Barbara Romano, Libero 10/1/2010, 10 gennaio 2010
CONFESSIONI. RENATA POLVERINI
(...) Prima donna e più giovane leader di un sindacato. Come ha fatto un’ex impiegata sindacale a scalare il vertice di un sindacato di destra e ad accedere a tutti i più importanti tavoli di trattativa contrattuale?
«Ho lavorato tanto. Ho iniziato presto, ma ci ho messo 27 anni. L’ho fatto con impegno e serietà, ho deciso di partire dal basso senza abbandonare mai le fabbriche».
I detrattori raccontano che la sua scalata sia iniziata all’ufficio amministrativo dove gestiva i soldi del sindacato.
«Non mi pare un difetto».
Come reagisce se un collega cerca di zittirla?
«Non mi faccio zittire da nessuno».
Era così anche da piccola?
«Sono vissuta nove anni in un collegio di suore a Focene, vicino Fiumicino, dove eravamo ottanta bambine e se volevi parlare dovevi fare a gomitate».
Cosa ricorda della sua esperienza conventuale?
«Ho un bellissimo ricordo. Suor Ausilia e suor Eugenia, le madri superiori, erano due persone diversissime, ma per me straordinariamente importanti».
Quella volta che l’ha fatta veramente grossa?
«Quando nascosi in bagno una minestra che non era particolarmente gustosa».
Il suo ricordo più remoto dell’infanzia?
«L’unico ricordo che ho della mia primissima infanzia è mio padre in pigiama seduto in cucina mentre mia madre preparava il pranzo. Anni dopo lei mi spiegò che ricordavo proprio quella scena perché lui, che stava già molto male, nei rari momenti in cui si sentiva meglio andava a farle compagnia in cucina. la sola immagine che ho di mio padre. Morì che avevo appena due anni e mezzo. Mia madre si risposò quando ero già grande. E ho avuto la fortuna di avere un secondo papà».
In che modo ha segnato la sua vita la perdita precoce di suo padre?
«Moltissimo. Ma ho avuto una madre straordinaria che, pur avendo dovuto mettermi in collegio per lavorare, non mi ha mai lasciato sola un minuto. Ha fatto tutti i lavori, anche quelli maschili, pur di mantenermi a scuola dai gesuiti. Io sono figlia unica. Mi ha trasmesso tanta forza e la consapevolezza che una donna può fare tutto».
A scuola dai gesuiti. Sarà una baciapile.
«Sono cattolica, ma vado a messa quando posso. In questi mesi di campagna elettorale la vedo complicata».
Si raccomanda a qualche santo?
«No, mi raccomando ai miei due padri. Bruno ce l’ho qui, sul display del telefonino. Libero, il mio padre naturale, ce l’ho nella mente».
Il suo percorso sarebbe stato lo stesso se sua madre non fosse stata iscritta alla Cisnal, il sindacato del Msi?
«No. Il suo impegno nel sindacato è stato il viatico del mio destino professionale».
Anche sentimentale: suo marito è un ex dirigente Cgil. Avete mai avuto discussioni sindacali in famiglia?
«Mi ha chiesto spesso consiglio sui loro contratti integrativi, ma a casa cerchiamo di parlare di altro».
Dove vi siete conosciuti?
«A Ragioneria».
Anche gli altri suoi fidanzati erano sindacalisti?
«No, ho conosciuto mio marito a 14 anni. stato il mio unico amore».
Sindacalista, ma amante della griffe: da adolescente risparmiò un anno di paghette per comprare la sua prima borsetta Fendi.
«Come tutti gli adolescenti. A Natale l’unica mezz’ora che mi sono concessa per lo shopping è stata per portare mio nipote di 14 anni a comprare un giubbotto di marca».
Berlusconi le ha mai rinfacciato che ha fatto sei scioperi contro il suo governo e uno solo contro il governo Prodi?
«Assolutamente no, ci mancherebbe. Prodi è durato talmente poco...». (...)