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 2010  gennaio 20 Mercoledì calendario

COME SPENDERE 19 MILIONI SENZA CONTROLLI

Com’è che Giuliano Soria potè ricevere 19 milioni e 361.215,45 euro di contributi pubblici in soli quattro anni e sette mesi, da metà 2004 al 31 gennaio scorso, per non parlare di quanto ebbe in precedenza? In un anno di indagini e di scandalo si è assai detto e scritto del «sistema Soria»: sapeva calamitare risorse pubbliche ministeriali e locali sulla sua girandola di meeting, dai premi ai Nobel, circondato dalla propria corte, alle cene pantagrueliche offerte a tanta bella gente.

Come quella volta, era il 2007, che andò a New York in scelta e numerosa compagnia fondamentalmente per consegnare il Grinzane a Philip Roth che non aveva voluto «scendere» a Torino. Grandi meriti. In Langa ha portato Sepulveda a conoscere funghi e Barolo, aromi e nebbie. Con la Bosè pigiava l’uva. Gli bastava inventare nuove idee letterarie in ogni angolo del mondo e gli veniva dato. Poi stornava e dirottava su altro, anche sul proprio patrimonio, aiutato in quest’opera di furbizia contadina dal fratello dirigente della Regione Piemonte. La Procura di Torino contesta loro 4 milioni e mezzo di malversazione. Fondi pubblici. Gli sprechi non sono entrati nell’inchiesta.
Possibile che nessuno controllasse mai come venisse speso il denaro dei contribuenti dal professor Giuliano Soria? Possibile e i verbali di interrogatorio di tre dirigenti e un funzionario della Regione Piemonte lo confermano.
Il «nucleo di controllo»
«Dal 1998 esiste in Regione una struttura speciale: il controllo di gestione. - dichiara Roberto Salvio al pm Valerio Longi - Francamente, né io né i dipendenti della mia direzione siamo mai stati interpellati da quell’ufficio». Salvio viene convocato in procura il 21 aprile scorso. E’ stato per molti anni il dirigente della Comunicazione istituzionale. Le sue prime risposte paiono rassicuranti: «Data la mia esperienza di responsabile delle relazioni esterne, posso affermare che all’erogazione di un nostro contributo veniva richiesta la presentazione di rendiconti di spesa con documenti giustificativi e fatture, parziali rispetto all’importo complessivo e che generalmente superavano almeno del doppio le somme da noi stanziate. I documenti erano controllati dai competenti uffici. Alle relazioni esterne, la signora Cauda era un vero ”mastino” in questa attività».
Benissimo. Eppure, le righe successive riportano una dichiarazione dello stesso Salvio di tutt’altro segno: «Il sistema dei controlli era oggettivamente debole. Non c’era alcuna disciplina o disposizione specifica che prevedesse particolari verifiche sull’effettivo impiego dei contributi previsti». Salvio non può che parlare del passato, sia pure recente: a fine 2005 va in pensione e lascia la direzione generale della Comunicazione, presso la presidenza della Giunta regionale, al suo successore Roberto Moisio. Lascia anche Angelo Soria nelle funzioni di vicario.
Il vicario
Angelo Soria riversava fondi pubblici sulle iniziative del fratello assegnandole all’Associazione Civiltà dei Territori Letterari o a quella degli Studi Iberici, anch’esse di Giuliano Soria. Ed era pure incline a finanziarle per manifestazioni del Grinzane già svolte. I due altri dirigenti pubblici ammettono con il pm e i colleghi Gabriella Viglione e Stefano Demontis: «Non conoscevamo queste associazioni». Moisio aggiunge: «Tanto io quanto il Presidente (Mercedes Bresso, ndr) abbiamo appreso con stupore da Angelo Soria, su mia sollecitazione, che aveva concesso contributi a varie iniziative evidentemente riconducibili» al Grinzane. Poi la spiegazione: «Del resto, Angelo Soria era persona solita lavorare con il proprio ristretto gruppo di collaboratori, quelli del suo settore». Preciserà poi: «Non mi risulta che vi siano norme specifiche che disciplinino eventuali ipotesi di astensione di dirigenti dall’adozione di provvedimenti che riguardino terze persone comunque in rapporto con loro».
Corte dei conti
Eppure c’era il «nucleo di controllo». Anche al tempo dei Soria. Il 23 aprile scorso, alla sua seconda deposizione in procura come «persona informata dei fatti», Moisio chiarisce: «Il controllo di gestione non si occupa delle spese dei dirigenti. Si occupa di altro. Non funziona come il controllo di gestione in un’azienda in cui si va a verificare come sia stato speso il denaro. C’è un’unità di controllo amministrativo contabile che esamina a campione le determinazioni». Cioè le delibere dirigenziali.
Moisio entra nel dettaglio: «Questa unità di controllo è stata istituita presso il Gabinetto della Presidenza con 6-7 funzionari di varie direzioni. Formalmente la dirigo io, di fatto una funzionaria. La creammo un anno e mezzo fa sulla base di una richiesta della Corte dei Conti». Sui tempi c’è qualche contraddizione rispetto alle dichiarazioni di Salvio. Ma non sull’efficacia del «nucleo di controllo». Dice Moisio: «Il personale impiegato non vi è impegnato a tempo pieno. Parte dell’orario di questi funzionari continua a essere dedicato alle rispettive direzioni. I loro controlli sono limitati».
Zero fatture
Ma le fatture entrano nelle rendicontazioni ai dirigenti dei vari settori? Il 25 aprile, Daniela Formento, a capo della Direzione Cultura, Turismo e Sport, illumina i pm così: «L’erogazione del denaro si effettua previo rendiconto delle attività e una descrizione delle spese sostenute con il contributo regionale, nonché con copia del bilancio certificato dell’associazione». Il dirigente distingue fra procedure per convenzioni triennali e manifestazioni specifiche. Per queste ultime basta «una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con l’elenco delle spese sostenute del numero delle fatture ricevute. Sino al 2003 era prevista la presentazione di copia delle fatture, poi, in applicazione del Dpr 445/2000 si è richiesta solo la dichiarazione....». Per le convenzioni è sufficiente «un’autorelazione».
La funzionaria Elisabetta Todaro, addetta alla liquidazione dei fondi, mette la parola fine: «La nostra ragioneria non vuole ricevere le fatture relative alle varie spese». Si parla naturalmente di associazioni no profit. Com’era il Grinzane.
Alberto Gaino