Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 17 Domenica calendario

GLI ZINGARI IN EUROPA QUANDO ERANO AMATI

Scorrendo le pagine di un suo libro ho avuto modo di conoscere la storia della regina montenegrina Elena e soprattutto ho appreso che in quei tempi gli zingari erano spesso oggetto di curiosità. Vorrei una sua opinione su come si sia arrivati oggi a stravolgere radicalmente questa visione. Giovanni Valletta
airclack@ hotmail.it
Caro Valletta, fino agli inizi del Novecento gli zingari erano un gruppo etnico relativamente omogeneo con stili e tradizioni di vita alquanto diversi da quelli di altri gruppi nazionali. Ma appartenevano a una categoria sociale europea piuttosto diffusa: quella degli artigiani ambulanti che si spostavano da una città all’ altra per aggiustare gli ombrelli, arrotare i coltelli, riparare le pentole. In questa categoria gli zingari erano noti soprattutto come maniscalchi, calderari e per la loro esperienza, nel maneggio dei cavalli. Rispetto agli altri girovaghi avevano tre particolari talenti: erano acrobati, ballerini e musicisti. Come acrobati potevano essere abilissimi ladri, ma anche eccellenti artisti di circo. Come musicisti ebbero una certa influenza sulla musica di alcuni Paesi europei (Spagna, Ungheria, Russia, Boemia), e le loro orchestrine divennero una delle maggiori attrazioni dell’ Europa centro-orientale. Vi fu un lungo periodo durante il quale gli zingari furono considerati una romantica ed esotica decorazione della vita europea. Gli artisti di Parigi si chiamavano bohémiens, dal nome della regione (la Boemia) in cui gli zingari erano particolarmente numerosi. Il «violino tzigano» divenne la principale attrazione di molti ristoranti. Le più note e popolari sigarette francesi si chiamavano Gitanes. Un grande scrittore, Lev Tolstoj, ambientò il primo atto di un suo dramma (Il cadavere vivente) in un cabaret zingaro. E nella trama di alcune famose operette viennesi gli zingari - ora pittoreschi, ora malefici - erano spesso presenti. Piacevano nei Paesi europei, ma anche nei Paesi comunisti e soprattutto nella Russia sovietica. Stalin li costrinse ad abbandonare il vagabondaggio e a diventare operai o contadini, ma autorizzò l’ apertura a Mosca di un Teatro Rom. Negli ultimi anni dell’ Unione Sovietica esistevano orchestre tzigane che venivano affittate per intrattenere gli ospiti di una festa. Conosco almeno due film di Nikita Michalkov, girati prima del crollo dell’ Urss, in cui un’ orchestrina tzigana entusiasma e commuove gli ascoltatori. I guai cominciarono dopo il crollo dei regimi comunisti quando molte aziende anti-economiche delle democrazie popolari dovettero licenziare il loro personale (penso in particolare alla Slovacchia dove gli zingari erano impiegati soprattutto nelle fabbriche d’ armi). Liberi di viaggiare, ricominciarono a girovagare per l’ Europa. Ma l’ economia della società dei consumi ha ormai ridotto il numero dei mestieri ambulanti, il gusto musicale delle popolazioni è cambiato e l’ arte circense è praticata molto meno di quanto accadesse in passato. Restano purtroppo le loro doti peggiori: mendicare e rubare. Ma non possiamo continuare a scaricarli da un Paese all’ altro. Occorre un programma europeo per la loro accoglienza e, soprattutto, costringerli a mandare a scuola i loro figli. dalla scuola dei figli che può cominciare la loro integrazione.
Sergio Romano