza generazione della Giovanni Vignuda Automazioni, fondata nel 1943 da Giovanni, detto «Giovannin Turbino». «Abbiamo quattro centrali idroelettriche in Friuli, costruite tra il 1986 e il 2008 - dice Massimo Vignuda - e ci siamo spostati sul fotovoltaico sulla scia degli incentivi. Abbiamo cominciato piano, mettendo, tra l’ altro, i pannelli su un nostro capannone nel centro storico di San Daniele del Friuli. Poi lo scorso anno abbiamo completato l’ allestimento di due impianti da un megawatt ciascuno a Muro Leccese per conto della Suncarrier, una società tedesca. Ma proprio in questi giorni cominceremo i lavori per un impianto tutto nostro, da 714 kilowatt, a Sanarica, sempre in quella zona del Salento». Anche Vignuda coprirà solo una parte dell’ investimento, circa il 25% dei 2,8 milioni necessari. «Il resto arriverà con un contratto di leasing che stiamo negoziando con alcune banche». E per vent’ anni, grazie alle leggi dello Stato, si garantirà un rendimento che lo stesso imprenditore stima «intorno al 7-8% su uno stanziamento che si ripagherà in 9-10 anni». In realtà il rendimento può essere anche più alto. Giacalone, per esempio, dice che non vorrebbe «scendere sotto il 10%». Soldi sicuri, dunque. Ma anche troppo facili? Oggi nessun investimento finanziario garantito dallo Stato, a cominciare da Bot e Cct, assicura un ritorno così alto. Non è che gli incentivi del governo stanno alimentando una nuova categoria di rentiers, più che di imprenditori innovativi? Sono domande sollevate dagli esperti del settore, come per esempio Alessandro Clerici presidente di Fast (Federazione associazioni scientifiche e tecniche): «L’ energia producibile dal fotovoltaico con la potenza a oggi installata è pari a circa 1 miliardo di kilowattora all’ anno. E verrà pagata con un prelievo di 400 milioni di euro all’ anno sulle bollette della luce, un importo più o meno pari all’ 1,5% del totale del conto elettrico italiano. Non è una cifra esorbitante. Ma se venissero mantenuti gli attuali incentivi e se venissero confermati gli obiettivi di circa 10mila megawatt di fotovoltaico al 2020, sulle bollette verrebbe a pesare una cifra che, a fine percorso, supererebbe i 5 miliardi di euro all’ anno. Lo stesso Gifi (Gruppo industrie fotovoltaiche italiane, ndr), spinto anche dal progresso tecnologico, riconosce la necessità di ridurre gli incentivi, oggi in fase di discussione al ministero dello Sviluppo economico». La crescita delle rinnovabili, in ogni caso, è un costo per lo Stato. In Germania, cioè il Paese leader in Europa nel fotovoltaico, la mano pubblica ha stanziato dal 2000 a oggi circa 35 miliardi di euro. «Nella mia attività mi sono imbattuto molte volte in improvvisatori e aspiranti speculatori, ma questo fenomeno non tocca le aziende specializzate. Si tratta, invece, tipicamente di operatori locali, intermediari, singoli professionisti, i famosi sviluppatori che mettono insieme pezzi di carta senza un vero progetto tecnico» dice Massimo Cavaliere, 42 anni, ingegnere nucleare, direttore generale di 9Ren, società con 120 dipendenti tra Spagna e Italia, proprietaria di una serie di impianti in Puglia per una potenza complessiva di 7 megawatt di potenza. L’ analisi-risposta di Loredana Capone, assessore regionale allo Sviluppo economico e vice presidente della giunta pugliese, parte dalle cifre: «Ad oggi non possiamo parlare di vera speculazione, anche se siamo consapevoli del rischio. Per questo abbiamo fissato regole precise. Diamo più flessibilità burocratica, consentendo che siano i Comuni a decidere il via libera di un impianto sotto il megawatt, ma nello stesso tempo chiediamo che ci siano le necessarie garanzie finanziarie per tutti i progetti. Il risultato? Dal 2007 a oggi abbiamo ricevuto 486 domande per installare complessivamente 3.825 megawatt. Ne abbiamo già archiviate 95, sospese 64. Il prossimo anno ci sarà un salto molto forte, perché nel 2009 abbiamo autorizzato 19 progetti per circa 200 megawatt. Naturalmente stiamo parlando di grandi impianti, in più vanno conteggiati quelli "piccoli" autorizzati dai Comuni. Inoltre abbiamo varato un piano da 200 milioni per finanziare installazione di tetti solari e interventi di risparmio energetico sugli edifici pubblici». Gli imprenditori sono pronti per la «corsa pugliese». «Altro che speculatori - chiude Giacalone - avrei potuto investire in altri modi e starmene a casa. Invece passeremo il 2010 su e giù per la Puglia. Ci sentiamo un’ avanguardia. Molti industriali veneti mi hanno già detto: vediamo che cosa succede. Se va bene verremo anche noi».
Giuseppe Sarcina