Taglietti Cristina, Corriere della Sera, 16 gennaio 2010, Pagina 45, 16 gennaio 2010
L’ intervista Un romanzo in uscita da Einaudi e un altro già pronto. Il tumultuoso passaggio verso la modernità «Solo in India sono uno scrittore» Aravind Adiga: racconto gli estremi, ma questo Paese può farcela «Fra due omicidi» intreccia quattordici storie negli anni tra Indira Gandhi e Rajiv, prima della svolta del ’ 91
L’ intervista Un romanzo in uscita da Einaudi e un altro già pronto. Il tumultuoso passaggio verso la modernità «Solo in India sono uno scrittore» Aravind Adiga: racconto gli estremi, ma questo Paese può farcela «Fra due omicidi» intreccia quattordici storie negli anni tra Indira Gandhi e Rajiv, prima della svolta del ’ 91. Ma è nato insieme con «La tigre bianca» La «vecchia» India di Aravind Adiga pulsa di vita come «la nuova» India, quella che il trentaquattrenne scrittore ha raccontato in un romanzo vibrante e provocatorio come La tigre bianca (vincitore del Booker Prize 2008) che con ironia rabbiosa rivela che cosa c’ è dietro il trionfalismo della new economy. Lo sguardo aperto e penetrante di Adiga, cosmopolita e colto, nato a Madras da una famiglia benestante, educato dai gesuiti, vissuto in Australia e negli Stati Uniti (dove ha studiato letteratura inglese alla Columbia di New York), giornalista finanziario per «Time» e «Financial Times», spoglia di ogni retorica il nazionalismo e i miti dell’ indipendenza, compresa la non violenza gandhiana o la sacralità del Gange per raccontare una realtà sociale che non dipende da nessun karma, ma dall’ abitudine alla prevaricazione e alla corruzione. Nonostante gli anni trascorsi all’ estero e la familiarità con la cultura occidentale, l’ India è ciò che interessa a questo scrittore che nel 2006 è tornato nel suo Paese. «Vivo a Mumbai, anche se passo molto tempo nel sud, a Bangalore - spiega -. Sapevo che un giorno sarei tornato qui, si trattava solo di stabilire quando. Ho sempre voluto fare lo scrittore e ho sempre avuto chiaro che avrei potuto farlo soltanto in India. difficile scrivere riguardo a un luogo se non ci abiti. E io so che voglio scrivere dell’ India». Certo, qualcosa dell’ Occidente gli manca. «Proprio tutto ciò che voi date per scontato e che invece qui è raro trovare: spazi pubblici, piazze, biblioteche, marciapiedi puliti su cui camminare. Qui il benessere è tutto all’ interno, dentro le case, la povertà è fuori, nelle strade. Comunque sono tornato in India ormai da sei anni. All’ Occidente penso sempre meno. Non rifletto nemmeno più su quali siano i miei sentimenti in proposito». Lo stesso spirito, lo stesso sguardo di La tigre bianca informano anche Fra due omicidi, il nuovo libro di Adiga che Einaudi pubblica martedì prossimo (traduzione di Norman Gobetti, pp. 288, 20) e che può essere letto come una sorta di «prequel» della Tigre. «Indubbiamente i due libri sono collegati e sono quasi nati insieme. Avevo deciso di scrivere dell’ India da entrambi i lati di quel grande muro divisorio che è il 1991, quando l’ economia socialista della nazione si apre al mondo. La tigre racconta il dopo, un paese caratterizzato da una veloce crescita economica, dall’ aumento del benessere e da grandi disparità. Fra due omicidi è ambientato negli ultimi anni della vecchia India, quelli tra il 1984, quando viene uccisa Indira Gandhi e il 1991, quando viene assassinato suo figlio Rajiv. I protagonisti hanno le stesse ambizioni dei protagonisti della Tigre, ma devono aggrapparsi a strutture sociali e politiche molto diverse». A Kittur, immaginaria città sulla costa sudoccidentale, a metà strada tra Goa e Calicut (« vero ho inventato una città, è difficile spiegare perché. Forse sono stato influenzato da uno dei miei scrittori preferiti, Faulkner, che creava dei luoghi e li popolava di figure indimenticabili»), dove convivono lingue e religioni diverse, si intrecciano quattordici storie. Una Commedia umana strutturata blandamente come un percorso turistico di una settimana dove si incontrano donne, uomini, bambini, descritti con meticolosità e impegnati in trame evanescenti. C’ è Xerox, il venditore abusivo dei «Versi satanici» e «Mein Kampf», arrestato 21 volte, Abbasi, il piccolo imprenditore distrutto dalle bustarelle, Ziauddini, il dodicenne musulmano, sesto di undici figli che, appena finita la stagione delle piogge, viene spedito dai genitori su un autobus con la raccomandazione di scendere in città e girare per il mercato finché qualcuno lo assume. Ci sono i college per i figli dell’ alta borghesia e la scuola di vita delle discariche. Sullo sfondo più lontano un’ India dominata dalla figura di Indira Gandhi che Adiga definisce «una donna forte e coraggiosa in un paese patriarcale, capace di condurre l’ India alla vittoria nella guerra con il Pakistan nel ’ 71, genuinamente empatica verso la povera gente ma anche paranoica e insicura che portò al massimo l’ ingerenza dello stato in ogni aspetto della vita sociale, con la conseguente stagnazione dell’ economia per molti anni»; dall’ altro il figlio Rajiv con cui la generazione di Adiga si identificò di slancio e che oggi è ricordato, dice lo scrittore, «con affetto ma anche ambivalenza. Quando divenne primo ministro, nel 1984, era bello, giovane e sembrava promettere molto. Promesse che perlopiù non furono mantenute e infatti è soltanto dopo il suo assassinio che l’ economia si apre e la nuova India comincia». La constatazione e la denuncia delle mille contraddizioni, dei problemi, della corruzione in cui il Paese vive non significano per Adiga sfiducia o pessimismo. «Uno dei ruoli riconosciuti della letteratura è la provocazione. Diciamo che la letteratura scritta in lingua inglese in India di solito evita il confronto. La tigre bianca doveva intrattenere e provocare, è un libro decisamente controversiale. Certo, alcuni lettori si sono irritati per il modo in cui io racconto la società, ma la maggior parte l’ hanno apprezzato, tant’ è che ha venduto centocinquantamila copie in hardcover. E anche Fra due omicidi è andato molto bene». Provocazione e denuncia non significano per Adiga sfiducia. «Al contrario sono ottimista sul futuro del mio Paese. Molte cose stanno migliorando. Gli indiani sono generosi e accoglienti». Anche con Sonia Gandhi? «L’ hanno accettata come una di loro. Persino coloro che all’ inizio non l’ amavano per le sue radici straniere, ora ne ammirano il coraggio e il fascino». Aravind Adiga ha finito il suo terzo romanzo: «Si intitola "Last man in the Tower", Einaudi lo pubblicherà nel 2011. una storia ambientata a Mumbai e ha come argomento la cosa più importante in ogni città densamente popolata: il mercato immobiliare. Gli abitanti di un vecchio palazzo ricevono da uno speculatore un’ offerta favolosa per andarsene e lasciar trasformare l’ immobile in una residenza di lusso. Soltanto un vecchio rifiuta, perché non gli interessano i soldi. A quel punto gli altri dovranno decidere come fargli cambiare idea». E chi ha letto La tigre bianca, sa che tutto è possibile... RIPRODUZIONE RISERVATA Il Booker Aravind Adiga (sotto) è nato a Madras nel 1974. Il suo romanzo d’ esordio «La tigre bianca» ha vinto il Booker Prize 2008. Martedì esce da Einaudi «Fra due omicidi» Taglietti Cristina, Corriere della Sera, 16 gennaio 2010, Pagina 45