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 2010  gennaio 13 Mercoledì calendario

AMORE A RISCHIO VERSUS SESSO SICURO


Ogni volta che si univa alla moglie del fratello, disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui. (Genesi 38, 9-10)

Sono un uomo e conosco la plastica. Perciò sorrido quando esperti e non esperti definiscono il preservativo ”un metodo sicuro”. Se sono persone intellettualmente oneste non riescono a tenere il punto neanche per un minuto, da quanto il punto è intenibile. Nei giorni dell’assalto al Papa, quando l’infeconda Europa si scagliò contro Benedetto XVI che in volo verso l’Africa aveva osato mettere in dubbio l’efficacia dell’oggetto, su Repubblica l’infettivologo Moroni dovette semismentirsi nel giro di due righe: ”Se usato bene, dall’inizio alla fine di ogni rapporto ed evitando che si laceri.” Per imparare a governare il cappuccetto ci vuole un po’ di tempo, quasi quanto per imparare a governare l’amore e comunque, anche dopo anni di pratica, in quei momenti è facile dimenticarsi tutto. Il maschio smanioso giustamente si dice allupato e nessuno ha mai visto un lupo, una bestia, preoccuparsi della profilassi. Il cazzo, antica saggezza, non vuole pensieri. Se comincia a riflettere sulle conseguenze, sulla possibilità di prendersi malattie o accollarsi figli, si immalinconisce e si ammoscia. L’amore fisico è per sua natura irresponsabile, ”uno sregolamento di tutti i sensi” per dirla con Rimbaud. Le contorsioni verbali dell’insigne infettivologo mi fecero venire in mente la favola, che tanto favola non è, di Cappuccetto Rotto. ”Evitando che si laceri”, certo, ma è solo un vago auspicio se nemmeno un luminare è in grado di spiegarci in che modo si può essere certi che ciò non avvenga: si vede che all’università di Milano, dove insegna, dopo tante ricerche non ne sono ancora venuti a capo. Per capire come stanno davvero le cose non bisogna studiare il Catechismo della Chiesa Cattolica, non l’Osservatore Romano, non il Messaggero di Sant’Antonio, che potrebbero veicolare pregiudizi antiscientisti, bensì il materiale esplicativo fornito da Akuel, la marca dei preservativi reperibili in ogni farmacia. L’espositore è su tutti i banconi, non fate finta di non averlo mai visto. Uno dei numerosi modelli si chiama Sicuro e basta il nome per gettare un’ombra sull’affidabilità della gamma restante. Un altro si chiama Nudo: ”Sottilissimi, impercettibili, per l’intimità più completa.” Un altro ancora si chiama Nulla. Secondo l’infettivologo Moroni, secondo il presidente della commissione europea Barroso, secondo i nemici del Papa (Francia o Spagna azzanna azzanna) che in quei giorni abbaiarono da tutti i media si dovrebbe affidare un intero continente, l’Africa, a Nulla. Mi sono andato a leggere le istruzioni per l’uso presenti in ogni confezione. Prima però vorrei chiedere alle persone molto sensibili di lasciar perdere, di passare ad altro capitolo: non vorrei disgustarle, l’argomento è quello che è. Siete ancora qui? Bene, allora vado avanti. ”Aprire la bustina ed estrarre il preservativo con delicatezza, facendo attenzione a non danneggiarlo con le unghie.” Sembra di capire che prima di ogni incontro potenzialmente torrido sia indispensabile fare un salto dalla manicure. Chissà se nei villaggi del Camerun esiste questa figura professionale, nemmeno a Parma ne ho mai conosciuta una, frequento negozi di barbiere in cui è già molto che ci sia il barbiere, così le unghie me le taglio a casa da solo, malissimo. ”Stringere tra indice e pollice il piccolo serbatoio che si trova all’estremità, in modo da farne uscire l’aria che potrebbe causare rotture.” Pur essendo un maschio di lungo corso questa operazione non riesco a capirla bene, ho comunque il sospetto che per eseguirla alla perfezione ci vogliano almeno tre mani. ”Assicurarsi che rimanga dello spazio in punta per lo sperma.” E se lei prima di cominciare ha voluto accostare le persiane, tu che fai, come ti assicuri, usi gli occhiali a infrarossi? ”Subito dopo l’eiaculazione, estrarre il pene mentre ancora è eretto, tenendo stretto il bordo del preservativo con due dita, per evitare che si sfili.” Molti sanno che dopo l’esito anche la donna più feroce si percepisce romantica e gradisce che l’uomo rimanga per qualche minuto dentro di lei. Nel caso contrario, quello con rapida estrazione e fuga, si sente trattata come una prostituta. Sentimento e sicurezza sono in questa fase più incompatibili che in altre. Mi tocca dirlo: Akuel e il professor Moroni (forse anche Barroso) caldeggiano tempi e modi che sono tipici dei rapporti mercenari. Non è finita qui, le istruzioni sono fitte e l’azienda produttrice non ci risparmia una lunga serie di avvertenze finali, ognuna con la sua faccetta imbronciata messa di fianco, a beneficio dei tardi di comprendonio. ”Non usare il preservativo dopo la data di scadenza indicata.” Il mondo è pieno di signori con la patente scaduta, col libretto scaduto, con la bolletta scaduta, chissà quanti di loro controllano periodicamente la scadenza dei cappuccetti. ”Non tenere i preservativi al caldo.” Ci avevano raccontato che erano la soluzione ideale per l’Africa e invece sono più efficaci in Groenlandia. ”Non usare lubrificanti a base oleosa (ad esempio vaselina, olio per bambini): possono danneggiare il preservativo.” Non fatemi entrare in dettagli, vi prego, voglio soltanto condividere con voi la mia impressione che questi oggettini in lattice sembrano potersi danneggiare praticamente con tutto, forse anche con lo sguardo. E ho saltato qualche faccetta scura altrimenti facevamo notte. Arrivato alla fine del papiello ritorno all’introduzione, che avevo dimenticato di leggere. Qui nessuna faccetta ma ulteriori mani avanti. ”Benché nessun contraccettivo possa garantire una sicurezza al 100%...” Siamo d’accordo, di sicuro nella vita c’è solo la morte. ”I preservativi sono intesi per uso vaginale: l’uso al di fuori del rapporto vaginale può aumentare il rischio che il preservativo si sfili o venga danneggiato”. Ci siamo intesi benissimo, nonostante il linguaggio reticente, peccato che l’Aids provenga in primo luogo da Sodoma. Pertanto chiunque sappia leggere l’italiano può verificare, recandosi in farmacia come ho fatto io, che la Akuel conferma una per una le parole di Benedetto XVI: ”I preservativi non sono sicuri”. Affermazione sulla quale non ho mai avuto il minimo dubbio perché io sono un uomo che conosce la plastica, e perché il Papa è infallibile.
Il sesso sicuro non è sicuro, l’amore a rischio, invece, è una grande opportunità. ”E’ quasi eternità quel che vi promette l’amplesso” scrive Rilke nella seconda elegia duinese, non figurandosi certo una congiunzione sterilizzata da pillole, allora inesistenti, o da altri ammennicoli, magari già inventati ma non di uso comune. ”Gli spermatozoi, l’unica forza, tutto ciò che hai” canta un altro poeta, però più popolare e vivente. Il calo del desiderio che affligge il maschio occidentale è dovuto innanzitutto a una sensazione sgradevole di cui non si parla e che però serpeggia da quando gli anticoncezionali sono diventati di massa: l’inutilità di un gesto sempre più ridotto ai suoi dati meccanici, e che si vuole programmaticamente privo di conseguenze. Altro che eternità! Non cambierà nulla, tutto sarà come prima: questo si trova scritto, a lettere cubitali, nel contratto firmato da uomini e donne poco prima di andare a letto. Niente gravidanze, ci mancherebbe, ma anche nessun impegno di nessun altro tipo. Lavorare insieme? Macché, l’idiozia contemporanea è arrivata al punto di teorizzare che sentimenti e lavoro non si debbano mescolare, così, tanto per estendere l’area dell’alienazione, la spaccatura tra impegno e felicità, tra gioia e sudore. Condividere un’ideale? Non è più tempo di altezze esistenziali, molto meglio volare basso. Convivere? Si sta tanto bene ognuno a casa propria. Al massimo una vacanzina e qualche altra chiavatina. Ora, le azioni che non portano a nulla sono appunto nulla. Se qualcosa è privo di conseguenze questo qualcosa non è vitale perché la vita è costituita per intero da conseguenze di atti precedenti, nostri o altrui. Il puro edonismo non è in grado di sostenere la pratica dell’eros eterosessuale, che infatti langue. La celebre frase antierotica di Lord Chesterfield (ne circolano varie versioni, eccone una: ”La posizione è ridicola, il piacere effimero, la fatica eccessiva”) ancora ai nostri padri sarà sembrata bizzarra e decadente, adesso comincia ad apparire tutto sommato ragionevole. Del resto il piacere fine a se stesso è facile da procurarsi con investimenti affettivi minori (rapporti omosessuali) o azzerati (droghe, dolciumi, psicofarmaci, alcol…). Ma chi non risica non rosica. Paternità e maternità o sono irresponsabili o non sono. Quando intorno a un figlio si fanno dei ragionamenti è molto probabile che quel figlio non nascerà: non ci sono mai abbastanza soldi, abbastanza metri quadri, abbastanza tate, abbastanza asili. E così dopo una vita perfettamente igienica ci si ritroverà perfettamente soli, con l’unico conforto di non aver mai preso una malattia sessualmente trasmissibile. Per salvarsi da un simile destino bisogna cominciare a stare attenti a come si parla, è sufficiente limitare l’uso della parola ”sesso” perché la vita suoni meno insensata e cupa. Io l’ho fatto e uno dei miei massimi vanti è quello di non avere mai usato la più abominevole espressione contemporanea: ”Fare sesso”. Se ne fa un uso continuo in televisione, il grande media spermicida. Forse gli autori rischiano il licenziamento se a intervalli regolari non la mettono in bocca a lui o a lei. A me piace parlare di ”amore fisico” e spesso riascolto ”Dimentica”, gradevole sebbene non eccelsa canzone di Raf del 2006, esclusivamente per sentire queste due parole che riassumono la formidabile ”Deus caritas est”. Nella sua prima enciclica, la più urgente, il capo dell’istituzione più erotofila che ci sia, la Chiesa, non è mai stato così chiaro: non esiste netta separazione fra eros e agape, l’amore fisico è amore a tutti gli effetti. Il che è molto logico: se Dio è amore ed è ovunque perché proprio lì, in quel momento, dovrebbe non esserci? Parlare di amore fisico aiuta a ricomporre la pericolosa, manichea e non cristiana divisione fra corpo e anima. E magari a ridare all’intera faccenda un po’ di slancio romantico, il vento nei capelli, il brivido di non sapere come andrà a finire.