Dagospia [16-01-2010 Luca Fazzo per Il Giornale], 16 gennaio 2010
(Stralci) Il 19 luglio 1978 Di Pietro si laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano. Nel giro di trentuno mesi ha sostenuto ventidue esami, a un ritmo forsennato
(Stralci) Il 19 luglio 1978 Di Pietro si laurea in Giurisprudenza alla Statale di Milano. Nel giro di trentuno mesi ha sostenuto ventidue esami, a un ritmo forsennato. Si laurea con una tesi in Diritto costituzionale, voto 108/110. «Lavoravo di giorno e studiavo di notte», è sempre stata la versione di Di Pietro. In una intervista a Paolo Guzzanti, la madre di Emanuela Setti Carraro racconta che Di Pietro lavorava agli ordini di suo suocero, il generale Dalla Chiesa. IL VIAGGIO ALLE SEYCHELLES l’episodio più surreale, quello dove è più difficile collocare le tessere in un mosaico sensato. Ruota intorno a Francesco Pazienza, un faccendiere dai mille contatti, iscritto alla loggia P2, bene introdotto negli ambienti dei nostri servizi segreti. Nel 1984 Pazienza viene accusato di avere creato, insieme ad alcuni boss dell’intelligence, una sorta di servizio segreto parallelo, viene colpito da mandato di cattura e si rifugia alle Seychelles. Craxi, che allora è presidente del Consiglio, gli scatena contro il Sismi. Mentre i servizi cercano inutilmente di afferrarlo, alle Seychelles sbarca Di Pietro, sostituto procuratore a Bergamo, ufficialmente in viaggio di piacere. Di Pietro si mette sulla tracce di Pazienza, all’insaputa dei suoi capi. In una dichiarazione riportata dal giornalista Filippo Facci, l’allora capo del Sismi Fulvio Martini ipotizza che «Di Pietro lavorasse anche per il ministero degli Interni e avesse mantenuto legami con il precedente mestiere». Nel 1985 Di Pietro arriva a Milano, in Procura. Inizia a scavare sul marcio nella pubblica amministrazione partendo dal caso delle «patenti facili». Tra la fine del 1991 e l’inizio del 1992, con la testimonianza di Luca Magni e l’arresto di Mario Chiesa, dà il via all’operazione Mani Pulite. Tutta l’Italia tifa per Di Pietro. Ma a ottobre, nel pieno del tourbillon dell’inchiesta, il pm sparisce improvvisamente da Milano e vola negli Stati Uniti. Non si sa bene cosa faccia. Di certo partecipa all’interrogatorio di un imprenditore italiano, tale Grassetto. Poi svanisce, i cronisti italiani gli danno la caccia tra New York, Los Angeles, la Pennsylvania. Sui giornali si parla di una traccia che metterebbe in collegamento le indagini di Mani Pulite con i fondi americani di Cosa Nostra: non se ne saprà mai più nulla. Di Pietro fa una sola dichiarazione: «Siamo qui per alcuni incontri con giuristi e agenti dell’ Fbi che ci devono spiegare come si fanno qui in America certe indagini». Ma si dice che venga ospitato anche da quelli della Kroll, la superagenzia di investigazioni private che da sempre lavora anche per l’intelligence a stelle e strisce. Il 6 dicembre ’94, dopo avere concluso la sua requisitoria nel processo Enimont, Di Pietro si toglie la toga e comunica al procuratore Borrelli la sua decisione di lasciare la magistratura. Nei giorni precedenti appariva provato psicologicamente, c’è chi racconta di averlo visto scoppiare a piangere all’improvviso, senza motivo, in ufficio. La spiegazione di Di Pietro è: sapevo che stavo per venire incriminato, dimettendomi ho evitato che a venire travolta fosse l’intera inchiesta e contemporaneamente ho potuto difendermi con maggiore libertà. I fatti gli daranno ragione, verrà assolto e Mani Pulite andrà avanti (anche se per poco). Eppure sono in diversi a pensare che anche la storia di quell’addio sia, in tutto o in parte, ancora da scrivere. Dagospia [16-01-2010 Luca Fazzo per Il Giornale]