Marianna Aprile, Novella 2000, n. 51, 17/12/2009, pp. 16-26, 17 dicembre 2009
La trans del mistero Michelle, segni particolari: bellissima e imprendibile E’ la "primula rossa" del Caso Marrazzo
La trans del mistero Michelle, segni particolari: bellissima e imprendibile E’ la "primula rossa" del Caso Marrazzo. Quella che con Brenda avrebbe girato video e scattato foto all’allora governatore del Lazio. Per oltre due mesi è stata introvabile, imprendibile, sfuggente a qualunque identikit. Tutti la cercano, inquirenti e giornalisti, ovviamente. E il rischio e la paura è che la cerchi anche una mano assassina, se vogliarno credere che la sua amica e socia non sia morta per incidente e che non sia morto per un accidente il pusher Cafasso, che per primo provò a vendere i filmini-ricatto che immortalavano Marrazzo con le trans. Di Michelle a lungo nulla si è saputo. Una sola foto, pubblicata da Novella, la ritraeva con Brenda e altre amiche all’ultimo Gay Pride di Roma. Michelle ha abitato con Brenda proprio in quel tugurio di 18 metri quadrati in cui la trans nata all’anagrafe brasiliana Wendell Mendes Paes è morta di asfissia il 20 novembre scorso, quando il monolocale con soppalco è andato misteriosamente a fuoco. Con lei e Marrazzo, Michelle avrebbe avuto almeno due incontri a pagamento, uno dei quali immortalato in un video hot, circolato nell’ambiente trans di via Due ponti. Un video che ora gli inquirenti cercano sul Pc di Brenda, tra i 60 mila files contenuti nei 130 gigabyte di memoria recuperati dai periti incaricati dalla Procura. Quel video Brenda lo mostrò trionfante ad alcune amiche e vicine di casa, che ora raccontano di immagini dell’ex governatore e di Michelle in una vasca da bagno. «Non ho mai girato alcun filmino nella vasca con Marrazzo», ha detto Michelle a un giornalista che l’ha raggiunta, forse a Parigi, telefonicamente. «In questo momento di sofferenza Dio mi consola perché ho la consapevolezza di non aver mai fatto male a nessuno». Ma allora, perché non torna in Italia e chiarisce finalmente le cose con gli inquirenti? «Devo pensarci ancora», dice, prima di chiudere. Misteriosa Michelle. E poi, se non ha girato video nella vasca, ne ha girati in altri posti? E se non ne ha girati con Marrazzo, ne ha girati con altri clienti? E, soprattutto, è lei che possiede i filmati che Brenda fece ai suoi "amici" potenti e che prima di morire avrebbe affidato proprio a Michelle, come ipotizza Giorgio T., l’ex fidanzato della trans morta? Insomma, Michelle potrebbe essere scappata per salvare i video che scottano? Potrebbe essere scappata per salvare la pelle? Mille volti, quanti nomi? Tutti la cercano. Ma chi cercano? Di Michelle si hanno tante descrizioni, e tutte stranamente reticenti ed evasive, come se le trans della zona volessero minimizzare. E fino a oggi si era vista solo un’altra immagine: quella ritrovata proprio in casa di Brenda dopo l’incendio, in cui la trans è davvero irriconoscibile, in «disarmo», senza trucco e scarmigliata. Un po’ poco, se devi cercare qualcuno. Soprattutto se questo qualcuno ha documenti da uomo e aspetto da donna, se ha l’abitudine di cambiare colore di capelli, passando dal biondo al nero alle parrucche colorate. Per questo, le foto che pubblichiamo in esclusiva su queste pagine costituiscono un documento eccezionale. Sono state scattate tra il gennaio e il giugno di quest’anno e danno il polso della capacità di trasformismo di Michelle. Cambia acconciatura, spunta le sopracciglia ed ecco che il suo volto subito si addolcisce, somiglia meno a quello della foto precedente. Quindi gioca con gli occhi. Ha occhi piccoli, Michelle, leggermente all’ingiù, tristi, che fa apparire più grandi con un uso sapiente del trucco. Sono occhi scuri, che all’occorrenza diventanno verdi, azzurri o grigi grazie alle lenti a contatto. Ma Michelle gioca anche col colore della pelle: in alcune foto sembra ambrata, in altre quasi nera. «In realtà lei ha la stessa carnagione di Natalì, ma si abbronza molto, fino a sembrare di colore», ci dice una sua ex vicina di casa in via Due ponti. Ma perché la caccia a Michelle è sembrata da subito tanto faticosa? Ed è pure difficile che abbia cambiato nome, le nostre fonti lo escludono: «Per noi trans, cambiare "il nome d’arte" sembra semplice solo all’apparenza, ma cambiarlo significa diventare irraggiungibili per le amiche e per i clienti. A meno che una non voglia non essere trovata». Appunto. Antonio e Michelle Michelle la misteriosa, sfuggente, quella che non è mai sè stessa. Un suo ex fidanzato, che l’ha frequentata negli ultimi mesi che la trans ha trascorso in Italia, la racconta con queste parole: «La descrivono tutti come un personaggio torbido, una delinquente, ma lei non è così, io la conosco. E’ dolce, tenera, una persona pulita, che con le trans di via Due ponti non c’entra davvero nulla, per questo è andata via», dice Antonio, ma è un nome di fantasia. «Non posso comparire con la mia vera identità, la mia famiglia non accetterebbe questo aspetto della mia vita», dice, riferendosi ai suoi genitori, alla sua fidanzata di oggi e a quel paesino di poche migliaia di anime in cui è cresciuto prima di trasferirsi a Roma: «Creerebbe uno scandalo». Antonio e Michelle sarebbero stati assieme tra il giugno e il settembre di quest’anno: «Poi lei è andata via, a Parigi, perchè non sopportava più l’ambiente di via Due ponti». Scappava? «Non sopportava più Brenda. Michelle subiva la sua prepotenza, proprio perchè è una ragazza dolce e remissiva, religiosissima. Più volte mi è capitato di vedere Brenda in azione con lei, farle angherie, darle ordini. Michelle eseguiva, non si ribellava, la temeva. Anche nella casa dove vivevano insieme, Brenda stava comoda, sul soppalco. Michelle invece dormiva al piano di sotto su un letto di fortuna», dice. Quando la misura è piena, Michelle va via. «Ha lasciato casa di Brenda, è stata per un po’ ospite di alcune amiche, ora qui ora lì. Poi se n’è andata», ci dice la solita vicina di casa. E un’altra aggiunge: «Diciamo che non aveva apprezzato un nuovo inquilino: un pittbull grosso come un bue». Da allora nessuno l’ha più vista, «ma io la sento ancora regolarmente», dice Antonio. La storia di Michelle che fugge da via Due ponti e dal giro delle trans della Cassia per «divergenze caratteriali», però, regge poco. In quell’ambiente Michelle era stata per anni a suo agio, diremmo organica. Per lungo tempo, già prima di andare a vivere con lei nel tugurio in cui poi è morta, Michelle ha lavorato in coppia con Brenda. «Erano inseparabili», ci dicono, «anche se con Brenda era impossibile non litigare». Ma allora perché a un certo punto ha questa premura di andarsene, o meglio di sparire? La fuga di Michelle avviene in un periodo critico. Quello che va dall’irruzione dei carabinieri infedeli in via Gradoli, a casa della trans Natalì (quando fu girato il video del presunto tentativo di ricatto ai danni di Marrazzo) e il deflagrare dello scandalo che ha indotto l’ex governatore a dimettersi. Un caso? Se di caso si tratta, Michelle dovrebbe esser la prima a voler chiarire la sua posizione con gli inquirenti. Ma così non è. Forse per paura, forse per l’innata diffidenza che cova nei corpi trasformati di questi ragazzi che cercano pane, fortuna e identità nelle protesi al silicone. La rete di Michelle Michelle è scomparsa, ma non con le persone a cui tiene, a cui manda frasi affettuose, talvolta più simili a dichiarazioni d’amore e di nostalgia. Con loro scambia ricordi, impressioni, in questi giorni anche auguri di Natale, inviando cartoline animate in cui sul corpo di Babbo Natale ha montato il suo viso. «Se ne stava molto per conto suo», ci dicono oggi gli amici di una stagione di strada in cui la paura era una compagnia silenziosa, ma non ancora un’incombente minaccia. «Quando eravamo a lavorare, vicino al bowling di via dell’Acqua acetosa, ogni tanto si rideva e si scherzava, ma per il resto non era mai troppo espansiva». Tranne che con Brenda, da cui era inseparabile. Ma Brenda ora non c’è più, e l’unica cosa che Michelle può trovare in Italia è la sua eredità di misteri, sospetti e accuse. Molto meglio Parigi. O chissà quale altra città del mondo. Rino e Jennifer Trovare Michelle e farsi raccontare sarebbe per gli inquirenti un’opportunità per chiarire anche il ruolo che Gianguerino Cafasso, detto Rino, ha avuto in questa storia. Indicato come il pusher delle trans della zona e come confidente dei carabinieri coinvolti nel caso Marrazzo, Cafasso è stato trovato morto il 12 settembre scorso all’hotel Romulus di via Salaria, a Roma. Aveva passato lì la notte con la sua fidanzata, la trans Jennifer, con cui stava da due anni e che aveva tolto dalla strada: da quando erano insieme, basta clienti e notti al freddo, a lei pensava Rino. Ora che Rino è morto, Jennifer è tornata a battere in via dell’Acqua acetosa, gomito a gomito con quelle trans che sono ormai volti noti, persino in Tv. Tuttavia, è "imprendibile" anche lei. Per fuggire ai giornalisti che l’assediano, la cercano e le allontanano i clienti, Jennifer, collo taurino, chioma castana con meches ramate e sopracciglia ad arco, si traveste, ancora di più: oggi un caschetto biondo platino, domani una chioma rossa. Tutto inutile. C’è sempre qualche trans che la indica ai cronisti. E allora lei prende le scalette che portano sulla collina dietro il marciapiede e sparisce nel buio. Alla stampa non ha detto una parola, di lei non esistono foto se non un francobollo in bianco e nero, sfocato assai, e adesso una nuova immagine, pubblicata in esclusiva su Novella, che rende giustizia alle fatiche che ha fatto per trasformarsi da uomo in donna. Di giorno, le poche volte che mette il naso fuori di casa, la riconoscono per via di quel cagnolino piccolo e bianco, da cui non si separa mai e che ora è tutta la sua famiglia. Quando si sveglia, la mattina di quel 12 settembre, Jennifer non si accorge che Rino è morto, e dà l’allarme solo molte ore dopo. Quando arriva l’ambulanza, i medici parlano di un’overdose agevolata dalle pessime condizioni di salute di Rino (obeso e diabetico). Ma dopo la morte dì Brenda le autorità hanno fatto riesumare la salma per accertamenti, da cui è emerso che la droga assunta quella notte era contraffatta. Jennifer stessa, nei due interrogatori a cui è stata sottoposta da chi indaga, ha detto che quella sera la roba era strana, amara. Ma ha fatto descrizioni contraddittorie, che non hanno che infittito il mistero. Quello di Rino fu omicidio? «Ancora non possiamo dirlo», risponde Monica Gregorio, legale della famiglia Cafasso e amica di lunga data della famiglia di Rino: «Potrebbe infatti trattarsi semplicemente di una partitaccia di droga che su di lui, a causa dei problemi di salute, ha avuto un effetto mortale. Ma in questo momento ci preme anche raccontare chi fosse davvero Rino». Chi era Cafasso? «Una persona molto diversa da come è stata dipinta. Era buono, disponibile, docile, quasi debole. E soprattutto era profondamente innamorato di Jennifer. In una delle ultime telefonate con i suoi genitori la definì "la mia metà", disse di aver trovato l’anima gemella, per lei avrebbe fatto tutto, si amavano». Rino tolse Jennifer dalla strada. Ritiene probabile che la cosa possa aver pestato i piedi a qualcuno? «Credo verosimile che la cosa possa avergli creato dei problemi, magari ha leso gli interessi di qualcuno, ma non saprei dire di chi né di quali interessi». Due ipotesi azzardatissime: un protettore o qualcuno che la costringeva a filmare i suoi clienti e si faceva dare i video per operare ricatti? «Io questo non posso saperlo. So però che lui per Jennifer avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa». A Cicerale, il paese in cui Rino è cresciuto, lo chiamavano il gigante buono. Lei che lo ha conosciuto come lo ricorda? «Quando è morto, Rino ha lasciato dietro di sé una scia d’amore. Lui c’era sempre per tutti, era disponibile, buono d’animo. Mi spiace che ora la gente abbia dovuto conoscerlo attraverso descrizioni fuorvianti, il pusher, l’informatore, il pappone. Ma lo sa che il certificato del casellario Giudiziario di Rino è pulito?». Che cosa vuol dire? «Che la condanna subita oltre dieci anni fa per detenzione di stupefacenti è stata cancellata, come prevede la nostra legge, per via della riabilitazione: non avendo Rino in questi anni compiuto altri reati, quella condanna non risulta più». Ci sono sempre i carichi pendenti, che non risultano nel casellario giudiziario fino a che l’eventuale condanna non sia passata in giudicato. «Non mi risulta ce ne siano». Rino era pulito, insomma. «Non sto negando che facesse uso di sostanze illegali o avesse problemi, questo si sapeva. Ma tutto il resto, tutto quello che è stato detto, credo debba essere ancora provato». La trans Natalì, presente all’irruzione dei Carabinieri in via Gradoli il 3 luglio, ha avuto un permesso di soggiorno per motivi giudiziari. Jennifer era con Rino la notte in cui, forse, è stato ucciso, e ha avuto un decreto d’espulsione. Perché questa discrepanza di trattamento? «Per avere un permesso di soggiorno per fini di giustizia occorre essere il testimone di un reato. Al momento, Jennifer mi risulta essere solo una persona informata sui fatti. E a oggi la morte di Rino non è ancora considerata omicidio, ma morte in conseguenza di altro reato, ovvero la cessione di una partita di droga alterata. Per trasformare la sua morte in un omicidio bisogna dimostrare che sia stata alterata solo per lui. A quel punto anche Jennifer diventerebbe una testimone e potrebbe godere di quel permesso». I sospetti sulla morte di Brenda Continuano intanto le indagini sulla morte di Brenda. Non senza qualche colpo di scena. Gli inquirenti hanno infatti sequestrato alcuni abiti e un campione di saliva di Barbara (all’anagrafe, Iran Barbara da Conceicao), una transessuale quarantaduenne amica di Brenda, che abita poco lontano dal tugurio di via Due ponti dove lei è morta. Barbara è stata la prima, tra le amiche della trans, a parlare coi giornalisti: «Non l’hanno protetta, nessuna di noi ha protezione, e ora anche io ho paura, tutte abbiamo paura», accusò, caschetto perfetto e occhiali da sole rossi, davanti alle telecamere. Salvo poi cambiare versione a uso di un’ospitata tv dove ha detto che secondo lei è stato un suicidio. Sugli abiti della transessuale gli esperti della Polizia Scientifica cercano tracce di fuliggine, sangue o liquido infiammabile. Vogliono vederci chiaro circa la sua presenza sulla scena del delitto, ammesso che di delitto si tratti. Quella notte, Barbara e la collega Claudia (ovvero Claudio de Oliveira Sousa) videro Brenda e le parlarono, ma le versioni che hanno dato dei suoi suoi spostamenti (e dei propri) non coincidono tra loro, né con le testimonianze delle altre persone che videro e sentirono la trans prima che l’incendio la uccidesse. La cosa ha fatto insospettire gli inquirenti, che hanno anche rintracciato una denuncia di Claudia e Barbara a Brenda fatta il 6 febbraio di quest’anno: la accusarono di estorsione, dissero che pretendeva una parte dei loro guadagni. La cosa rientrò quasi subito, dal punto di vista giudiziario e anche da quello delle relazioni tra le tre: «Erano amiche, litigavano, certo, ma poi facevano pace. Ci fu un’altra denuncia, l’estate scorsa: Barbara accusò Brenda di aggressione». In realtà le cose andarono così: durante una delle tante liti tra le due trans, Brenda ebbe la meglio (per superiorità fisica, era alta e forte il doppio di Barbara) e Barbara volle vendicarsi. Ma anche quell’episodio fu presto superato e le due tornarono a lavorare vicine, a parlare e a fare le amiche. La guerra degli ultracorpi « impossibile che Brenda sfruttasse Barbara», dice una trans della zona che le conosceva bene: «Barbara era più anziana, e tra noi quelle che pagano il "pizzo" sono le nuove arrivate. Quell’accusa non sta in piedi». E per spiegarci i motivi di questa affermazione ci racconta tutto dell’organizzazione delle trans della zona. «Ognuna di noi arriva qui con una mama, una trans "anziana" che si occupa del biglietto aereo, del marciapiede su cui poi la nuova arrivata lavorerà e della casa. Si pattuisce un prezzo e, una volta in Italia, la trans nuova dà una parte dei suoi guadagni alla mama fino a che non ha estinto l’intera somma». Tutto qui? Non proprio: «Per ritenersi davvero libera, la pivella deve anche fare un regalo di ringraziamento, alla fine del debito. In genere un gioiello in oro, del valore non inferiore ai mille-mille e 200 euro». A questo punto la trans è libera di tenere per sé tutti i suoi guadagni: «Noi non abbiamo papponi», ci spiegano. Ma tra loro sono spietate. «C’è tanto nonnismo. Quando sono arrivata io, per esempio, ho chiesto a un’anziana quali fossero i prezzi qui per le varie prestazioni. Lei mi disse che non dovevo chiedere meno di 300 euro. Appena dicevo la cifra i clienti scappavano, dopo ho capito che mi aveva dato un prezzo gonfiato per non farmi lavorare. La carne fresca porta via i clienti alle "anziane" e loro si difendono così». Stessa cosa con le frasi in italiano: «Io non parlavo la vostra lingua e avevo chiesto a un’amica di insegnarmi qualche frase basilare nelle contrattazioni. Lei mi disse che ai clienti dovevo dire subito "ciao, sono malata e voglio ammazzarti". Io lo facevo e tutti se ne andavano». Le anziane non sono d’aiuto neanche sui piccoli trucchi che si possono mettere in pratica per evitare guai con la Polizia e l’ufficio immigrazione: «Dopo un po’ che sei in Italia capisci che molte rotture di scatole puoi evitartele. Le pivelle non lo sanno». Qualche esempio? «Da voi un uomo che si veste da donna commette un reato, ma per potergli fare la multa devi dimostrare che sui documenti è un uomo. Allora basta non portarsi i documenti e sostenere che sei stato operato per il cambio di sesso. A quel punto dovrebbero chiamare una poliziotta donna per visitarti e verificare». Ci sono dei trucchi anche per evitare di essere rimpatriati se clandestini: «Se io non ho con me il mio passaporto le autorità non possono sapere da quale Paese provengo a meno che io non glielo dica. E se non lo sanno, non possono rimpatriarmi. Loro provano a farti firmare una specie di autocertificazione, ma se ti rifiuti non possono farti nulla, ed eviti il rimpatrio». Sono solo alcuni degli escamotage che la strada, le botte, la paura insegnano a chi batte il marciapiede da immigrato clandestino, «ma ce ne sono altri... Solo le pivelle, per esempio, tengono soldi e cellulare in borsa». Un dettaglio che fa sembrare ancora più strana l’aggressione di cui fu vittima Brenda lo scorso 8 novembre, quando le rubarono uno dei suoi cellulari lasciandole borsetta e soldi. L’ultimo mistero di Brenda Le sue amiche dicono che Brenda ha smesso di essere lucida quando Dimitri, il suo grande amore russo, l’ha lasciata, alla fine del 2008, per tornare in Russia da moglie e figli. Ma negli ultimi tempi la trans diceva di essere impegnata. C’era qualcuno nel suo cuore? Quasi certamente sì, altrimenti perché avrebbe dovuto scrivere sul suo computer, come Novella è in grado di rivelare: «Ma guarda che scioccheza, che noi due litighiamo così tanto, se poi sorridiamo e stiamo bene. Perché trattiamo male l’amore? L’amore non si tratta male. Per quale motivo? Perché ciò che quella gente desidera è vedere la nostra separazione?». Un amore contrastato? Qualcuno che aveva già un’ altra relazione? Brenda aggiunge: «Entrambi litighiamo per cose così banali che l’amore muore sempre un po’, e morendo si vede chi è morto, se sono io o se sei tu, perché senza amore siamo soli. E alla fine moriamo da soli». Lei è morta da sola. E forse c’è un uomo, anch’egli solo, che in questo momento la piange lontano dai riflettori di via Due ponti. L’ultimo mistero di Brenda.