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 2010  gennaio 17 Domenica calendario

RIENTRO DAL DEBITO MCKINSEY CONTRO LA CITY

Venerdì 15 gennaio è stato recapitato al ministro dell’ Economia e al governatore della Banca d’ Italia, come ai loro colleghi dei Paesi avanzati, il rapporto del McKinsey Global Institute sulla fuoriuscita dall’ economia del debito. Quattro i punti di maggior interesse. 1) McKinsey guarda al debito globale. Considera, cioè, la minaccia implicita nel debito di famiglie, imprese e finanza, ove va oltre le possibilità di copertura. Ne emerge un giudizio critico su Usa, Regno Unito e Spagna, mentre l’ Italia viene riclassificata meglio del solito. Non è una scoperta per i lettori del Corriere, ma resta la novità della firma: McKinsey è parte di quella cultura economica anglosassone che si concentrava sul solo debito pubblico, premessa pseudoscientifica delle politiche di compressione dei redditi da lavoro e di promozione di quelli finanziari. Domanda: McKinsey ha inoltrato il testo alle agenzie di rating che seguitano a benedire le obbligazioni pubbliche americane e inglesi? 2) Il rapporto analizza 45 casi di fuoriuscita dagli eccessi di debito, dalla seconda metà del Novecento ai giorni nostri. Ben 32 volte il recupero si è reso necessario per l’ esplosione di crisi finanziarie. In 7 occasioni sono stati i governi a intervenire autonomamente, in due hanno giovato la guerra (Egitto 1975-79) e il boom del petrolio (Nigeria 2001-05), nei residui 4 casi ci ha pensato l’ inflazione; tra questi spicca l’ Italia dove, nel periodo 1975-81, il debito globale è sceso dal 240 al 181% del prodotto interno lordo. I 32 casi post crisi finanziaria si sono risolti in quattro modi: a) la politica della lesina la metà delle volte, con una riduzione del 40% del debito; b) l’ alta inflazione in 7 casi, con un taglio del 93% del debito; c) fallimenti a catena in 8 casi, con una riduzione del debito del 46%; d) la crescita nel caso degli Usa che, nel 1938-43, hanno asciugato il debito dal 180 al 136% del Pil. Notazione a margine: non si trova notizia di recuperi da troppo debito grazie a una crescita spumeggiante indotta da drastici tagli fiscali. 3) Ora, il recupero è appena iniziato. In passato ci volevano 6-7 anni. Questa volta sarà più lento e difficile per la pesantezza del debito globale (in genere, 3-4 volte il Pil), la sua concentrazione nei Paesi sviluppati (in Cina, India, Brasile e Russia sta sul 150%), la sua composizione (stato, banche, imprese e ceti sociali non sono esposti allo stesso modo ovunque e tendono a reagire in modo diverso). Il settore finanziario si è ridimensionato, le famiglie no e il «pubblico» si è appesantito. Morale: siamo al palo. 4) Che fare? La storia consiglia la politica della lesina. E McKinsey suggerisce di rivedere gli incentivi al debito, rafforzare il patrimonio bancario, usare la leva dei tassi contro l’ inflazione e, novità, contro le bolle nascenti. Gillian Tett, sul Financial Times, osserva che gli elettori non amano l’ austerità e mette in conto le altre soluzioni. Poiché i fallimenti a catena e la guerra non figurano nell’ agenda dei governi, resta l’ inflazione. questo l’ auspicio della City?