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 2010  gennaio 14 Giovedì calendario

«Nessuno dimentichi che lasciò un debito pubblico raddoppiato». Il «caso Grecia» ora tiene banco, ma è solo l’inizio; tutti i paesi dell’Eurozona ad alto debito’ si fa più presto a dire chi non c’è’ sono condizionati dai vincoli di Maastricht, svuotare i quali vorrebbe dire silurare l’Euro

«Nessuno dimentichi che lasciò un debito pubblico raddoppiato». Il «caso Grecia» ora tiene banco, ma è solo l’inizio; tutti i paesi dell’Eurozona ad alto debito’ si fa più presto a dire chi non c’è’ sono condizionati dai vincoli di Maastricht, svuotare i quali vorrebbe dire silurare l’Euro. Non è loro preclusa solo la leva della politica monetaria; anche lo spazio per quella fiscale si fa impervio. Si può giostrare solo a parità di gettito, e la manovra è limitata dalle norme dell’Unione, ad esempio per l’Iva. Le Direttive della Ue, poi, hanno ridotto la libertà d’azione dei governi nazionali in molti campi; è l’essenza stessa del progetto europeo. In questo frangente, cosa fare, in concreto, per restare un grande Paese, senza farsi pian piano relegare nelle serie inferiori? Un’opinione pubblica disinformata potrebbe reagire prendendosela con l’Unione, che tuttavia per l’Italia civile è sempre stata l’ancora di salvezza. Legarsi alla cordata europea ha significato buttarsi in una scalata ardua sì, ma all’altezza delle aspirazioni che almeno la storia ci impone di coltivare. La meta da perseguire è il massimo di benessere durevole per gli italiani (e per quanti scelgano di stare qui), e la strada pare obbligata. Con la grande maggioranza di cui dispone, il governo potrebbe dimenticare per un po’ le scadenze politiche immediate e agire sulla sola leva che rimane a sua disposizione: il risanamento – economico e morale – del Paese. L’agenda del risanamento economico è nota, basterebbe ascoltare i suggerimenti del governatore Draghi, trattati invece con ruvida sufficienza; ad esempio, una riforma degli ammortizzatori sociali che davvero coprisse quanti ne hanno bisogno, può essere finanziata con la revisione delle pensioni, per renderle eque fra categorie, e sostenibili. A Draghi però il governo dice che no, queste cose non si fanno durante le crisi: è la storia dell’albero cui Bertoldo dovrebbe impiccarsi, non è mai quello giusto. Se sul risanamento economico non si va avanti, per quello morale si corre veloci all’indietro. Gli esempi si sprecano. Come non bastassero le brutture passate (scudi fiscali che lavano il riciclaggio, falso in bilancio etc.), sempre nuove se ne aggiungono: si veda la spinta per il «processo breve», che tratta reati come la truffa aggravata al pari di bagattelle. Se foste uno straniero, dovendo scegliere se investire in un paese Ue che garantisce norme certe e rispettate, o in un altro dove il potere politico le muta di continuo, e non le rispetta né le fa rispettare, dove andreste? Il risanamento morale, utile in sé, darebbe anche un robusto contributo a quello economico. Se ci fosse ancora una classe dirigente degna del nome, anziché assistere - in un silenzio forse non imbarazzato, ma certo imbarazzante - alla rivalutazione di Bettino Craxi, ricorderebbe al sindaco di Milano’ che vuole dedicargli una via’ alcuni fatti stranoti nelle metropoli straniere che ama frequentare. Lasciamo pur stare i gravi reati per cui Craxi è stato condannato, e che paiono divenuti trascurabili. C’è molto di più. Sotto la guida politica sua – e di De Mita, che oggi non a caso ne canta le gesta’ il nostro debito pubblico è volato dal 60% al 120% del Pil; di qui il macigno che tuttora grava sulle spalle del Paese e ne frena lo sviluppo. Nell’escalation del debito ebbe il suo bel peso l’aumento dei costi delle opere pubbliche dovuto alle tangenti, scoperte grazie a «Mani Pulite». Quei costi, a seguito delle indagini, crollarono di botto: chi allora accusò il colpo ce lo restituisce con gli interessi. Craxi politicamente ebbe ragione su diversi punti’ ad esempio sulla scala mobile, e chi era privo di paraocchi ideologici lo vide subito – ma non uscì di scena solo per i reati: soprattutto perché ci stava trascinando nell’abisso. Non era il solo, ma la sua riabilitazione, oltre a reiterare il teorema per cui la magistratura «rossa» dà la caccia ai politici sancisce anche ufficialmente l’inanità del tentativo di sfuggire a ruberie e malagestio. questa la cosa più grave; dà il senso di un Paese che ha smarrito, con la memoria, la bussola dell’interesse generale. Tutti quelli che, nelle aziende esportatrici, si dannano a recuperare la competitività perduta dovrebbero pensarci bene, prima di avallare, col silenzio, la restaurazione. Se poi Milano dovrà davvero scegliere una via da dedicare a Craxi, cambiamo nome a quella oggi intitolata a Giorgio Ambrosoli: daremmo icasticamente l’idea di come ci siamo ridotti, e del futuro che ci stiamo preparando.