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 2010  gennaio 17 Domenica calendario

Che cosa cambia se do degli spiccioli all’ immigrato e di che cosa sono colpevole se non lo faccio? Non esiste un codice inequivocabile cui attenersi Per un periodo ho stabilito di lasciare un obolo solo se c’ erano monete nel portaoggetti dell’ auto

Che cosa cambia se do degli spiccioli all’ immigrato e di che cosa sono colpevole se non lo faccio? Non esiste un codice inequivocabile cui attenersi Per un periodo ho stabilito di lasciare un obolo solo se c’ erano monete nel portaoggetti dell’ auto. Ma la ripetitività costringe a gestire anche il caso Il disagio della ragione davanti alle mani tese Al penultimo semaforo che incontro ogni sera lungo la strada dal centro della città a casa mia, c’ è un uomo che vende accendini, spugne e mollette. Da almeno quattro anni piantona l’ incrocio nei giorni feriali, da un’ ora imprecisata del mattino fino alle sei del pomeriggio. Che sia luglio o gennaio, indossa gli stessi abiti pesanti, quasi il freddo gli si fosse appiccicato alla pelle una volta per sempre. Ha un’ aria mite e affaticata; credo abbia passato la cinquantina, ma non ci scommetterei, perché la costante esposizione alle intemperie l’ ha debilitato più in fretta del dovuto. Si avvicina al finestrino del guidatore, tende una mano a cucchiaio, mentre l’ altra propone timidamente le mollette dai colori accesi impacchettate nel cellophane: è consapevole della loro inutilità, offrirle non è che uno schermo di dignità alla richiesta di elemosina. Se gli lascio una moneta, lui dice «grazie, bello», altrimenti distoglie lo sguardo. Negli ultimi mesi la sua voce si è fatta più flebile, un sussurro rauco. Non mi augura fortuna soldi o figli sani, neppure «buon Natale» quando è il periodo, nonostante la nostra sia diventata una forma impacciata di routine. Dice solo «grazie, bello» e prosegue verso un’ altra autovettura in coda. Per i dieci minuti di strada restanti, io passo sempre in rassegna le stesse domande. Come si può resistere in piedi tutte quelle ore con un simile caldo/freddo. Dove e da chi torna l’ uomo del semaforo finita la sua giornata di lavoro, se magari prende l’ autobus o se cammina per risparmiare. A quanto ammontano gli spiccioli accumulati nel suo borsone grigio buttato sullo spartitraffico. Da dove viene - Kurdistan? Iraq? Afghanistan? - e quali orrori si è lasciato alle spalle. Quanto cambia se io gli lascio una moneta e di cosa sono colpevole se non lo faccio. All’ ultimo interrogativo, il più pressante, ho trovato nel tempo svariate soluzioni empiriche, per non assoggettare ai miei capricci umorali un gesto di disponibilità/rifiuto che pretendeva chiaramente un approccio razionale. Per un periodo stabilii di lasciare un obolo soltanto quando vi erano delle monete nel portaoggetti dell’ automobile, un approccio stocastico per sottrarmi alla scelta esplicita. Ma la ripetitività costringe a gestire anche il caso e, ben presto, il problema si tradusse nell’ accumulare o meno le monete nel portaoggetti e nel quante conservarne. Quando mi capitava del resto fra le mani (non sempre, però), lo rovesciavo lì, ma la scorta veniva intaccata continuamente da esigenze quali comprare il giornale e bere il caffè e, a ogni ingiustificato prelievo, pensavo con rammarico ecco, questi sono soldi in meno per l’ uomo del semaforo. Avere un capitale in spiccioli a disposizione, inoltre, sollevava problemi più fondamentali: perché mai limitare la generosità al signore del «mio» semaforo? Applicando una legge equa, avrei dovuto lasciare qualcosa a ogni questuante incontrato, ma così il portaoggetti si sarebbe svuotato a una velocità inaccettabile. Come selezionare, dunque, a chi fare del bene? Come decidere fra la ragazza con la bambina al collo del lungofiume, e l’ africano che vive nel parco, tanto prostrato da toccare quasi terra con la testa? Scelgo lei perché c’ è di mezzo una bambina. Già, ma forse l’ africano di figli ne ha sette e due di loro hanno da giorni una brutta tosse che rischia di diventare una polmonite. E poi, davvero un bambino soffre maggiormente la fame di un adulto? Lascio qualcosa solo a chi mi è simpatico, allora. A chi mi sembra «buono». A chi mi assomiglia. A chi è pulito. A chi non è uno zingaro. A chi sorride forzatamente, per rassicurarmi che non va davvero tutto male, che io non ho alcuna colpa e la sua vita non è una tragedia senza sbocchi se confrontata con la mia. Ad ascoltare le voci contraddittorie della ragione, la concessione dell’ elemosina ne viene fuori come una questione indecidibile. All’ inizio di Bambini nel tempo, Ian McEwan descrive «il solito dissidio interiore. Dare dei soldi significava favorire il successo del programma governativo. ([ L’ autore Paolo Giordano è nato a Torino nel 1982. Laureato in Fisica. «La solitudine dei numeri primi» (Mondadori), il suo romanzo d’ esordio (2008) è un bestseller: in classifica da oltre 100 settimane. Ha vinto il Campiello opera prima e il premio Strega (il più giovane autore ad averlo ricevuto). Dal testo è stato tratto un film che uscirà quest’ anno. Encicliche, saggi romanzi e film Romanzi, saggi e film per approfondire: Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), «Caritas in veritate», a cura di monsignor Giampaolo Crepaldi (Cantagalli editore, pp. 168, 8.50) Daniel Defoe, «Fare l’ elemosina non è carità», a cura di Vincenzo Accattatis (Feltinelli, pp. 145, 6.2) Alessandro Dal Lago, «Non-persone. L’ esclusione dei migranti in una società globale» (Feltrinelli, pp. 279, 10) Fabrizio Gatti, «Bilal. Viaggiare, lavorare, morire da clandestini» (Rizzoli-Bur, pp. 492, 9.60) Romain Gary, «La vita davanti a sé», traduzione di Giovanni Bogliolo (Neri Pozza, pp. 214, 11.50) Ian McEwan, «Bambini nel tempo», traduzione di Susanna Basso (Einaudi, pp. 229, 10.50) Philippe Lioret (regia di), «Welcome» (nelle sale) Michael Winterbottom (regia di), «Cose di questo mondo» (Cecchi Gori home video, 14.99) Giordano Paolo, Corriere della Sera, 17 gennaio 2010, Pagina 036/037