Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  gennaio 21 Giovedì calendario

LA GUERRA DEI DRONI

(riassunto) -

Il governo statunitense ha due programmi che prevedono l’uso di droni. Quello militare, di pubblico dominio, riguarda le zone di guerra dell’Afghanistan e dell’Iraq, è diretto contro i nemici delle truppe americane che si trovano in quei paesi e fa parte della strategia di guerra convenzionale. L’altro programma, della Cia, punta a colpire le persone sospettate di terrorismo in tutto il mondo, quindi anche nei paesi in cui non ci sono soldati americani. Avviato dall’amministrazione Bush, secondo John Zarate, che all’epoca era il consulente antiterrorismo della Casa Bianca, è rimasto praticamente identico con l’amministrazione Obama. Il programma è segreto e i servizi si rifiutano di fornire informazioni su chi lo dirige e su quante vittime ha fatto finora e dove.
Secondo uno studio pubbicato di recente dalla New America foundation, da quando Obama è diventato presidente il numero degli attacchi dei droni è aumentato. Durante i primi nove mesi e mezzo del suo mandato, Obama ha autorizzato tanti attacchi aerei in Pakistan quanti ne ha ordinati Bush negli ultimi tre anni della sua presidenza.
In base al diritto internazionale, per poter colpire dei civili sospettati di terrorismo in territorio straniero il governo degli stati uniti deve dichiarare che sono coinvolti nella lotta armata e che l’uso della forza è una "necessità militare". Non ci deve essere alcuna alternativa ragionevole all’omicidio, come per esempio la cattura. Inoltre, per poter essere colpito, un obiettivo deve "partecipare direttamente alle ostilità". L’uso della forza deve essere "proporzionato" alla minaccia. Infiine, il paese straniero in cui ha luogo l’omicidio mirato deve dare la sua autorizzazione. Molti esperti di diritto che hanno studiato il progamma Predator in Pakistan ritengono che queste norme basilari siano state rispettate. Ma sono comunque preoccupati, perché Washington continua ad allargare la definizione di obiettivi importanti.
Decidere chi deve essere eliminato può essere difficile. I metodi della Cia rimangono segreti, ma il Pentagono ha messo a punto delle formule per aiutare i militari a valutare gli obiettivi. «C’è tutta una gerarchia», racconta un importante esperto dell’esercito che preferisce rimanere anonimo. Alcune persone possono essere uccise a vista. Per altre serve un’autorizzazione specifica. Nella valutazione rientra anche il luogo dove si trova la vittima. Gli israeliani, che compiono attacchi con i droni nei Territori palestinesi, per individuare gli obettivi usano un metodo che, almeno in teoria, è ancora più rigooroso. Gli esperti legali dell’esercito devon essere convinti che il soggetto non possa essere acattuarto e che minacci la sicurezza nazionale.
La storia degli omicidi mirati è disseminata di errori. L’arrivo dei Predator, all’inizio degli anni novanta, avrebbe dovuto eliminare questo tipo di errori. I droni possono volare intorno a un obiettivo anche per quaranta ore senza dover fare un rifornimento, e le telecamere a raggi infrarossi rendono più facile l’individuazione dei bersagli. Ma gli attacchi sono precisi solo se sono precise le informazioni su cui si basano. Quelle degli informatori a terra sono soggette a errori, e questo val anche per l’interpretazione delle immagini video.

SCHEDA:
1) Un drone, parola che in inglese indica il maschio dell’ape, è un velivolo senza pilota comandato a distanza.
2) L’uso di droni dotati di sensori e videocamere per raccogliere informazioni senza mettere a rischio la vita dei piloti è cominciato negli anni cinquanta. All’epoca i droni avevano un’autonomia limitata e sistemi di controllo e comunicazione rudimentali. A partire dagli anni novanta, grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche, sono stati usati sempre più spesso per missioni di ricognizione e spionaggio, in particolare durante la gurra nei Balcani.
3) I primi droni armati sono stati usati dagli Stati Uniti nella guerra in Afghanistan. Oggi Washington li considera l’unica arma in grado di colpire i taliban e i militanti di Al Qaeda in Pakistan e in Afghanistan.
4) I droni statunitensi, prodotti dalla General Atomics Aeronautica Ststems di San Diego, sono abbastanza economici. Il più diffuso, l’MQ 1 Predator, costa 4,5 milioni di dollari. Il più avanzato, l’MQ-9 Reaper, costa 15 milioni di dollari. Un aereo militare tradizionale come il caccia F 22 Raptor costa 350 milioni di dollari.
5) Un Reaper può volare per 22 ore di seguito a 15mila metri di altezza trasportnado due missili anticarro Hellfire e due bombe da 220 chili. Le sue telecamere sono in grado di trasmettere dal vivo o registrare 16mila ore di materiale video al mese. Entro il 2010 i Reaper saranno dotati di un nuovo sistema di sensori, chiamato Gorgon stare, composto da 12 telecamere in grado di flimare in un raggio di quattro chilometri da 12 angolazioni diverse.
6) Oltre agli Stati uniti, anche Cina, Russia, Israele, Pakistan e Georgia possiedono dei droni. Israele, uno dei più importanti produttori al mondo, li usa regolarmente per missioni di spionaggio miliare nei paesi arabi.