Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 28 Giovedì calendario

I Segreti della puzza Mel Rosenberg è una di quelle persone con cui potreste pentirvi di aver fatto quattro chiacchiere a una festa

I Segreti della puzza Mel Rosenberg è una di quelle persone con cui potreste pentirvi di aver fatto quattro chiacchiere a una festa. "Quando la gente viene a sapere di cosa mi occupo, fa sempre un passo indietro", mi confida. Nonc’è da stupirsi: Rosenberg, che lavora nella facoltà di medicina dell’università di Tei Aviv, è un esperto di alito cattivo. E nessuno vorrebbe trovarsi faccia a faccia con il più grande ricercatore sull’alitosi del pianeta. Diciamo le cose come stanno: la gente puzza. Anche se non avete l’alito cattivo, probabilmente di tanto in tanto vi puzzano le ascelle o magari i piedi. E, anche se non siete disposti ad ammetterlo, tutti scoreggiamo. Se entrate in un bagno qualunque scoprirete quanto tempo, fatica e denaro si dedicano all’eliminazione degli odori corporali. Ma i nostri metodi sono spesso rudimentali. Oltre a lavarci regolarmente, spesso tutto quello che facciamo è cospargerci di profumi. Mascherare e coprire i cattivi odori con altri, più accettabili, va bene, ma oggi esistono strategie più raffinate per intercettare gli odori alla fonte, grazie a persone come Rosenberg e ai suoi colleglli microbiologi. "Probabilmente le sostanze responsabili dei cattivi odori sono appena qualche decina", spiega Rosenberg. "Gli odori sono molto diversi ma hanno tutti una fonte comune: i batteri". Il corpo umano pullula di microbi. Secondo alcune stime ogni persona ne ospita centomila miliardi, che vivono su di noi e dentro di noi. Per loro siamo come un gigantesco buffet. La loro alimentazione spazia dai composti della saliva e del sudore alle valanghe di cellule di pelle morta che disseminiamo ogni giorno. Dai residui di alimenti che ci rimangono in bocca a quella specie di nastro trasportatore di cibo a flusso continuo che è il nostro apparato digerente. Tutto questo banchetto batterico crea cattivi odori. I batteri demoliscono le molecole grandi - le proteine, i grassi e i carboidrati - e le trasformano in altre più piccole perricavame energia. Quando c’è ossigeno a disposizione, i prodotti finali sono anidride carbonica inodore e acqua. Ma quando l’ossigeno scarseggia, come nell’intestino o negli interstizi del corpo, i batteri possono produrre un vasto repertorio di molecole organiche, alcune delle quali puzzano da far spavento. I prodotti più maleodoranti sono quelli che vengono dalla demolizione delle proteine. Tra questi ci sono delle molecole azotate chiamate ammine, che puzzano di ammoniaca, di carne marcia e di cadavere. "Odori fetidi", precisa Rosenberg. Le proteine contengono anche zolfo, che può generare acido solfidrico, un gas che ha il tipico odore delle uova marce. Rosenberg sa tutto. tra i fondatori della Società internazionale per le ricerche sull’alito cattivo, creata nel 1995, ed è direttore responsabile del Journal ofBreath Research. Pur essendo una colonna dell’odorologia, è fiero di aver messo in dubbio quello che definisce "il dogma sessuagenario" sulle cause dell’alito cattivo. I batteri possono essere divisi in due famiglie chiamate gram-positivi e gram-negativi dal nome del medico danese Hans Joachim Christian Gram che inventò la tecnica per classificarli. Negli studi sull’alitosi la maggior parte degli scienziati ritiene che i cattivi siano i gram-negativi. Se questi batteri vengono messi in incubazione in un piattino di saliva, producono "un odore tremendo", spiega Rosenberg. Invece una minestra di saliva di gram-positivi ha un odore molto più simpatico, per cui questi batteri sono considerati innocui. A prova di bacio II gruppo di Rosenberg, però, ha fornito prove del fatto che i gram-positivi potrebbero non essere così puri come si crede. Nel 2002 Nir Sterer, un dottorando che lavora nel suo laboratorio, ha dimostrato che le bocche puzzolenti tendono ad avere elevati livelli di beta-galatossidasi, un enzima prodotto principalmente da batteri gram-positivi. La cosa è sembrata sospetta, perché la beta-galatossidasi demolisce gli zuccheri, mentre è noto che sono le proteine a produrre gli odori più sgradevoli. Ma l’équipe di Rosenberg ha trovato una spiegazione. La maggior parte delle proteine contenute nella saliva sono glicoproteine: molecole di proteine con un rivestimento di zuccheri. L’idea è che più batteri gram-positivi ci sono nella bocca, intenti a triturare zuccheri, più le proteine sottostanti sono esposte ai gram-negativi. L’équipe sta elaborando un test per misurare la beta-galatossidasi chiamato "Si può baciare". Se vorrete verificare la qualità del vostro alito prima di un bacio, potrete sputare discretamente nel congegno: "Se diventa blu, sarà meglio lasciar perdere", spiega Rosenberg. Il test sarà lanciato sul mercato fra un anno e mezzo e confermerà che Rosenberg è il primo imprenditore al mondo capace di fare soldi grazie all’alitosi. Rosenberg ha già al suo attivo un aroma per dentifricio e un puliscilingua brevettato che "riduce al minimo il riflesso faringeo". Inoltre ha creato Dentyl ph, un insolito colluttorio già in vendita in Europa, in Australia e negli Stati Uniti. Rosenberg, infatti, ha scoperto che i batteri, a causa della loro parete cellulare lipidica, possono essere eliminati più facilmente mediante una soluzione oleosa combinata con una acquosa. Per questo ha concepito una soluzione a due fasi che deve essere agitata prima dell’uso. Chiedo a Rosenberg se possiamo capire se ci puzza il fiato alitandoci sul palmo della mano. Naturalmente no, risponde. Forse è questo il motivo per cui circa una persona su cinque soffre regolarmente di alitosi. "La gente se ne va in giro con l’alito puzzolente. Perfino i dentisti. Vai a un congresso di specialisti di alitosi e alla fine ti rendi conto che ad alcuni dei partecipanti puzza l’alito". Un odore forse ancora più temuto dell’alito cattivo è la puzza di sudore delle ascelle. Mentre la maggior parte delle ghiandole sudoripare del nostro corpo secerne un liquido acquoso, le ascelle sono una delle poche zone provviste di ghiandole capaci di produrre una secrezione lattea, più densa, contenente anche lipidi e proteine. Non si sa se questi composti abbiano una funzione. Ma per i batteri che abbiamo sulla pelle il loro ruolo è chiarissimo: è roba che si mangia. I microbi come lo Staphylococcus epidermidis ci vanno a nozze rilasciando composti volatili i cui odori vengono classificati variamente dagli analisti come "rancido", "ca’seoso" e "cipolloso". Dall’inizio del novecento l’arma principale nella lotta contro la puzza delle ascelle è sempre stata l’alluminio. Gli antitraspiranti contengono vari sali di alluminio che, quando vengono applicati alle ascelle, formano dei composti che tappano fisicamente le ghiandole sudoripare. Le ricerche sui nuovi metodi per combattere il sudore ascellare vengono svolte per lo più da socie tà molto discrete, osserva Karl Laden, un biochimico che lavora ad Haifa, in Israele. Laden è un consulente dell’industria cosmetica e, in materia di ascelle puzzolenti, è un’autorità: ha scritto Antiperspirants and deodorants, un libro fondamentale sull’argomento. Le ricerche puntano a combinare i sali di alluminio con gli amidi che sprigionano fragranze oppure a preparare composti capaci di inibire meglio l’attività dei batterii Un nuovo prodotto di Procter & Gamble contiene una molecola a forma di ciambella chiamata beta-ciclodextrina, progettata in modo da intrappolare le molecole maleodoranti all’interno dell’anello. Alluminio tra i piedi II sudore è il problema che affligge anche gli studi sulla puzza di piedi. vero che le piante dei piedi producono un sudore acquoso più che caseoso, ma riescono lo stesso a sprigionare odori terribili. Anche il sudore acquoso contiene sostanze chimiche di cui i batteri possono nutrirsi, in particolare urea e glucosio. Poi ci sono tutte quelle belle cellule morte in libertà, di cui i batteri sono ghiotti. Il vero motivo per cui i piedi puzzano tanto è che marinano nel loro stesso sudore. L’umidità si accumula nei calzini e nelle scarpe, neutralizza il tenore normalmente acido della pelle e consente ai batteri di proliferare. "Tenendoli in un ambiente umido, con ph neutro, offriamo ai batteri un posto accogliente in cui possono moltiplicarsi", spiega Michelle Cullen, podologa all’università di Salford in Gran Bretagna. Di piedi puzzolenti, nella sua carriera, Cullen ne ha visti parecchi. Quando i batteri sono liberi di riprodursi cominciano a consumare le piante dei piedi, provocando un disturbo noto come cheratolisi plantare erosiva. Quella puzza davvero e per curarla bisogna prendere gli antibiotici. Ma nella maggior parte dei casi basta seguire i consigli di Cullen per avere piedi freschi e profumati: cambiare scarpe regolarmente, indossare calzini di tessuto misto, per esempio cotone e poliestere, che eliminano facilmente il sudore e usare anti traspiranti a base di sali d’alluminio. " L’importante è evitare che il sudore ristagni", conclude Cullen. Neanche i piedi con la cheratolisi plantare erosiva riescono a competere con la parte più maleodorante del corpo umano: l’intestino. "I batteri che abbiamo nella pancia fanno cose poco profumate: questa è la realtà con cui dobbiamo fare i conti", constata Glenn Gibson, microbiologo dell’alimentazione all’università di Reading. Gibson mi spiega che il suo laboratorio segue un programma per realizzare un modello del colon umano, cioè della parte inferiore dell’intestino, dove si svolge l’attività batterica più interessante. Il cibo entra dall’alto, i batteri sgasano nel mezzo e alla fine vengono fuori le feci. Quando arrivo al campus di Reading è una bella giornata di sole e sembra un posto troppo bello per immaginare che da qualche parte ci sia una macchina per fabbricare cacca. Il laboratorio di Gibson si trova nel dipartimento per l’alimentazione e le scien ze nutrizionali. Prima che arrivasse lui, mi confida, l’aria era profumata da aromi di formaggio e di pane appena sfornato. "Ora puzza di escrementi e tutto il dipartimento si lamenta", dice. Quel giorno però, in laboratorio c’è solo un deludente odore di mosto perché è in funzione una sola macchina mentre ce ne vogliono diverse per produrre un fetore come si deve. Certi giorni ce ne sono addirittura una ventina in azione simultaneamente. Per essere un apparecchio fabbrica-cacca, la macchina di Gibson sembra una magnifica invenzione. Un recipiente in cima al dispositivo raccoglie una miscela di sostanze nutrienti semidigerite, che colano attraverso tré camere che rappresentano i tré segmenti dell’intestino crasso: il colon ascendente, il colon trasverso e il colon discendente. Il quinto recipiente, posato sul pavimento, è un recipiente in cui si è raccolta una poltiglia marrone. "Quella è la latrina", spiega Gibson. Il modello serve a verificare l’effetto di diversi ingredienti sul prodotto finale del colon. I collaboratori di Gibson li inseriscono nella macchina e analizzano quello che viene fuori, gas compresi. Per questo Gibson è uno dei massimi esperti al mondo in fatto di scoregge, uno dei suoi argomenti preferiti. "La popolazione può essere divisa in due gruppi", spiega, "i puzzoni e gli infiammabili". Tutto dipende da quale tipo di batteri è predominante nei loro intestini. Le persone con batteri solfato-riduttori sono i puzzoni. Infatti producono parecchio acido solfidrico, soprattutto se seguono una dieta ricca di zolfo che comprende uova, pane bianco e vino rosso. Nel campo degli infiammabili ci sono invece quelli che hanno una preponderanza di batteri produttori di metano. Il metano è inodore, ma ha il vantaggio che chi lo produce può "accendere i propri peti", come osserva Gibson. La ricerca di questo laboratorio ha anche risvolti molto seri. Troppo acido solfidrico, infatti, può causare la rettocolite ulcerosa, un disturbo raro ma estremamente antipatico. La squadra di Gibson sta cercando di trovare dei metodi per limitare la proliferazione dei batteri solfato-riduttori, individuando vari probiotici (i batteri "buoni" dell’intestino) e prebiotici, cioè sostanze che favoriscono la crescita dei batteri buoni. Un modo di affrontare il problema è fare in modo che i pazienti che producono acido solfidrico comincino a produrre metano. Oltre ad alleviare la loro colite, questa operazione può rivelarsi una simpatica trovata per gli eventi mondani. L’équipe di Gibson sta investigando anche per capire se probiotici e prebiotici possono favorire i batteri buoni in modo da impedire l’invasione di quelli che provocano alcune intossicazioni alimentari. In particolare sta collaborando con Clasado, la casa farmaceutica che produce un nuovo prebiotico chiamato B-Gos, o galatto-oligosaccaride dei bifidobatteri. A settembre l’équipe di Gibson ha dimostrato che le persone che ne prendono una bustina al giorno cominciando una settimana prima di andare in vacanza sono meno soggette alla diarrea del viaggiatore: solo il 23 per cento si ammala rispetto al 38 per cento di quelli a cui è stato somministrato un placebo. Gibson ammette che in effetti "al mondo non sono molte le persone a cui piace trascorrere la vita rimestando nella merda". Eppure è una fortuna che esistano, cosi come quelle pronte a tuffarsi tra le ascelle, le bocche, i piedi e altre parti maleodoranti del nostro corpo. Anche se sono consapevoli dei benefici che il loro lavoro arreca all’umanità questi scienziati continuano a trovarsi a disagio alle feste. " un campo di studi che fa ridere", dice Gibson. "E mia moglie mi chiede sempre di dire che faccio qualcos’altro". • bt Claire Wilson, New Scientist Flatulenze canine • Un gruppo di ricerca del Waltham centre far pet nutrition di Melton Mowbray, in Gran Bretagna, ha pubblicato un articolo sull’American Journal ofVeterinary Research che illustra il funzionamento di un "acchiappa-scoregge" per cani. Si tratta di una specie di giubbotto salvagente dotato di una pompa speciale che aspira e analizza l’odore delle flatulenze dei cani. Il modello è stato creato per testare gli effetti del Pedigree care flatulence control, un alimento per cani a base di zinco, carbone e jucca che riduce gli odori dei gas intestinali. Cibi diversi, infatti, determinano puzze diverse e per le aziende che producono alimenti per cani è importante poter valutare le caratteristiche di questi odori. Il professor George Fahey dell’università dell’Illinois spiega che i padroni dei cani scelgono di acquistare i cibi in base agli odori che scatenano e in base alla consistenza delle feci. NewScientist