Antonella Ottolina, Novella 2000, n. 50, 10/12/2009, p. 87, 10 dicembre 2009
Vita di Bin Laden tra Mercedes e Corano Osama Bin Laden non è mancino. Non ha perso l’occhio destro in battaglia, ma si è fatto male da bambino
Vita di Bin Laden tra Mercedes e Corano Osama Bin Laden non è mancino. Non ha perso l’occhio destro in battaglia, ma si è fatto male da bambino. Per un bel po’ ha avuto paura di volare, perché quel donnaiolo del padre Mohammed e un suo fratello sono morti in due diversi disastri aerei (per la cronaca: accidentali). Adora le macchine, meglio se color oro e meglio se potentissime, perché all’uomo più odiato del pianeta piace guidare a una velocità da far tremare i polsi. Inoltre, come racconta la biografia di Jean Sasson appena uscita in Usa, Growing Up Bin Laden, scritta sulle testimonianze di Najwa e Omar, prima moglie e quarto figlio del terrorista, in matematica è praticamente un genio e ha una memoria prodigiosa. Le donne? Sarà anche vero che le disprezza. Ma ne avverte il bisogno. E, a 16 anni, non appena i voluttuosi sensi danno segni di vita, chiede in sposa una cuginetta siriana tutta pepe visibilmente cotta di lui. Najwa, appunto. Che ha 15 anni ma nessun dubbio a trasferirsi con lui in Arabia Saudita, a Jeddah, in una grande casa. il 1974 e laggiù l’aspetta qualche delusione. Niente di che, ma una come Najwa, che ha civettato fino al giorno prima con i lunghi capelli neri, preferirebbe una versione del velo poco castigata, un po’ colorata e vezzosa, un burqa, magari. Invece no: l’abaaya la copre di nero dalla testa ai piedi. Solo quando, nel 1980, nasce l’ennesimo figlio maschio Omar, Najwa vede in lui il pupattolo biondo perfetto per sfogare la voglia di vestitini rosa, nastri di raso, camicette con le balze e treccine. Infatti all’epoca Osama è spesso all’estero. Se i servizi segreti lo danno sul fronte afghano, in famiglia tutti preferiscono farsi i fatti propri. Capita così che il padrone di casa ritorni a sorpresa e trovi Omar conciato come la sorellina della Barbie. Reazione: Najwa, non la guarda neppure rifaccia (e come potrebbe, con quell’abaaya addosso...). Ma Omar, da allora, è sotto tiro. Sarà lui, più di tutti (da lì a pochi anni, infatti, i figli saranno 19, le mogli quattro e delle tate si perde il conto), a risentire del confronto col padre, «il migliore a cavalcare, a correre, a guidare, a sparare», come racconta Omar nel libro. E siccome Osama non è quel genere di babbo che, quando gioca alla lotta, fa vincere i bambini, una volta Omar ci si mette così d’impegno da farlo cadere rovinosamente e mandarlo all’ospedale. Proprio lui, che usciva senza un livido da scontri a fuoco e missioni terroristiche. Ma la famiglia non lo sapeva ancora. Lo scoprirà poi nel modo peggiore. Perché a Osama non interessava avere tanti figli. Voleva tanti guerriglieri.