Marco Sarti, Il Riformista 21/1/2010, 21 gennaio 2010
I BOND DEL MANCHESTER? MEGLIO LASCIAR PERDERE
Più che un’operazione in grado di sanare il bilancio, sembra l’ultima scommessa di chi ormai ha l’acqua alla gola. Nelle prossime settimane il Manchester United cercherà di piazzare sul mercato 575 milioni di euro in obbligazioni ad alto rendimento (high yeld). L’obiettivo dichiarato è quello di coprire almeno una parte degli 820 milioni di euro di debito che la squadra inglese ha accumulato. Una cifra record. Più o meno il denaro che la Fao ha speso negli ultimi due anni per combattere la fame nel mondo.
Duro il commento del giurista Victor Uckmar: «Ormai si è passato ogni limite - spiega l’ex presidente della Commissione di vigilanza sulle società di calcio -. Oltretutto questo è un settore che, da anni, ha dimostrato l’irrecuperabilità degli investimenti». d’accordo con lui Marco Onado, editorialista del Sole 24Ore e professore di diritto ed economia dei mercati finanziari alla Bocconi: «C’è il rischio che vengano emessi dei titoli molto rischiosi. Certo, non si può intervenire, anche perché dal 2005 il Manchester United non è più quotato in borsa. Ma almeno bisogna esserne consapevoli».
I vertici dei Red Devils, intanto, ostentano tranquillità. Il club sottolinea come la situazione economica della società non sia poi così drammatica. Gli utili sarebbero ancora superiori agli interessi dovuti ai creditori. Ma le banche, più delle rassicurazioni, si aspettano di rivedere i soldi prestati. E così lo United, che per l’operazione si è avvalso dell’aiuto di Jp Morgan e Deutsche Bank, immetterà i bond sul mercato entro la metà di febbraio.
Che i conti dei rossi di Manchester siano più che preoccupanti, in realtà, lo dimostrano le ultime operazioni di mercato. Come la cessione di Cristiano Ronaldo, al Real Madrid per la cifra record di 93 milioni di euro. O come la vendita di Carlos Tevez. L’attaccante argentino, in rotta con il tecnico Sir Alex Ferguson, è stato acquistato pochi mesi fa dal Manchester City. Un’operazione positiva per le casse del club, forse. Ma deleteria sotto l’aspetto tecnico: due giorni fa, lo United ha perso due a uno nella gara di andata della semifinale di Carling Cup dai cugini del City. Autore delle due reti proprio l’ex Red Devil Tevez.
Sui bond, intanto, i dubbi restano. Riuscirà il club a trovare un numero sufficiente di sottoscrittori? Di sicuro non potrà contare sui propri giocatori. Secondo quanto riportato da alcune fonti interne allo spogliatoio, la dirigenza dello United avrebbe chiesto ai calciatori sotto contratto di acquistare pacchetti di obbligazioni da 50 mila sterline (circa 57 mila euro). Garantendo una rendita annua del 7 per cento. La risposta di Rooney e compagni - il campione dello United guadagna oltre 610mila euro al mese - non sarebbe stata positiva. «I giocatori sono confusi - ha spiegato una fonte anonima al quotidiano The Sun - Non riescono a capire come sia possibile che i loro datori di lavoro si rivolgano a loro per avere liquidità. Non sono comunque intenzionati ad investire su chi paga loro lo stipendio».
L’unica possibilità, al momento, sembra quella di abbindolare i tanti tifosi sparsi nel mondo. Gli unici che potrebbero essere disponibili a sottoscrivere le obbligazioni di una società così disastrata. Per fede, più che per un ritorno economico. «Ma dei titoli così rischiosi - avverte però Onado - non dovrebbero essere presentati ai tifosi come un attestato di affetto e vicinanza alla squadra».
L’artefice - meglio, il responsabile - del debito accumulato dal Manchester United, è il presidente Malcolm Glazer. Quando, cinque anni fa, il magnate americano riuscì ad acquistare il club, si indebitò con le banche per circa 910 milioni di euro (offrendo in garanzia la capacità di profitto della stessa società che stava per comprare). A operazione conclusa, così, trasferì il debito sul Manchester United. Un ”leveraged buy out”, che già all’epoca aveva scatenato la reazione furiosa dei tifosi.
Eppure lo United non è l’unica società inglese dai conti dissestati. Tutto il calcio britannico vive una situazione drammatica. I club della Premier League hanno accumulato un debito totale di oltre 3,5 miliardi di euro. L’Arsenal deve restituire alle banche di quasi 350 milioni di euro, il Liverpool (che a breve potrebbe demolire lo storico impianto di Anfield Road per costruire un nuovo stadio da battezzare con il nome di qualche sponsor) circa 250 milioni. David Sullivan e David Gold, i due editori pornografici che due giorni fa hanno ”scippato” il West Ham a Massimo Cellino, hanno già dichiarato un debito di 110 milioni di euro. Tutte società con situazioni finanziarie in bilico. Tranne due: il Manchester City e il Chelsea. Club fortunati che alle spalle hanno ricchi presidenti pronti a mettere mano al portafogli per sanare deficit da oltre 380 milioni di euro (come ha fatto Abramovich qualche settimana fa).
Facile, così, che a breve qualche altro presidente della Premier possa ricorrere all’ipotesi obbligazioni. In Gran Bretagna, negli ultimi anni, sembra essere diventata una mania. E non solo nel calcio. Nei prossimi mesi, l’università di Cambridge potrebbe emettere un bond per raccogliere 350 milioni di euro (necessarie per nuovi progetti accademici). Ma sono pronte al grande passo nel mondo finanziario, anche le chiese Metodiste e Battiste.
Marco Sarti, Il Riformista 21/1/2010