varie, 18 gennaio 2010
BENZINA, PER VOCEARANCIO
Dagli archivi del Congresso Americano del 1875: «Un nuovo generatore di potenza è stato prodotto da un ingegnere di Boston, alimentato da un distillato di cherosene chiamato benzina [...] Mai nella storia la nostra società si è confrontata con una potenza così densa di pericoli e nello stesso tempo così piena di promesse per il futuro dell’uomo e la pace del mondo. I pericoli sono evidenti. Depositi di benzina in mano a speculatori potrebbero costituire un grave pericolo per possibili incendi ed esplosioni. Carrozze senza cavalli azionate da questi motori a benzina potrebbero inoltre raggiungere velocità di 15 e persino di 20 miglia orarie».
Il prezzo dei carburanti, benzina, gasolio, gpl e metano, si può dividere in due parti: la componente industriale e quella fiscale. Nella componente industriale rientrano il costo della materia prima e il margine lordo delle imprese della filiera (le compagnie petrolifere, le imprese di trasporto del carburante, i gestori degli impianti di distribuzione); la componente fiscale è formata dall’accisa (fissata dallo Stato a 56,4 centesimi di euro al litro per la benzina e a 42,3 centesimi per il gasolio) e dall’Iva al 20%, che si applica sulla somma del prezzo industriale e dell’accisa.
Prendiamo il prezzo della benzina consigliato ai gestori dalla prima compagnia petrolifera italiana, l’Agip, lo scorso 12 gennaio: 1,349 euro al litro. Il prezzo di questo litro di verde è formato da 22,6 centesimi di Imposta sul valore aggiunto (Iva), 56,4 centesimi di accisa e 56 centesimi di prezzo industriale. I 56 centesimi del prezzo industriale si possono a loro volta dividere in 38,9 centesimi di costo della materia prima (cioè di un litro di benzina raffinata, quotato sul mercato internazionale con un prezzo definito dall’Indice Platts) e 17 centesimi di margine industriale, necessario a coprire i costi di trasporto, margine del gestore della pompa (fissato in 4,5 centesimi lordi al litro), investimenti nel punto vendita, pubblicità, promozioni.
I gestori, che spesso scioperano contro le compagnie, spiegano che il loro margine netto è di 3,7 centesimi al litro in modalità servito e di 3,1 centesimi per il Fai da te. Con quei soldi pagano tutto: energia elettrica, acqua, costo del lavoro (un operaio costa all’incirca 40.000 euro l’anno). Quando il cliente paga con il bancomat, la commissione è dello 0,5%, dell’1,25% con la carta di credito.
Negli altri Paesi la commissione sul pagamento con bancomat e carta di credito è molto più bassa di quella italiana. In Svezia, per esempio, la maggioranza dei distributori ha eliminato l’utilizzo dei contanti e le colonnine per il rifornimento sono attrezzate solo per il pagamento con bancomat.
In percentuale, quindi, di un litro di benzina comprato alla Agip il 12 gennaio, il 58,5% è andato allo Stato sotto forma di Iva e di accisa, il 38,5% è finito alle compagnie petrolifere (ma il 28% lo hanno speso solo per comprare la materia prima) e il 3% ai gestori degli impianti.
In tutto questo il prezzo del greggio conta, ma ha un’importanza relativa. Incide soltanto su quel 28% che rappresenta il prezzo della materia prima, ma dipende soprattutto dalle condizioni di offerta e domanda di benzina raffinata in quel momento. Il Platts difatti rappresenta il valore a cui le raffinerie vendono la benzina e il gasolio in un determinato giorno. Secondo un’analisi dell’Unione petrolifera, tra il 2006 e il 2009 le quotazioni dei prodotti raffinati Platts «hanno mostrato andamenti di segno opposto rispetto a quelli del greggio e, anche quando sono stati dello stesso segno, nella stragrande maggioranza dei casi hanno presentato diversa entità».
Il paradosso della Nigeria, il maggior produttore di petrolio dell’Africa, che ha riserve provate di greggio pari a 36 miliardi di barili: non avendo impianti per la raffinazione, è costretto a importare benzina per il suo fabbisogno interno.
Il ministero dello Sviluppo economico, ogni settimana, calcola il prezzo medio ponderato di benzina e gasolio per i consumatori italiani. L’ultima rilevazione disponibile risale al 14 dicembre 2009 e indica un prezzo di 1,270 euro per un litro di verde. Il carburante costava di più in Olanda (1,382), Finlandia (1,318), Danimarca (1,314), Portogallo (1,288), Belgio (1,274) e Germania (1,280). In Francia costava poco meno (1,257), in Spagna decisamente poco (1,061), nel Regno Unito 1,205 euro. I triestini, che per risparmiare vanno spesso a fare benzina in Slovenia, la pagavano 1,125 al litro. Su Facebook è nato anche il gruppo ”Quelli che... mi vado a fare benzina solo in Slovenia”.
Rispetto al prezzo medio dell’Unione monetaria, il costo della componente industriale del prezzo della benzina nel nostro Paese è stato superiore, sempre in media, di 3,47 centesimi tra il 2005 e il 2009. L’Unione petrolifera giustifica questo dato con le caratteristiche del nostro sistema di distribuzione: 0,6 centesimi derivano dallo scarso peso degli impianti di benzina nei supermercati (in Francia hanno il 60% del mercato), 1 centesimo è il costo di mantenimento di una rete di pompe che, per le compagnie, è troppo vasta (22.800 impianti, contro i 12.700 della rete francese e i 14.800 della Germania), poi ci sono 0,8 centesimi derivati dalla bassa flessibilità commerciale (pochi prodotti diversi dalla benzina venduti nei nostri distributori, e orari troppo rigidi, con 10 ore di apertura media contro le 14 ore della Francia) e 1,1 centesimi per le carenze dei self service (passa dagli impianti fai da te solo il 29% dei rifornimenti, quota che nel resto d’Europa raggiunge il 90% di media).
Per le compagnie petrolifere lo ”stacco”, questa differenza tra il prezzo italiano e quello medio europeo, è l’unico dato da prendere in considerazione quando si vuole contestare il prezzo della benzina. E il 14 gennaio l’Up ha comunicato che lo stacco è sceso a 2 centesimi, il minimo dal 2007. L’Antitrust non si fida molto. Lo stesso giorno, il presidente Catricalà diceva che è «evidente» la percezione del fatto che quando il prezzo del petrolio sale quello della benzina sale rapidamente e quando invece il greggio scende la benzina cala a rallentatore. Però, ha detto Catricalà «i petrolieri riescono a produrre studi e ricerche che dimostrano il contrario di questa percezione» e l’Antitrust non ha potuto «dare prova che questo meccanismo sia frutto di una intesa dei petrolieri».
Uno studio econometrico realizzato da Prometeia sui prezzi di benzina e petrolio ha analizzato il fenomeno nel periodo 1997-2009 ed ha concluso che per la benzina la simmetria è completa mentre nel caso degli altri prodotti osservati (gasolio auto, riscaldamento ed olio combustibile) risulta soddisfacente salvo alcuni casi ”borderline”.
L’Unione petrolifera ha annunciato che nei primi undici mesi del 2009 in Italia sono state consumati 33 milioni di tonnellate di carburanti, il 3,1% in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. La benzina nel periodo considerato ha mostrato una flessione del 3,9% (-394.000 tonnellate), il gasolio del 2,8% (-673.000 tonnellate). Nello stesso periodo le nuove immatricolazioni di autovetture sono risultate in diminuzione dell’1,4%, con quelle diesel a coprire il 42,1% del totale (era il 50,8% nei primi undici mesi del 2008).
«In Texas si vuole aumentare il limite di velocità a 80 miglia orarie. Non è una brutta idea. Così la gente arriverà al distributore prima che il prezzo della benzina aumenti» (Jay Leno).
Negli Stati Uniti la benzina è tradizionalmente molto economica. In questi giorni costa attorno ai 2,6 dollari al gallone, cioè 98 centesimi di euro al litro. In Russia si paga 1,145 euro al litro, in Cina, dove il prezzo massimo lo stabilisce lo Stato, aggiornandolo ogni 22 giorni lavorativi, la benzina costa 22,6 yuan al gallone, quindi 87 centesimi di euro al litro. Il portale Nationmaster confronta il prezzo della verde in 141 nazioni diverse. Le tre nazioni più care sono Uruguay, Regno Unito, Israele. L’Italia è quattordicesima, le tre nazioni più economiche sono Turkmenistan (3 centesimi di dollaro al litro), Iraq (5 centesimi), Iran (8 centesimi). Il prezzo medio mondiale ponderato risulta essere di 1 dollaro al litro.
Due centesimi di euro è il prezzo record di un litro di benzina in Venezuela, uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo.
Nel 2009 il prezzo medio della benzina, in Italia, è stato di 1,234 euro al litro, in calo dell’11% rispetto agli 1,388 euro del 2008. In Europa la flessione media è stata del 12%, con picchi del 23% (in Polonia) e una contrazione minima, del 2,3%, a Malta. In media, di nuovo in Italia, per un litro di carburante abbiamo pagato 77 centesimi di tasse. un livello superiore alla media europea (66,2 centesimi al litro), ma in linea con quelli delle altre grandi nazioni: 85,6 centesimi al litro in Germania, 80,4 centesimi in Francia, 76,3 centesimi nel Regno Unito.
Il principe Carlo ha speso circa 5mila sterline per fare in modo che la sua Aston Martin DB5 d’epoca, dono della regina per i 21 anni, non sia più alimentata a benzina bensì a vino bianco e formaggio, miscelati in bioetanolo.
Ogni volta che si parla delle accise sulla benzina, qualcuno ricorda con ironia che le tasse sul carburante servono a pagare spese incredibili, dal sostegno ai soldati mandati in Abissinia nel 1935, alla solidarietà ai disastrati dei terremoti del Friuli o dell’alluvione di Firenze del 1966. Tutti eventi che, un tempo, i governi finanziarono inasprendo le tasse sulla benzina. In realtà è stato un decreto legge del 1995 a fissare l’accisa a poco più di 1.000 lire (51,8 centesimi). Da quella cifra si è arrivati agli attuali 56,4 centesimi cattraverso tre interventi: un aumento a 54,2 cents nel giugno 2001; un altro, a 55,9, nel dicembre 2003, per rinnovare il contratto dei tranvieri; l’ultimo, a febbraio 2005, per misure urgenti di tutela ambientale, l’ha portata a quota 56,4 centesimi.
I distributori italiani hanno un venduto medio annuo decisamente inferiore rispetto alla media Ue (1,5 milioni di litri contro 2,5 milioni). Nelle 23.800 stazioni di rifornimento italiane lavorano 62mila persone. Nel nostro paese ci sono in media 2.500 abitanti per impianto, ogni stazione copre circa 13,1 chilometri quadrati (ci sono 8 impianti ogni 100 chilometri) e 1.507 auto.
Roberto Sambuco, il nuovo Mr Prezzi, sta studiando una riforma del sistema di distribuzione del carburante in Italia. La sua proposta prevede di andare incontro alle richieste che da molti mesi ripetono le compagnie petrolifere: aumentare i self service sulla rete, liberalizzare l’orario e i giorni di apertura dei distributori; liberalizzare le licenze, affinché i distributori possano vendere tabacchi, gioco del lotto, giornali, diventare bar o veri e propri drugstore; obbligare per le compagnie ad allineare i prezzi dei carburanti, seppure nell’arco di tre anni con target progressivi da raggiungere, alla media europea; obbligare gli esercenti ad esporre un prezzo massimo settimanale che resti invariato per 7 giorni.
Quest’anno il prezzo del petrolio dovrebbe rimanere attorno agli 80 dollari al barile. Lo prevede l’Opec, il cartello dei paesi produttori, e lo confermano diversi uffici studi, tra i quali quello dell’Aie, il Roubini Global Economic, Deutsche Bank. L’Agenzia internazionale dell’energia non si è ancora sbilanciata, limitandosi a prevedere, per il 2010, un aumento dei consumi di petrolio dell’1,7% (dovuto alla ripresa della domanda nei paesi emergenti), per un consumo mondiale di 86,3 milioni di barili al giorno, 200mila barili in meno rispetto al fabbisogno 2007.
Il portale www.prezzibenzina.it monitora in tempo reale i prezzi applicati dai distributori italiani. Dimostra puntualmente come si possa spendere meno facendo rifornimento dalle cosiddette ”pompe bianche”, stazioni di rifornimento esterne al circolo delle multinazionali del petrolio, spesso appartenenti a produttori indipendenti o ai supermercati. Il self service alle stazioni dei supermarket Iper sono tra i più economici, seguiti da marchi più o meno sconosciuti come Beyfin, Loro, Avia, Galoil. Gli impianti indipendenti sono circa 3mila in tutt’Italia.