Anna Zafesova, La Stampa 16/1/2010, pagina 15, 16 gennaio 2010
LA RIVOLUZIONE NON E’ PIU’ GRATIS
Kiev. La rivoluzione non abita più qui. Sul Maidan Nezalezhnosti, la piazza dell’Indipendenza rinominata così cinque anni fa dopo che è diventata palcoscenico di uno degli spettacoli politici più impressionanti della storia postsovietica, ci sono le le luci di tutti i colori, delle pubblicità, delle insegne, delle decorazioni natalizie ancora accese nonostante tutte le feste siano ormai passate anche secondo il calendario della chiesa ortodossa, indietro di 13 giorni, ma manca l’arancione. Il colore di Yulia Timoshenko, che dopo diversi passaggi nella poltrona di premier tenta finalmente l’atteso salto nella poltrona del presidente, è il bianco immacolato, e appare negli spot abbracciata alla sinuosa tigrotta bianca che si chiama TigrYulia.
Viktor Yanukovich, anche lui ex premier che cerca di riconquistare la presidenza strappatagli dalla piazza nel 2004, insiste con i suoi stendardi bianco-azzurri che hanno invaso ieri la piazza di Santa Sofia in un concerto a suon di pop e canzoni folcloristiche. Ma l’arancione, il colore che diede l’inizio alla serie di «rivoluzioni colorate» che avrebbero dovuto portare in Europa i Paesi ex comunisti che si erano attardati al primo turno della democratizzazione, non si vede da nessuna parte.
Del resto, anche volendo la rivoluzione non si potrebbe fare, almeno non qui: il tribunale ha proibito ogni manifestazione sul Maidan per tutta la durata delle elezioni. Ma anche se non ci fosse il divieto non verrebbe nessuno. Al quinto anniversario del trionfo arancione, pochi giorni fa, si sono presentati in un centinaio, e i principali leader politici hanno accuratamente evitato l’appuntamento. Ma se nel 2004 c’era mezza Ucraina? «Sì, io per esempio», ammette Serghey Prikula, e non sembra ricordarlo come un buon momento. Ma mentre racconta finisce per illuminarsi: «Lì sotto, nel sottopassaggio, c’erano i fastfood dove andavamo a scaldarci, e c’erano anche ragazzi dall’altra parte del Paese, c’erano tutti. Io insieme ad altri portavo cibo ai manifestanti, e ospitavo quelli che arrivavano da fuori, gente che nemmeno conoscevo, li facevo dormire per terra a casa mia perché non c’era posto. Tutto gratis, beninteso», aggiunge quasi minaccioso.
Allora aveva 33 anni e non vedeva l’ora di cominciare insieme ai suoi coetanei una nuova vita da europeo, o quasi. Oggi è un imprenditore, ha una piccola ma importante società di software e, nonostante la crisi, non si lamenta troppo. Ma è cambiato qualcosa, non c’è più la scintilla. Oggi, a sentire quello che si dice a Kiev, nulla è gratis. In un quartiere di periferia, racconta Serghey, ha visto proprio la mattina prima i sostenitori di Yanukovich compilare liste di elettori che domenica, in cambio di 100 hrivne(12 euro circa) scatteranno col telefonino una foto della scheda che barreranno per il candidato del Partito delle regioni. C’era anche una piccola coda, soprattutto pensionati. «Per noi negli ultimi anni le elezioni sono diventate lo sport nazionale, e un’occasione di guadagnare per molti», spiega. Gli studenti che vanno alle manifestazioni, quelli che appendono bandiere, distribuiscono volantini. Le popstar che suonano ai comizi, «tanto la Top 20 ucraina è stata tutta comprata dalla Timoshenko». Sembra quasi che nessuno pensi più che qualcuno possa fare politica per convinzione, e con il cinismo tipico di chi ha creduto troppo a qualcosa ora non si crede a nulla. Mica come nel 2004, sul Maidan: «Eravamo pieni di entusiasmo, ci eravamo sentiti un popolo e un popolo forte. Ora abbiamo litigato con la Russia, non ci siamo avvicinati all’Europa che non ci stava aspettando a braccia aperte come ci dicevano, siamo un Paese ridicolo».
Cosa è accaduto nel frattempo? Sono stati cinque anni di politica intensa e convulsa, con governi che cadevano a grappoli, elezioni anticipate, e scandali di corruzione e nepotismo a non finire. Ieri, nell’ultimo giorno della campagna elettorale, il presidente Viktor Yushenko - che si candida alle elezioni, secondo tutti, solo per fare un dispetto alla Timoshenko, visto che da padre della nazione e idolo della piazza è diventato un capo di Stato che raccoglie meno del 5% dei consensi - non ha perso l’occasione per criticare ancora la sua carismatica premier, tirando fuori vecchi documenti su un’inchiesta della procura russa e accusandola di aver lasciato i vecchi senza pensione.
Il partito di Yulia - si chiama proprio così, il «blocco di Yulia Timoshenko» - ha ritirato fuori i documenti sulle condanne giovanili di Yanukovich, finito dietro le sbarre per aggressione e rapina. Dal quartier generale del Partito delle regioni di Yanukovich parte la voce che Yulia il giorno prima delle elezioni organizzerà un attentato nel quale forse addirittura sacrificherà il marito per poi dichiararsi vittima del «criminale». Si parla di osservatori elettorali georgiani che sarebbero in realtà dei «guerriglieri georgiani» pronti alla violenza. E tutti si accusano in anticipo di brogli, preparandosi a battaglie in piazza e in tribunale, in attesa dell’inevitabile ballottaggio. Il direttore dell’istituto demoscopico «Barometro ucraino» Viktor Nebozhenko pronostica un 10% di falsificazioni, rispetto a quel 5% che permise nel 2004 di ribaltare la vittoria truccata di Yanukovich. Yushenko ieri nel suo ultimo appello in tv da capo di Stato ha ricordato agli ucraini che domenica «sceglieranno il loro destino» e rischiano di «far tornare il Paese indietro rispetto ai valori ucraini, europei e democratici». Ma lo scontro elettorale non è più su dilemmi come la democrazia e l’autoritarismo, la Russia o l’Europa, ma su argomenti molto più terreni: le pensioni, le scuole, la disoccupazione, l’inflazione, la crisi che ha azzoppato una ripresa che aveva fatto sperare. Serghey probabilmente preferirà lo stesso la pasionaria (ex) arancione, «ha fatto parecchio». Con lui sono d’accordo circa un quinto degli ucraini, mentre uno su tre preferisce Yanukovich. Circa il 15% (ma in alcune regioni arrivano al 50%) non ha deciso, e molti sono tentati di votare contro tutti, o di disertare le urne, in una manifestazione di protesta diffusa e disorganizzata. Ma per ora, come scrive nel suo editoriale l’autorevole Zerkalo nedeli, «non sono elezioni di amore, odio, speranza o passione, ma di stanchezza e tristezza».Viktor Yanukovich
Bollato come il «candidato di Mosca» ai tempi della rivoluzione arancione e apparentemente destinato all’oblio, è stato artefice di una spettacolare rimonta, al punto da essere oggi il favorito per le presidenziali ucraine.Viktor Yushenko
L’eroe della rivoluzione arancione è definitivamente sul viale del tramonto, come dimostra una campagna elettorale condotta più in libreria ad autografare le sue memorie che sulle piazze della capitale.Yulia Timoshenko
«La signora di ferro dell’Ucraina» è pronta a tutto pur di raggiungere l’obiettivo di diventare la prima donna presidente del paese. I consensi sono in aumento anche grazie a una campagna elettorale molto aggressiva e vicina alla gente.