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 2010  gennaio 16 Sabato calendario

2 articoli - ECCO QUANTO CI è COSTATO IL FLOP DEL VACCINO - La pandemia fugge. I costi dei vaccini restano

2 articoli - ECCO QUANTO CI è COSTATO IL FLOP DEL VACCINO - La pandemia fugge. I costi dei vaccini restano. Ventiquattro milioni di dosi acquistate dall´Italia contro il virus H1N1 al prezzo di 184 milioni di euro, 10 milioni di dosi ritirate dalle fabbriche e distribuite alle Asl, 865mila effettivamente inoculate. La stragrande maggioranza delle confezioni resta stoccata nelle farmacie delle Asl, nei centri vaccinali dei distretti o negli studi dei medici di famiglia. Un viaggio tra le aziende sanitarie italiane parla di frigoriferi pieni (i vaccini vanno conservati a 4 gradi pena la loro degradazione) e di scetticismo fra i cittadini al centro della campagna di immunizzazione. Oltre 20milioni di persone rientrano tra la "popolazione eleggibile" da vaccinare secondo il ministero, ma solo 827mila hanno porto il braccio alla siringa, con una proporzione del 3,99%. E se l´Italia ha già deciso di donare il 10% delle proprie dosi (2,4 milioni) all´Oms perché le distribuisca ai paesi poveri, la gran parte delle boccette sembra avviata alla scadenza, prevista 12 mesi dopo la data di produzione e quindi a scaglioni tra settembre e dicembre 2010. A quel punto, non resterà altro da fare che buttarle. Ma per la Novartis che ha stipulato il contratto con il Ministero della Salute l´incasso sarà pieno lo stesso. I 184 milioni pattuiti nel contratto del 21 agosto 2009 (quando la pandemia colpiva soprattutto le Americhe e non aveva ancora raggiunto l´Italia) saranno versati in toto anche se i vaccini consegnati sono meno della metà di quelli concordati. Nel contratto infatti non esiste una clausola di riduzione a favore del ministero. E se ieri il Codacons ha annunciato una class action a nome dei 60 milioni di utenti del sistema sanitario italiano, anche la Corte dei Conti ha avviato una procedura di controllo sul "decreto direttoriale del 27 agosto 2009 concernente l´approvazione del contratto di fornitura di dosi di vaccini antinfluenzale A(H1N1) stipulato tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis Vaccines and Diagnostics s.r.l.". Il Codacons chiede la risoluzione del contratto con l´industria farmaceutica («Uno spreco immane vista la scarsa adesione alla vaccinazione») e il rimborso ai cittadini dei 184 milioni di euro spesi. In caso di vittoria, a ognuno dei 60 milioni di utenti del sistema sanitario andrebbero 3 euro. «Oltre - prosegue il Codacons - a 50 euro di risarcimento simbolico per ogni iscritto». La Corte dei Conti entra nel dettaglio delle clausole del contratto con Novartis. E si chiede perché "l´articolo 3.1 (ribadito dall´articolo 5.3) prevede la possibilità del mancato rispetto delle date di consegna del Prodotto, senza l´applicazione di alcuna penalità". O perché "l´articolo 9.3 prevede il pagamento alla Novartis di euro 24.080.000 (al netto di Iva) ai fini della partecipazione ai costi in caso di non ottenimento dell´autorizzazione all´immissione in commercio del Prodotto". Per fortuna il vaccino ha superato i test dell´Emea, l´ente europeo incaricato dei controlli di sicurezza. Ma se qualcosa fosse andato storto, il ministero avrebbe comunque dovuto pagare 24 milioni per un farmaco inutilizzabile. La contestazione dei giudici di viale Mazzini riguarda poi la segretezza del contratto: "L´articolo 10.2 considera Informazioni Riservate anche l´esistenza del contratto e le disposizioni in esso contenute, clausola - in considerazione dell´evidenza pubblica della procedura - impossibile da rispettare". E infine, ipotesi che per fortuna non si è verificata ma che avrebbe potuto comportare un salasso per lo Stato, il contratto prevede che gli eventuali effetti collaterali del vaccino sui pazienti siano a carico del ministero e non come di solito avviene dell´azienda farmaceutica. "L´articolo 4.5 - contesta la Corte - prevede rimborsi al Ministero per danni causati a terzi, limitatamente a causa di difetti di fabbricazione, mentre ai senso dell´articolo 4.6 il Ministero dovrà risarcire Novartis per danni causati a terzi in tutti gli altri casi". Clausole così squilibrate sono state dettate dalla fretta. Ma sul perché di una spesa tanto elevata a fronte di una campagna di vaccinazione mai decollata, il ministero interrogato ieri si trincerava ancora dietro al no comment. Dalle università alcuni virologi provano a spiegarci cosa è successo, e il perché di tanta sproporzione. «Ora sappiamo che H1N1 è un virus blando. Ma all´inizio della pandemia avevamo ancora fresco il ricordo dell´aviaria, che ha una mortalità intorno al 50%» spiega Giovanni Di Perri, direttore di malattie infettive all´Amedeo Savoia di Torino. «L´influenza mette sempre in difficoltà chi deve fare previsioni. I modelli possono saltare, i virus ci sorprendono spesso» fa notare Pietro Crovari, professore emerito di igiene e medicina preventiva all´università di Genova. E Guido Antonelli, virologo della Sapienza a Roma, non esclude che l´anno prossimo il virus H1N1 venga incluso nella normale vaccinazione stagionale: «All´inizio di ogni anno l´Oms decide contro quali virus influenzali il vaccino stagionale debba essere rivolto. Può darsi che il prossimo inverno ci ritroveremo H1N1 fra i tre ceppi del normale vaccino stagionale». Anche se la campagna vaccinale di quest´inverno non è ancora finita e il ministero della Salute mette in guardia contro una possibile seconda ondata pandemica, i dati sulla copertura dei vaccini sono davvero bassi. Il personale sanitario cui era stata consigliata l´immunizzazione comprende poco più di un milione di persone: neanche 70mila si sono vaccinati (il 15,1%). Agenti di pubblica sicurezza e operatori dei servizi essenziali non arrivano al 6% (6mila su 723mila). Tra i donatori di sangue addirittura il dato si ferma allo 0,83%. Nelle ultime settimane alcune Asl hanno esteso la campagna di vaccinazione anche agli over 65 con patologie croniche. Ma neanche loro sembrano troppo convinti, e la partecipazione resta ferma all´1,5 per cento. Più che vaccinazioni, ormai, sembrano saldi di fine stagione. ELENA DUSI, Repubblica 16/1/2010 SCALATA IN BORSA DI BIG PHARMA IN 6 MESI INCASSATI 60 MILIARDI MILANO - Sessanta miliardi di euro di capitalizzazione di Borsa guadagnati in sei mesi. Cinque miliardi già incassati grazie alla vendita di oltre 600 milioni di dosi di vaccini. Più un jackpot extra di qualche miliardo guadagnato con il boom degli "optional pandemici" come anti-virali, mascherine protettive o disinfettanti igienici per le mani. La prima ondata di influenza A va in archivio con un numero di vittime molto inferiore al previsto (per fortuna), un mare di polemiche sul ruolo di Oms e governi e – cifre alla mano – un solo grande vincitore: i colossi dell´industria farmaceutica. I loro conti, grazie al virus H1n1, scoppiano di salute. E i tagli agli ordini di medicinali annunciati in questi giorni da Parigi, Londra, Berlino e Washington, annacqueranno solo parzialmente i sei mesi d´oro piovuti inattesi (forse non del tutto, maligna qualcuno) sul settore. I numeri parlano da soli: l´inglese Gsk macinerà tra settembre 2009 e il prossimo marzo entrate straordinarie per quasi 3 miliardi di euro grazie al successo del suo vaccino Pandemrix, venduto in 440 milioni di dosi a 22 paesi differenti. La Novartis – fornitore ufficiale del governo italiano con il Focetria – prevede di mettersi in tasca nello stesso periodo grazie all´effetto pandemia un miliardo. Come la francese Sanofi e poco più dell´americana Baxter. Incassi una-tantum, ricordano prudenti gli analisti, che però hanno fatto da volano a un boom in Borsa delle loro azioni: i titoli dei quattro big mondiale del vaccino hanno guadagnato da giugno scorso ad oggi in media il 35%, ben più del rialzo degli indici generali. Crescendo in valore di 60 miliardi. E la "viruspatia" dei loro corsi sul listino è stata confermata – se mai ce ne fosse stato bisogno – dal lieve calo (-7% circa) da una settimana a questa parte di Gsk e Novartis, le prime vittime dei colpi di forbice dei governi alle ordinazioni di vaccini: la Germania ha ridotto del 30% (da 50 a 34 milioni di dosi) la commessa al gruppo inglese mentre Parigi – che punta a comprare solo 44 dei 94 milioni ordinati – è riuscita a farsi cancellare da Novartis la consegna di 7 milioni di dosi. Il business del vaccino però è solo la punta dell´iceberg nel mondo dorato della Virus Spa. L´ansia pandemica, per dire, ha fatto decollare anche le vendite di prodotti anti-virali. In Italia un anno fa se ne consumavano meno di 0,5 confezioni ogni 100mila abitanti la settimana. Lo scorso autunno, nel picco dell´ansia da H1n1, si è arrivati a quota 35 confezioni. A beneficiarne i soliti noti: nei primi nove mesi del 2009 il Relenza, prodotto di punta nel ramo di Gsk, ha macinato 600 milioni di vendite, un record. Il Tamiflu della svizzera Roche, il medicinale di maggior successo nel campo, ha decuplicato le vendite a 2 miliardi nel 2009. Una pioggia di denaro imprevista è finita anche nelle tasche degli specialisti di "oggettistica" pandemica. La prevenzione fai-da-te ha moltiplicato le vendite di mascherine protettive per il volto (solo la Francia ne ha ordinate un miliardo): la 3M, leader mondiale del settore, ne ha piazzate per 100 milioni di dollari in più dell´anno scorso e per sei mesi ha fatto lavorare i suoi impianti di produzione 24 ore al giorno per sette giorni alla settimana per riuscire a star dietro alla domanda. Le vendite di gel disinfettanti per le mani sono cresciute in Italia del 50% (dati Nielsen) mentre gli americani – calcola la società di ricerca Minter – hanno speso 3,6 miliardi di dollari in più solo per lo shopping anti-influenza A, una spesa sui generis fatta di analgesici, amuchina, disinfettanti per la casa o per macchine depuratrici d´aria. La prima ondata di H1N1, insomma, è fatta di poche vittime e molti affari. Tanto che più di un´istituzione ha acceso un faro proprio sul ruolo dei grandi beneficiari dell´influenza A: il consiglio d´Europa ha annunciato un´indagine sui meccanismi che hanno portato alla dichiarazione di pandemia. L´Organizzazione mondiale della sanità sta valutando la posizione dei suoi advisor scientifici, molti dei quali sarebbero pure consulenti ben retribuiti dei colossi della salute. Nell´occhio del ciclone a Londra sono 11 dei 20 membri del Sage, il pool di professori universitari incaricati di gestire le emergenze sanitarie, accusati di conflitto d´interessi per i legami con le società farmaceutiche. Le inchieste faranno il loro corso. Ma il tesoretto garantito dalla pandemia a Big pharma, a questo punto, non potrà portarlo via più nessuno. Ettore Livini, Repubblica 16/1/2010