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 2010  gennaio 13 Mercoledì calendario

TRULLO VERSUS GRATTACIELO


Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. (Salmi 126, 1)

Il trullo è costruito da uomini, il grattacielo da demoni. Il trullo non richiede una laurea, meno che meno una laurea in architettura, bensì la maestria. Il grattacielo esige il master, professionisti anglofoni con mani senza calli e lunghi curriculum elettronici. Il trullo è una forma stabile e perfetta che nessun uomo ha inventato e, siccome nulla nasce dal nulla, tra le sue pietre assemblate a secco vi soffia lo Spirito. Il grattacielo cambia forma di continuo, intorno ad esso si accaniscono isterici i progettisti. Il trullo è figlio del luogo, edificato con le pietre dei terreni circostanti (che quindi migliora, liberandoli), il grattacielo è figlio del suo tempo, diventa subito obsoleto. ”Chi sposa lo Zeitgeist il giorno dopo è vedovo” ha detto l’arcivescovo tedesco Reinhard Marx. I pinnacoli dei trulli biancheggiano appena tra gli ulivi, umanizzano il paesaggio con molta discrezione, il grattacielo violenta il mondo nel raggio di chilometri, getta un’ombra su tutto ciò che lo circonda. Il trullo è caldo d’inverno e fresco d’estate, è bioedilizia avanti lettera, materiali e metodi di costruzione ne fanno un prodigio di inerzia termica, mentre ogni grattacielo avrebbe bisogno di una centralina nucleare a fianco, da tanto consuma, e se viene meno la corrente si bloccano gli ascensori, le caldaie, i condizionatori, e bisogna affrettarsi a scendere infinite scale per raggiungere l’uscita e un’aria respirabile. Tutti vogliono andare in vacanza nella Murgia dei Trulli, chi lavora in un grattacielo conta i giorni che lo separano dalle ferie. Il trullo è commisurato al corpo dell’uomo, il grattacielo alla mente ambiziosa di chi non accetta alcun limite. Chi finanzia, progetta, costruisce, ammira grattacieli è a un passo del satanismo o ci è dentro con entrambi i piedi, immerso nel peccato di Babele. Ve lo ricordate? Gli uomini dissero: ”Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome” (Genesi 11, 4). Il Signore fece fallire i loro piani, confuse le loro lingue e li disperse su tutta la terra, per punire quello che Clive Staples Lewis definisce ”il vizio essenziale, il male supremo, la superbia. Lussuria, ira, avarizia, ubriachezza sono inezie, in confronto: fu per superbia che il diavolo diventò il diavolo; la superbia è la fonte di tutti gli altri vizi. La superbia è essenzialmente competitiva. La superbia non trova soddisfazione dall’avere qualcosa, ma solo dall’averne più del prossimo”. Il grattacielo è ostile anche ai suoi simili, a qualsiasi costo (economico, umano…) deve sopravanzare il grattacielo che lo ha preceduto o che lo affianca, se non entra nel guinness dei primati i suoi artefici vengono considerati sconfitti. Il grattacielo babelico di Dubai, il terrificante Burj Dubai, è costruito da operai indiani, pachistani e bengalesi ridotti in semischiavitù, impossibilitati a tornare a casa per il fenomeno dell’indebitamento obbligatorio e il relativo sequestro dei passaporti, pagati un decimo degli impiegati arabi, senza diritti di alcun genere, falcidiati da incidenti sul lavoro il cui numero è tenuto segreto come segreta è l’altezza che sarà raggiunta dallo spaventoso edificio una volta completato (818 metri? 940? 1.011?). Sacrifici umani e misteri iniziatici: ecco due ingredienti tipici delle religioni precristiane. Il trullo è tranquillissimo, non deve far altro che somigliare ai trulli vicini. La sua missione è la fedeltà. Una poesia di Charles Péguy parla dell’antico costruttore di sedie ma potrebbe riferirsi a qualsiasi altro artigiano, costruttore di trulli compresissimo: ”Un tempo gli operai non erano servi. / La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. / Non occorreva che fosse ben fatta per il salario. / Non doveva essere ben fatta per il padrone. / Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura. / Non si trattava di essere visti o di non essere visti. / Era il lavoro in sé che doveva essere ben fatto. / Nei panorami eterni”. Fosse nato in Puglia anziché in Giudea, senza dubbio Gesù avrebbe visto la luce in un trullo. Lui che discende da Davide, il piccolo Davide che abbattè il gigante Golia. Lui che nel discorso della montagna, in realtà una collinetta, non abolisce la Legge e non rinnega la punizione toccata a Babele. Lui che proclama la beatitudine degli uomini miti. Lui che invita a seguire il suo esempio di umile di cuore. Lui che per convertirsi bisogna diventare come bambini. Lui che per entrare nel regno dei cieli bisogna farsi piccoli. Lui che gli ultimi saranno i primi e i primi ultimi. Lui che entra a Gerusalemme in groppa un asinello. L’Antico Testamento colpisce la superbia con una spada di fuoco, il Vangelo testimonia la modestia e la misura in ogni pagina, quasi in ogni versetto. Per questo Gesù poteva nascere in un trullo (e infatti ad Alberobello organizzano un bellissimo presepe vivente) e per questo i grattacieli non possono dirsi cristiani. Anzi, ogni edificio più alto di un campanile è un assalto all’incarnazione, alla presenza di Dio nella storia e nella città.
Parlo di trullo siccome è la favola bella dell’architettura vernacolare italiana ma potrei parlare dei tanti trulloidi sparsi lungo la Penisola, altri mirabili monumentini di pietra a secco come le pajare salentine, i cubburi dei monti Nebrodi, i giren maltesi, i dammusi di Pantelleria, i caprili elbani, le baracche de pria dell’entroterra genovese, le caciare della Montagna dei Fiori, fra Teramo e Ascoli, le casite istriane, e poi manufatti diversi come le lammie apulo-lucane*, le cummerse di Locorotondo, i sassi di Matera, gli stazzi galluresi e corsi, le baite alpine nella loro multiforme varietà, i caselli ottagonali del Reggiano, i casoni veneti, le casere e gli stavoli della Carnia, le case di terra cruda in Abruzzo e nelle Marche**, e ancora le masserie pugliesi e i bagli siciliani e le corti lombarde… Edifici tutti che racchiudono il genius loci, che danno valore ai luoghi e nel contempo serenità a residenti e visitatori. La Valle d’Itria è una tazza con dentro una tisana ed è meglio della valeriana, del tiglio, dei fiori d’arancio. Il cuore si riscalda nella percezione della durata. Ernst Junger, lo scrive nel magnifico ”Giardini e strade”, quando sente incombere la seconda guerra mondiale si rifugia a Burgdorf, una cittadina della Bassa Sassonia dall’architettura molto tradizionale di case a graticcio e mulini a vento: ”La vista delle sue vecchie case mi infonde la speranza che il genere umano non andrà in rovina tanto in fretta. Incomincia per me a farsi chiaro il senso dell’eternità nella vita”. Ovviamente non possiamo far vivere sessanta milioni di persone in trulli e baite, qualcuno dovrà pure abitare in città, ma in città italiane, costruite con forme, misure, colori, materiali italiani, non in città asiatiche. I grattacieli, che alcuni attardati dall’immaginario cinematografico considerano ancora un fenomeno squisitamente americano, sono invece tornati alle origini orientali, bibliche, e infatti nella lingua di quel culto non si chiamano più building ma tower, come nel libro della Genesi: i primi sei edifici più alti del mondo si trovano in Asia, il numero uno si trova come si sa a Dubai e i numeri successivi sono a Taipei, a Shanghai, a Kuala Lumpur… Non è un caso che all’ombra della maggior parte di essi non esista libertà religiosa: il dispotismo asiatico blandisce gli architetti, sempre al servizio del potere, e perseguita i preti, che servono i servi. Quando supera una certa dimensione l’architettura diventa totalitaria di per sé, indipendentemente dall’ideologia dell’architetto, del costruttore e perfino del regime politico. Una città smette di essere italiana e diventa asiatica non tanto quando il suo centro viene invaso da ristoranti cinesi e kebabberie ma quando il suo profilo non è più contrassegnato dai campanili. Il caso milanese è il più inquietante, e per l’importanza della città e perché è governata, a livello comunale e regionale, da esponenti politici che si dicono cattolici. Un giorno lessi sul Corriere della Sera un articolo di Pierluigi Panza, vi colsi uno stile (dote rara in chi si occupa di architettura) e quindi cercai notizie su di lui. Vagando per la rete trovai uno spezzone in cui veniva sollecitato da un signore dal cranio perfettamente lucido che poi scoprii chiamarsi Pier Moro. Moro cercava di strappare a Panza un giudizio favorevole sui grattacieli della Fiera di Milano firmati Hadid, Isozaki, Libeskind, ed era penoso vedere l’intervistato barcamenarsi per cercare di salvare l’anima senza però scontentare l’intervistatore, un chierichetto del grattacielismo. Per ridicolizzare gli avversari dei tre moloch antiumani e antimilanesi, Moro la buttava sul caratteriale: forse ce l’hanno con Libeskind perché è antipatico. Sarebbe stata solo una penosa vicenda se una scritta alle spalle dei due interlocutori non l’avesse resa penosissima: Radioformigoni.it. Sconfortato mi chiesi: Formigoni, il presidente della Regione Lombardia, è ancora cristiano o è passato armi e bagagli all’anticristianesimo militante e architettante? No? E allora: Avrà mai letto il filosofo Roger Scruton secondo il quale le opere di Libeskind sono fra le più arroganti espressioni del nichilismo contemporaneo, costruite ”come in assenza di gravità, stabilità e comunità”? Terza domanda: E’ consapevole che Libeskind rigetta pubblicamente qualsiasi nozione di sacro, di inviolabile, e sta all’urbanistica come il dottor De Monte, il disidratatore di Eluana Englaro, sta alla medicina? Io capisco che un politico non abbia il tempo di leggere filosofi e poeti, quei perdigiorno, ma i giornali richiedono meno impegno. Basta sfogliarli distrattamente per capire dove ci vuole portare il sinedrio dell’Architettura Antiumana. L’architetto Paolo Caputo, concelebrante del grattacielismo milanese, quando viene intervistato sguinzaglia la hybris: ”Le torri andranno a dichiarare nuove centralità urbane”. Sono parole chiarissime che significano il progetto di strappare Milano a Milano, portando il suo cuore lontano da Piazza Duomo e Piazza Sant’Ambrogio, in nuovi quartieri dove i bambini cresceranno senza mai vedere un crocifisso, senza mai ascoltare le campane, umiliando ulteriormente la Madonnina via via sminuita a partire dal 1954 quando il grattacielo di Piazza della Repubblica superò per la prima volta la guglia maggiore della cattedrale. Io però confido nel Vangelo. ”Un discepolo gli disse: Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!. Gesù gli rispose: Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra che non sia distrutta”. Quando l’ultimo grattacielo sarà crollato sotto il peso della sua protervia, i trulli saranno sempre al loro posto, felici apparizioni tra le vigne e gli oliveti della Murgia.

* Si chiamano anche lamioni, lamie, liame, a seconda di luogo e dimensione: una ditta di San Vito dei Normanni (Brindisi) le costruisce ex novo, in tufo e pietra, ho visto le foto su www.lammiapuglia.com. Sono immagini ammalianti, pericolose: fanno venire voglia di piantare tutto e trasferirsi in Terra d’Otranto.

** Ma forse l’esempio più curioso, quasi fiabesco, di questa tipologia assai autarchica (avete capito bene: muri di terra, come in Colombia o nello Yemen) è la Maltenuta, casetta autocostruita che si può ammirare nella borgata Remondato, a San Maurizio Canavese (Torino).