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 2010  gennaio 18 Lunedì calendario

LA’ SOTTO IL VERO NEMICO E’ LA SETE

Il buio, la paura, il dolore ad un braccio, una gamba o a qualsiasi altra parte del corpo rimasta schiacciata. E, soprattutto, la sete. Una sete invincibile che prevarica il resto e diventa la nemica numero uno per chi cerca di non soccombere alla catastrofe. E’ la disidratazione, alla fine, ad avere la meglio e a portare via con sè tante vittime del terremoto, travolte dalle macerie. «Se ad Haiti a distanza di giorni continuano ad estrarre persone vive è perché abitavano in strutture leggere, fragili, che seppelliscono ma non uccidono»: non si sorprende delle tante storie di ritorno alla luce Gianfranco De Maio, responsabile sanitario di Medici senza Frontiere, neurologo romano, da oltre dieci anni nell’ associazione. Per tre estati ha lavorato a Port-au-Prince, in un pronto soccorso allestito a sud della città, località Martissant, bidonville di 400 mila anime. «Il segreto dei miracolati? Dipende dalla resistenza individuale, dallo stato di salute di partenza e da quanto si riesce a sopportare la mancanza d’ acqua. Per i bambini è ancora più difficile perché il loro sistema di sudorazione è immaturo», dice De Maio, che ripensa alle decine di emergenze affrontate in prima linea. In teoria grandi e piccoli non potrebbero rimanere a corto di liquidi più di 48 ore perché i tessuti oltre questo limite si deteriorano, a cominciare dagli organi più sensibili, reni e fegato. La conseguenza immediata è il blocco renale. Per questo motivo nei primi giorni della catastrofe è necessaria la presenza di nefrologi attrezzati di dialisi portatili. Se piove, chi è sotto le macerie può avere la fortuna di abbeverarsi con l’ acqua di scolo. Ma ora ad Haiti dal cielo non scende una goccia. Le vittime attingono a risorse personali, naturali. Un ruolo protettivo viene svolto dagli ormoni, come l’adrenalina, che oppongono uno scudo fisiologico alla disidratazione innescando il meccanismo del risparmio di acqua. Ecco perché alcuni ce la fanno. Esperienze che però possono lasciare tracce indelebili, durante e dopo, a volte per il resto della vita. Antonio Lo Iacono, presidente dell’ Istituto europeo di psicologia delle emergenze è in attesa dell’ autorizzazione per mandare nell’ isola caraibica straziata dal sisma qualcuno dei suoi volontari: «Io la chiamo memoria del corpo. Bastano una sensazione fisica, un soffio di vento, un rumore particolare per riportarti lì sotto. Superare il trauma fisico e uscirne illesi anche dal punto di vista mentale dipendono in gran parte dal carattere e dalla capacità personale di resistere alle situazioni cruente o al soffocamento», dice lo psicologo. Alessandro Orsini, responsabile del nucleo interregionale cinofilo per l’ Abruzzo dei Vigili del Fuoco, era in via Roma, all’ Aquila, quando uno dei cani da maceria, avvertendo l’ odore attraverso la canna fumaria, segnalò la presenza di una donna sepolta sotto due piani, estratta viva dopo 10 ore di scavi: «La sua collaborazione è stata importante. Noi le parlavamo, lei aiutava i colleghi a individuare la sua posizione, descrivendo cosa vedeva intorno a sè. Era in una bolla d’ aria, protetta dallo scudo formato da una trave. A chi sta sotto, il fatto di partecipare al proprio salvataggio trasmette coraggio. Forza d’ animo e freddezza aiutano».
Margherita De Bac