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 2010  gennaio 17 Domenica calendario

2010, TENNISTI AL POTERE

Melbourne. Gli Australian Open, il primo Slam del decennio, iniziano stanotte con pronostici incerti: Federer si è distratto? Nadal è guarito? Henin e Clijsters torneranno a dominare fra le donne? Ma per il futuro del tennis, quest’anno, conteranno più i meeting nelle salette climatizzate che i match sul torrido macadam di Melbourne Park. Le truppe di élite del tennis maschile - Federer, Nadal, Djokovic- da un paio d’anni hanno fatto partire un’offensiva per riprendersi il potere. Calendari, montepremi, contratti, le regole del gioco: vogliono decidere (quasi) tutto loro. La prima mossa fu la riunione semi-carbonara durante Monte-Carlo 2007, quando Nadal, spalleggiato da Federer, spedì un siluro verso la poltrona di Etienne De Villiers, l’allora CEO dell’Associazione giocatori, manager di provenienza Disney che aveva programmato una rivoluzione senza consultare i Paperoni del gioco. Seguirono guerriglie sparse, colpi di mitraglia sulla «disumanità» (secondo Nadal e Roddick) di una stagione logorante lunga 11 mesi; quindi la sostituzione manu militari di Topolino De Villiers con Adam Helfant, ex esperto legale della Nike, cioè il colosso che sponsorizza, fra i tanti, Federer, Nadal e la Sharapova. Più che un nuovo capo, un vecchio socio.
Per il 2010, a giudicare dalla granata fatta esplodere qualche giorno fa a proposito della «riforma» della Coppa Davis - è atteso lo scontro finale. Il bottino a cui puntano i migliori è una calibrata deregulation. Non tanto giocare meno - gli Antenati sudavano molto di più, e si lamentavano molto meno - ma quando pare a loro. Sostituendo, ad esempio, la poco remunerata e scomoda Davis con una Coppona del Mondo da 28 milioni di dollari che occupi 10 giorni ogni due anni. Riducendo l’obbligo contrattuale a partecipare ai tornei «1000», e aumentando così le possibilità di scucire agli organizzatori sontuosi ingaggi (spesso superiori al premio per il vincitore) e di firmare per lucrose esibizioni in periodi di teorico riposo. E magari intervenendo anche su punteggi e regole per «snellire» la durata delle partite. Più soldi, meno fatica, senza intaccare le esigenze stakanoviste di chi ha meno mercato. La chiave è controllare il calendario. «L’idea - spiega Giorgio di Palermo, membro italiano del Board of Directors, il governo dell’Atp - è un circuito dove sia possibile giocare i tornei importanti, preparandosi al meglio: 8 mesi di attività e 4 dedicati a riposo e allenamenti». Nel 2009 il circuito pro maschile ha distribuito 82 milioni di dollari di montepremi: 38 sono finiti nelle tasche dei top-ten, i cui introiti totali, secondo uno studio di Forbes che include i contratti pubblicitari, sono arrivati a 167 milioni di dollari, con un +4% rispetto all’anno precedente. Alla faccia della crisi. Federer, che vale una trentina di milioni a stagione fra montepremi e sponsor, a settembre ha passato i 50 milioni vinti in carriera in soli montepremi. «Ma un n. 100 del mondo, se compariamo il tennis al calcio o a altri sport di squadra - aggiunge Di Palermo - si mette in tasca pochissimo, a fine anno va in pareggio o poco più. E non è giusto».
I grandi del tennis nel 2009 si sono dimostrati magnanimi, correggendo una nuova tabella dei compensi che sfavoriva i «peones». I big - come la Sharapova che ha appena rinnovato per 48 milioni di dollari con Nike e punta a costruire un impero commerciale - hanno imparato a tutelarsi fuori dal campo con contratti di nuovo tipo, che prevedono quote sulle vendite e la possibilità di intervenire sui prodotti. L’anello debole restano i tornei medi e piccoli. Da anni vivono perdono sponsor, e con il potere nelle mani dei giocatori rischiano di sborsare montepremi sempre più cospicui senza garanzia di vedere in campo i «nomi» per cui pagano. Anche il tennis, come certe repubbliche ideali, in fondo non è un’Utopia, ma un gioco (crudele) dell’economia.
Stefano Semeraro